Nuova Repubblica - anno II - n. 23 - 10 dicembre 1954

VITA DI FABBRICA DEMOCRAZIA S• UL numero 15 del Martello, organo, delle maestranze dei cantieri Ansaldo cli Livorno, è stata pubblicata una lettera aperta indirizzata al Ministro del Lavoro, on. Vigorelli. Come documento, non contiene nessun elemento originale, tale da renderla interessante, piena com'è di quell'inutile sarcasmo da propaganda, anche quando tratta di problemi in cui sono in gioco gli interessi vitali di centinaia di· fami– glie, di quegli operai che hanno ricevuto la notifica del probabile li– cenziamento. Essa piuttosto offre lo spunto per ripensare tutta la storia dei cantieri navali italiani e dell'economia che vi è legata. Spunto che è condensato in due domande: « Non crede, Lei che è Ministro del Làvoro, che il governo di cui fa parte dovrebbe occuparsi di più delle aziende che gestisce atraverso i suoi funzionari? Non crede che sarebbe opportuno aumentare e rinnovare la nostra flot– ta mercantile così grandemente ina– deguata alle esigenze del nostro traf– fico?:.. Certo il problema Ansaldo, come quello della San Giorgio, della OTO, di quasi tutti i cantieri navali - e non solo di quelli - rappresenta una pesante responsabilità che grava sulle spalle di tutti i governi che si sono succeduti dal '45 in poi. C'è stata una tale incuria, ignoran– za, disprezzo, per tutto ciò che ri– guardava le cose e gli uomini di quell'industria, che nel risalirne le vicende si resta sgomenti dinnan·li a quell'insensibile immobilità. Eppu– re non sono mancati uomini, orga– nizzazioni, enti a lanciare l'allarme, a prospettare delle soluzioni atte a rendere meno tragica quella ·situazio– ne sociale e industriale. E non furono solo dei « rossi > a preoccuparsene, ma uomini di ogni colore e parte, tanto che nelle dimostrazioni popo– lari furono visti affiancati i parroci e i segretari di cellula. Inutile, chè non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. Ma, forse, più che non vuole, non può sentire; lo Stato italiano è l'ere– de del corporativismo fascista, i suoi mezzi di intervento nell'economia na• zionale sono, ancora e solo, quelli forn1tigli dallo Stato da cui discen– de: I.R.I., F.I.M., mezzi nati dalla collusione di interessi tra capitalismo e fascismo, volti diversi della con– servazione sociale. Perché, il proble– ma è qui: per intervenire efficace– mente in situazioni di questa impor• tanza è necessario rompere i legami col passato, che è proprio la cosa che nessuno ha voluto fare. Non i capitalisti interessati, che hanno accolto i primi sintomi di cri• si come un mezzo per prCtendere dallo Stato un intervento finanziario che li aiutasse a togliersi dagli im– picci e dai guai senza, per questo, rinunciare alla loro proprietà e alla autorità che ne deriva; non i par– titi, che, al Parlamento, hanno pre- LIBRIB Rl17ISTE Noti:iario Diblio1rafico .Mensile. Sot– to tli auspici dei Seruizi Spetlacolo Informazioni e Proprietà lntelleltuale della Presiden:a del Consiili.o dei Mi– nistri. t la più completa e aggiornata Ri– vi.st ~ bibliografica italiana. Si pubblica ogni mese e contiene un sunto breve e obiettivo di tutte le riviste culturali e di tutti i più importanti studi politici pubblica-ti in Italia, nonché i un Indice Biblio1rafico completo di tutti i libri che si stampano ogni mese, redatto •in base alle « copie d'obbligo» consegna– te per Legge alla Presidenza del Con– siglio. Direzione: Casella Postale· 247 - Ro– ma. Abbonamento annuo: L. 1.500. NUOVA RE?UBBLICA 7 muto per ·giungere alla promulga– zione di quella legge speciale per il contributo economico dello Stato sulle costruzioni navali, la quale fi– niva per far pagare al contribuente la conseguenza di quello stato di cose; non i sindacati, pungolati dal- . la necessità di rattoppare una situa• zionc gravida di conseguenze gene• rali, poiché investiva tutto un pro• blcma di rapporti e di responsabi– lità, a cui sono incapaci di prov- • vedere, preoccupati, come sono, della popolarità e del prestigio immediato. Tutti hanno preteso dallo St,Ho una soluzione, uniti in un fronte unico, in cui la componente comu• ne era la conservazione dello status quo. A questa condizione i miliardi sono venuti e sono stati spesi, senza doverne rendere i conti. Ora, se il governo può rappre– sentare la solidarietà nazionale e in– tervenire per risolvere un problema che investe un largo settore della nazione, sia l'intervento che l 1 ac• cettazione di chi riceve debbono ave– re una prospettiva da cui risulti chiaro che non si tratta di affondare le mani nel pozzo di S. Patrizio, ma piuttosto di iniziare un rigoroso accertamento di responsabilità, del riassetto tenico-strumentale per la ca• pacità produttiva del settore e la ricerca di una politica economica dell'azienda che non sia dissociata dagli interessi della collettività na– zionale. Ma l'assunzione di una responsa• bilità bilaterale, di questo tipo, deve avere una configurazione anche nel• la struttura dello Stato e, giù giù, fino all'azienda. Se il primo rappre– senta la nazione, la seconda è parte della nazione; con gli stessi diritti di controllo e di partecipazione al processo amministrativo e produtti• vo. Ecco allora apparire la questio– ne di fondo: quella dei rapporti tra i cittadini e lo Stato ponendo l'ac– cento sulle strutture invece che sulla moralità, come è stato fatto finora nella vessata discussione sui control– lori e controllati. I soldi spesi nel settore navale dallo Stato sono stati amministrati in un circolo chiuso di dirigenti e di funzionari statali: i lavoratori e il Comune - dove risiede la sorgente di ricchezza cioè la f bbrica e il lavoro - sono stati mantenuti al di fuori di quel circolo, costretti a subire le conseguenze delle decisioni che li riguardavano e impotenti a modificarle. Ma non sono anch'essi lo Stato? Non è problema di democrazia quello di fare partecipare il più largo nu– mero di persone, di enti, di intc~ ressi nella gestione della cosa co– mune? Nella rivendicazione della co-ge– stionc, realizzata attraverso gli organi elettivi aziendali e Comunali, sta il principio del rinnovamento dello Sta– to, la sua trasformazione democrati– ca che éleve consentire ai lavora– tori di determinare la loro presenza in una funzione attiva al posto del– l'altra passiva in cui sono relegati oggi, da tutti. Non solo.· _Ma in quest'idea c'è anche, impli,ita, una colleganza di interessi che supera il limite angusto del profitto par– ticolare o privato, per allargarsi in un concetto più ampio, più collet– tivo. Nella funzione politica che si riserva il sondacalismo dovrebbe pur esserci anche questa proiezione ideo• logica, affinché l'organizzazione di lotta dei lavoratori sia permeata da questa idea di libertà, che conduce ad una soluzione opposta alla na– zionalizzazione politica delle indu– strie e all'accentramento irfcontrolla– to dell-.imministrazione. Il Martello evidentemente non si pone questi problemi; preferisce al– linearsi con la impostazione del sin– dacato a cui è legato, rifiutandosi quindi di contribuirvi criticamente· preferisce tacere o ignorare qucst~ questioni di fondo e si rifugia in una opposizione allo Stato preten– dendo che faccia lui quel controllo che dovrebbe essere esercitato dal !,asso, e, quindi, anche dal Màrtello; continua a richiedere il finanziamen– to di nuove navi, pur sapendo quanto costino ai cittadini italiani. Ma so– prattutto tacendo che quel lavoro che chiede non offrirà nessuna oc– casione o modo per liberarsi ai la– voratori dcli' Ansaldo, mancandogli quelle garanzie politiche e sociali che portano ad un mutamento nelle condizioni del lavoro proprio nella fabbrica, là dove si produce: cioè la partecipazione operaia alla ge– stione dell'industria. t. c. s. PAGINE DICULTURA CONTEMPORANEA IL MOVIMENTO SINDACAL IV Lo sciopero generale del 1904. Nel 1903, per coordinare il movi– mento sindacale, era sorto il segreta– riato della resistenza, composto, nella sua maggioranza di riformisti; al– l'aggravarsi della catena degli eccidi, il segretariato protestò. Le tristi con– dizioni in cui si trovavano i contadini non usi alla libertà, ed il cui uso era però reso anche più difficile dai carabinieri, li portavano a scioperare ed a tumultuare facilmente ed altrettanto facilmente i carabinieri e la truppa adoperavano le armi, per cui a Berra, Candela, Giarratana, Castelluzza in Sicilia, a Buggerru in Sardegna, vi furono dei morti. Ovunque il partito socialista protestava e solidalizzava coi contadini: nel 1904, il segretariato del– la resistenza, in una sua protesta, mi– nacciò lo sciopero generale nazionale. Ai primi di settembre avvenne un altro eccidio; allora la massa lavoratrice di Milano, riunita in comizio, deliberò di incaricare la Camera ciel lavoro di preparare lo sciopero generale e que– sta, verso il 15 settembre, in occasione dell"eccidio di Buggerru, senza atten• dere · le disposizioni del segretario della resistenza, convocò il comitato centrale della C.1rneta del lavoro per proclamare lo sciopero. A questa riu– nione portò l'adesione dei socialisti, il prof. Labriola che, fra l'altro, com– mentò )a nascita del principe Umber– to, avvenuta proprio in quel giorno, con queste profetiche parole: « do– mani la borghesia festeggier:\ la na– scita di questo re, che non regne– rà mai». La massa lavoratrice in fermento, non voleva discorsi, ma azione: in– fatti, dopo l'adesione dei socialisti, i discorsi finirono e dopo mezz"ora di riunione, fu proclamato lo sciopero .generale ed . i convenuti si portarono alle redazioni dei giornali per far cessare il lavoro, quindi si riversa– rono in galleria: al mattino del 16 settembre 1904 lo sciopero fu com– pleto; tram fermi, negozi chiusi, mer– cati fermi. Giolitti, molto saggiamen– te, tenne le truppe nelle caserme e la polizia nelle sedi; l'ordine pub– blico fu assunto dalla Camera del lavoro, che creò squadre per il buon ordine e lo sciopero durò cinque gior• ni, che furono chiamati « i cinque giorni di dittatura proletaria ». Pro– pagatasi la notizia dello sciopero cli Milano, esso si estese rapidamente anche nelle altre città; scioperarono così Reggio, Firenze, Torino con tut– to il Piemonte e tutta la Romagna: il comitato della resistenza, che aveva minacciato lo sciopero, se io trovò fra i piedi (impreparato ad affrontar– lo} proclamato dalle diverse Camere del lavoro, contro il suo tergiversare. Dopo il terzo giorno di sciopero, il comitato della resistenza, che non lo aveva proclamato, ne ordinò la ces– sazione, ordine che fu eseguito nelle diverse plaghe, ma non a Milano, do– ve, dopo una lunga discussione del comitato centrale riunito a consiglio, fu deciso di prospettare la situazione in comizio. Era una domenica: nel po- IN ITALIA meriggio presenziarono all'arena cir– ca 100.000 persone; si comprese su– bito che l'umore della massa era di non obbedire all'ordine di cessazio– ne, ed Arturo Labriola propose al• lora di continuare lo sciopero. Tuttavia, al mattino del lunedì, la federazione esercenti diede ordine di aprire i negozi, gli spazzini uscirono a pulire le strade ed al comizio in• eletto per il pomeriggio del lunedì, presenziarono meno di 20.000 perso– ne : tale comizio fu aperto da Costan– tino Lazzari che parlò ... di affitti, ed il martedì, visto che lo sciopero stava esaurendosi, fu fatto cessare; rimase però sempre un insegn...'Ullentoo, come si direbbe oggi, una espenenza, poi– ché, mentre lo sciopero generale di Genova del 1900 durò cinque giorni e la battaglia cessò quando ancora lo dl L. BEPOSSI sciopero era in piena efficienza, perché l'obiettivo era stato raggiunto, questo del 1904 invece, essendo sciopero di protesta, cioè non avendo un determi– nato obiettivo da raggiungere, se era in piena efficienza nei p.cimi giorni, al quarto perdeva di mordente, poi– ché la protesta dopo i primi giorni o sfocia in una sommossa o si esau– risce, e lo potremo meglio dimostrare in seguito, parlando degli scioperi di ~ilano del 1912. Quando gli scioperi furono conclu– si, Giolitti ne profittò per sciogliere il Parlamento. I radicali - spaventa– ti dal movimento popolare - si stac• carono dai socialisti e ripresero la loro libertà d'azione, spesso alleandosi ai conservatori, come a Reggio, e crea– rono quella che fu chiamata « la gran– de armata » per conquistare il comune e il Parlamento con i repubblicani. Giolitti aveva raggiunto il suo scopo, dividere le forze popolari, ma insieme i movimenti politici si erano chiarifi– èati, il Partito socialista prendeva la sua fisionomia, le lotte di tendenza di– ventavano più accanite. Già dicemmo che al Partito Socia– lista aderirono anche elementi sinda– calisti sorelliani; ne era capo auto• revole il napoletano Prof. Labriola. Vi agivano anche elementi immigrati da altre regioni, i marchigiani Cor• radi Frati, il' pavese Codovilla, il man– tovano Enrico Dugoni. La Camera del Lavoro di Ferrara era diretta da Michele Bianchi, calabrese; sindacalisti erano i dirigenti della Camera del Lavoro di Ancona e di Parma. Il Sindacato Fer– rovieri e il Riscatto Ferroviario, diret• ti da Emanuele Branconi e Castucci (anarchico), erano sindacalisti. La Ca· mera del Lavoro di Milano, pur avendo la maggioranza della commissione ese– cutiva sindacalista, non prese posizione né per J'uba né per l'altra t'!ndenza. I lavoratori della terra aderivano alla tendenza che professava il Segretario Camerale: nell'alta Italia erano quasi tutti colla Federazione Lavoratori della Terra (Bologna); in bassa Italia la maggioranza era sindacalista. Al sin– dacalismo aderivano anche gli anar– chici federalisti (anti-parlamentari). Nascita della Confede- · razione del lavoro. Lo sciopero generale ebbe uno stra– scico che culminò nella soppressione del Comitato della resistenza e portò alla fondazione della Confederazione Generale del Lavoro. Non avendo il Segretariato della resistenza proclama– to, ma solo minacciato lo sciopero ge– nerale, quando venne la notizia dello sciopero a Milano e in altre regioni dell'Alta Italia, il Segretariato della resi– stenza si trovò impreparato a fronteg– giare la situazione; come non aveva proclamato lo sciopero aYrebbe do– vuto lasciarlo finire per volontà espres– sa dei lavoratori. L'ordiné di cessazio• ne trovò ubbidienza nelle diverse re– gioni ma lasciò malcontento. Milano si ribellò all'ordine e, finito lo scio– pero, convocò il Comitato Centrale del– la Camera del Lavoro e invitò i membri del Segretariato ad essere presenti. Di essi solo Francesco Capassi interven– ne ma non volle giustificarsi e alle proteste del Comitato dichiarò: Sono intervenuto ma non voglio giustificar– mi, perché sapevo prima di entrare che sarei stato li,,ragalo ( termine in uso in quel tempo ad indicare la fero– ci~ del generale Livraga) .. Di fronte alla. 4'situazione creah1si, visto lo sfacelo del Segretariato, i due Segretari della Fiom, che si era costi– tuita nel giugno 1901 in federazione, Ernesto Verzi e Cleobulo Rossi, ri– formista il primo, rivoluzionario il secondo, si fecero promotori della creazione della Confederazione del La– voro. Ernesto Verzi studiando le or– ganizzazioni britanniche, Tmde1-U11io11, e tedesche, Arbeits Geselscha/1, pro· pose di creare una organizzazione con• simile anche in Italia. In Francia già era sorta nel 1905 la Co11federatio11 Generale du Travail e vi erano anche /e Bounes du T,-a1 1 ail, come in Italia; mentre l'organizzazione britannica e quella tedesca erano solo un accen• tramento di Federazioni, in Jtalia si doveva tener conto del fatto che vi era una organizzazione verticale, le federazioni, e una orizzontale, le C1- mere del Lavoro. Le federazioni trat– tavano le questioni di categoria ·dal lato tecnico (contratti, tariffe, cottimo ecc.), le Camere del Lavoro appog– giavano ogni agitazi0Qe di categoria e trattavano in una veduta di insieme le questioni che interessavano localmcn– t6' tutta la massa. L'idea della Confede– razione fu dapprima osteggiato dai sin– dacalisti in quanto erano. organizzai i solo lo,almente, ma fu poi accettata anche da loro e nel settembre 1906, venne convocato a Milano il Congresso per la fondazione della Confederazione del Lavoro. Vi parteciparono tutte le Federazioni di Mestiere e quasi tutte le Camere del L~voro. Ma sorsero su• bito questioni che impedirono a sin– dacalisti e riformisti di essere insieme nella Confederazone. Alla commissio– ne di verifica dei poteri si determinò lo screzio. La maggioranza dei compo– nenti la Commissione era riformista. Essa tenne conto degli iscritti in quel· le Camere di Lavoro che fossero coor• dinati in unica organizzazione nel– l'ambito provinciale. (continua)

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