Nuova Repubblica - anno II - n. 21 - 10 novembre 1954

GIUSEPPE IL l/EGGEl\lTE ,l RRIVATO a fine d'ottobre, Giu– · 11 seppe Saragat ha incominciato a sbuffare d'impazienza. Cli risultava ormai quello che altri amici dei socialisti italiani avevano sempre detto, sin dal primo giorno che l'on. Scclba aveva assunto il governo: che esso ero un « pis allcr », un ar– rangiamento parlamentare. non per questo propriamente spregevole: ma, infine, né pili né meno del vecchio quadripartito, anche se i repubbli– cani se ne tenevano. ora, prudente– mente in disparte. Era difficile supporre qualche cosa di diverso, del resto. Gli stessi uomi– ni, anzitutto. anche a non insistere su certe involuzioni. Raramente, per esempio, l'Italia aveva conosciuto all'Industria un rappresentante meno specializzato del penalista Villabru– na. Una autentica civetteria poteva poi dirsi, per i. democristiani, il te– nere all'Istruzione uno spirito accorto e retto, razionalista e spregiudica.to, quale l'on. Martino; ma le civetterie, presso gli austeri, durano lo spazio di un mattino: i liberali aiutando, a loro modo austeri anch'essi, la civetteria doveva rapidamente ces– sare. Ma questo sguardo agli uomini potrebbe tranquillamente arrestarsi qui. Di alcuni di loro sarebbe per– sino ingiusto, tanto è superAuo, elo– giare l'onestà e l'ardore; di altri, ingeneroso ricordare la mediocrità. Ciò che tuttavia era chiaro, e so– prattutto importava, era il fatto che l'on. Scclba rappresentava, della De– mocrazia Cristiana, l'ala più ottusa del maggioritarismo, e non diciamo, per ciò, la peggiore; che l'on. Sara– gat cd i suoi amici, per andare al Governo. avevano dovuto ringoiarsi presto presto le loro velleità cli aper· tura a sinistra; che la sinistra libe– rale eta lentamente in crisi dal gior– no cbc aveva accettato, sia pure con sospetto, la segreteria del rimarche– vole amministrator di banche, in po– litica pertinentemcnte agnostico, Gio– van Francesco . Malagodi; che la sinistra repubblicana, scrnpre che esi– sta, non aveva né forte né ardire per farsi neppure riconoscere dal– l'on. Pacciardi, fermo costui sempre in se stesso, come il personaggio dan– tesco, che può gloriandosi dire « io son chi. fui». 1l vero specchio per capire qual– che cosa di questa accolta di politici era, del resto, oltre al giudizio sugli uomini, la politica estera. Mentre la Francia si avvicinava ad una decisione risolutiva sulla CED, men– tre in Germania si poneva, come in questi giorni matura mente• si pone, la questione cli sapere se l 1 inscrimcn– . to nella NATO faciliti o allontani per sempre (come ha detto ·brutal– mente Lord Ismay) il ricongiungi– mento dei due «settori», in Italia quella confluenza di alte menti, che è il nostro quadripartito, rimaneva 'fie– ramente ccdista. Il PSDI, ad onor del vero, non ha mai avuto una po– litica estera, e non aveva quindi, neppure all'alt~ della costituzione del Governo Scclba, la possibilità di accorgersi che, su qucHa base, si sarebbe lasciata inalterata la vecchia politica. Innocente, quindi, allora il– nostro Vicepresidente; e giustificato, se, come già altra volta, e cioè in oc– casione della legge maggioritaria, gli sia toccato di capire le cose troppo tardi: solo un minuto, o sci mesi, troppo tardi. Ma l'importante, oggi, è che egli abbia capito. · Quante opinioni ha avuto nel frattempo, l'on. Saragat! Una, che gli venne attribuita a proposito della così detta « operazione Giuseppe », era la misura della sua taglia di Vicepresidente. In qurl tempo, l'on. Saragat si tormentava sull'affare Montesi, finché ·scoperse che i co– munisti, speculandovi sopra, mira– vano a « disgregare la ragione uma– na». Noi non supponevamo nel filo– sofo socialdemocratico così bassa sti– ma della ragione: ma a tal segno giunse la sua amarezza. Di lì deve essere poi nata la fantasia intorno al « terrorismo ideologico», una sor– ta di congegno diabolico alla Koe• stler; di lì, l'uso, tra scoperto e ce– lato, sulla «Giustizia», delle argo- a mcntazioni di « Pace e libertà ». I tempi incalzavano tuttavia, venne l'episodio Togni, dinanzi al quale la reazione del Vicepresidente fu esi– tante. Non vogliamo attribuire a Saragat la più lontana collusione con un Togni; ma l'anticomunismo socialdemocratico può almeno ren– dere malcerti e maldestri, almeno ri– tardare la reazione giusta. Quando Giuseppe Saragat la scoperse, in un impeto di quella irascibilità che la Gazzetta del popolo definiva ormai, « pi·ovcrbialc », molte altre cose in– cominciavano a chiarirsi. I liberali erano ormai, nobilissime eccezion fat– te, succubi al loro principe dei ban– cari, e dell'ingiusta causa; e l'on. Fanfani aveva inaugurato il gioco dell'altalena, grazie al quale difen– deva Togni, col suo stesso corpo, dagli assalti dei comu'nisti facinorosi, salvo poi farlo smentire dai suoi Mo– ro e Rumor. A quCsto punto, era davvero ancora politicamente giusta la reazione di Saragat? Nella vita italiana di questo Mi– nistero Scclba si sta producendo, piaccia o non piaccia, un fatto, di cui Saragat si è accorto tardi, che giustamente lo muove a sdegno, ma che difficilmente può essere cam– biato. Il fatto è che l'on. Fanfani non intende spendere né un'ora né un uomo al Governo, prima di es– sersi « organizzato ». Se gli si chiedo– no i fifli della sua politica, risponde che egli appoggia un governo amico, tale e quale come Dc Gaspcri, al tempo, ricordale?, di PcIla. Con que– sta differenza: che Dc Gasperi per– seguiva, Con la saggezza di un gioco volentieri praticato perché a lungo e. felicemente riuscito, l'abito del fa– re e disfare ministeri; Pon. Fanfani si è fitto ·invece in capo di fare il partito. Fanfani ha forse, primo in Italia, compreso che al mito e alla realtà comunista dell'organizzazione bisogna rispondere con lo stC'sso mito e la stessa realtà per la Dcmocr:l.zia Cristiana. Corre tra le due imprese una differenza sola. ed è che, dietro all'organizzazione: comunista, un lun– go passato dottrinale preavverte sul fine·, al quale l'organizzazione è cli– l'l'lta. Dcll'on. Fanfani, cioè del suo finalismo. non si sa nulla• del tutto. È spiacevole, ma è così. Fanfani vuole battere i comunisti, arrestarli nella loro ascesa clettoralc. Per farne che, poi, dei voti che si ripromette di conquistare ad elezioni rinviate, lo sa lui solo. E a Saragat dispiace moltissimo, come a noi, non saperne nulla. Quando perçiò Fanfani dice che questo è, per il governo, il mo– mento della buona amministrazione e della moralizzazione della vita pub– blica, esprime genericamente quello che a Napoli spiegò con una lunga , serie di esempi_. elencando i titoli di una normale attività di governo. Ma ciò che solamente gli preme, è che Scclba gli tenga calcio e pulito il posto ove egli si assiclcrà, quando · l'organizzazione sua avrà battuto, o arrestato, quella comunista. Che le· cose gli vadano proprio bene. sempre bene, non diremmo. Fu detto a Na– poli che nel Sud, e soprattutto in terra di riforitia, bisognava battere la grancassa dell'apostolato democra– tico; cd ecco che, 311a prima elezio– ne cli un nuovo comune, a1la Sila, i comunisti vincono. Fu detto a Na– poli che, sempre per il Mezzogiorno, la Democrazia Cristiana avrebbe per– sino destinato una sua particolare Cassa cli partito. Si bandi la col– letta,_ o, nel linguaggio del Corriere, la « buona usanza »: nel tempo che a Milano i comunisti raccoglievano, per l'Unità, cinquanta milioni, la D. C. ne snidava uno e mezzo. Per fortuna l'on. Fanfani ha poi rinun– ciato a celebrare i « festivals » de– mocristiani a conclusione della sul– lodata raccolta di fondi: altrimenti, · sempre per citare solo Milano. cli milioni ne avrebbe spesi, per le sue celebrazioni, quindici. Ma tutto que– sto non conta, .se si pensa che le strutture del partito erano, ·in realtà, propriamente da costituire, e qualche cosa già si viene stabilizzando. Fan– fani ha bisogno cli tempo, di lavoro, di formazione di nuovi quadri: ha bisogno che nulla sia toccato nel Go,·crno, anche se non è questo il a NUOVA REPUBBLICA governo che piace al suo attivismo. Ebbene, proprio in questo punto, Saragat «scoppia», propone il rim– pasto, vuol cambiare sette ministri senza accorgersi che così si farebbe, senza mrno, la crisi. Noi compren– diamo la sua impazienza; mentre sempre meno, s'intende, comprendia– mo perché egli non abbia, a suo tempo, appoggiato il Governo Fan– fani, quru1do questo si presentò alla ribalta parlamentare. Ma tant'è, non vorremo scandalizzarci se certi uomi– ni sono, per così dire, fuori luna;_ la loro stimabilità morale non ne perde, evidentemente, nulJa. E adesso, povero Giuseppe? · Saragat, è chiaro, sta buttandosi da sòlo in una rete che voleva tendere .soprattuttO ai democristiani; ma Fan– fani, cli rimpasto, non ne vuole sa– pere. Contro Fanfani, Scelba può metter manò al massimo ad una par– venza di modificazione, tanto per salvare la faccia di Saragat. Ma quest'ultimo. a sua volta, non può uscire dall'impasse, scaricandosi sulla «direzione», e andandosene magari in Piemonte. Saragat non puòl se• riamentc, abbandonare la barca del governo, e riprendere la vecchia ma– glia di leader' dell'alternativa di si– nistra, in quanto, una seconda volta, nessuno gli crederebbe: non per nul– la in Italia· tutti impat·ano da bam– bini due cose soltanto, ma veraci e belle: la favola dell'tiva acerba, e la storiella di Pierino e il lupo. Ora Saragat può fare le birtè, ma alla fine i socjaldcmocratici dovranno re– stare al governo, e, molto più che alle proprie, alle condizioni di Fan-. fani. Al massimo, se· questo governo gli schifa, Saragat può, personal– mente, uscirne. Sarebbe, ci pennetta un parere-, un atto di decoro. Il teorico revisionista farebbe la figu– ra .. in questo modo, di aver capito troppo presto. come i veggenti, quel– lo che in realtà ha avvertito troppo tardi, come gli sprovveduti. Ma qa noi, gli si darebbe sempre una pa• tcntc di s-randezza. Vogliamo lar– gheggiare nella promessa: sì, più d'uno gli riconcsccrcbbc spirito clrt– to, gocthiano; cd alma sclcgnos::t. Nel frattempo, nobilmente appartato., potrebbt· scrivere sulla «Giustizia», dia Ioga re con ·ra,rnssi, dire la sua sul Consigli,·n· Sl'pe. Un grande con• Vl'rsatorc, Saragat; questo, lo abbia– mo sempre riconosòuto. I IL MURO I e RISI nel mondo della dtmonazia– democrazia-democrazia: crisi nel– la Democrazia nistiana, crisi nel partito liberale, crisi nel partito so– cialclt-mocratico; e si salva solo il par– tito r<:pubblirnno stori<o pt:rch(: la sua esisttnza è ormai puramente conven– zionale. Non c'è da gioire. Ci rtn– diamo conto che gl_i svi_luppi delle crisi possono tsscre molto pericolosi : pericolosi, int<:ndiamo, per la den1ocra– zia senza aggettivazioni. * Vorremmo solo buttar là qualche srnmpolo di considerazioni. Le crisi sono il prodotto sempre più chiaro di un conflit!o fra ideologie e prassi, fra velleità e realtà, fra la pressione di grossi interessi e il residuo pudore dei poi itici, ricattati da quei grossi interessi che governano di fatto il Paese mediante le sovvenzioni eletto-. rali. * I dirigenti politici non riescono a sganciarsi e sono costretti, con mag– giore o minore inclinazione, a obbe– dire àlle pressioni. Alcuni nuclei non partecipanti :1I banchetto, ancora me– mori delle ragioni per le quali i par– titi esistono o dovrebbero esistere, si ribellano e si richiamano ai principii; e allora vengono accusati di « fare il gioco dei comunisti » e vengono ricacciati negli angoli. * I comunistiJ che sanno fare il loro mestiere, e che sono tanto bene aiuta– ti da ~oloro che li vorrebbero com– battere, hanno tra mani tantO mate– riale d'accusa da doverne scartare. * Come non bastasse, varii rappre– sentanti del la · democrazia-democr3zia– democrazi~ si raccolgono attorno a To– gni. assieme a. Gray e a.clAnfuso, onde egli abbia maggiore autorità nel pio– pagare al colto e all'inclita gli olezzi ovrini di « Pace e Libertà ». * E la Gi,wizù, si dii da fare per aiutare Togni; e nello stesso tempo pubbliG1 strali ve·lenosi contro i· com– pagni di cordata al Governo, facen- I VITA -DI FABBRICA LA TEGOLA LGERIN Dal nostro corrispondente D IRE che la tegola dell'Algeria sia caduta addosso al governo all'improvviso., inaspettatamen– te, sarebbe dire cosa falsa. Da tempo si sapeva che tutto il tetto dell'Africa rnediterranea francese era in pessime condizioni, e se la tegola algerina sembrava ancora fissa al suo posto, il disordine delle altre che Le stavano accanto mostrava benissimo come la sua solidità fosse solo apparrnte. Che qualcu'no abbia dato un colpetto ·alle travi per smuoverla, può darsi; che ci sia della gente contenta ch'essa sia caduta proprio sul ,governo at– tuale, è certo, ed è anche naturale. I o non voglio aTrivar a dire che Bidault e i ~uoi amici del M.R.P. si freghino Le mani di soddisfazione; ma che ne approfittino per gridare che La i:olpa è di Mendès-France perché, facendo concessioni in Tu– nisia ai « ribelli », ha incoraggiato la « ribelli.o'ne » nelle zone vicine, è press'a poco inevitabile. La politica è fatta anche di ipocrisie e slealtà, e a quest'anima dannata di Mendès– France piovuta qualche mese fa nel j)a.ntano della politica francese scon– volgendo ogni cosa, piantandosi fer– mamente nel terreno, 111.ettendosi at– tivamente a bdnificarlo, le cose co– minciavano ad andar troppo sfaccia– tamente bene perché non bisognasse augurargli qualche guaio. • Ora, è da stupirsi che l'Algeria si sia 1nossa soltanto adesso. Anzi, per essere esatti, bisognerebbe ricor– dare che in un passato non lontano l'Algeria s' ·:ra già mossa. Cinque o sei anni fa c' era.no stati, nella regio– ne di Costantina, fra l'altro, dei disordini repressi con qualche 1no– desto centinaio di morti ...... Ma., in– somma, da qualche tem,po l-' Algeria sembrava tranquilla. E non lo era e non lo è. Inutile parlare di mestatori, di /JYovocatori, tli briganti, di « fuori Legge». Che fra gli autori degli at– , tentati vi siano uomini feroci, no'n lo si nega; che colpiscano soven.te alla cieca, che com.mettano delitti atroci, è purtroppo molte volte esatto. Che ci sia chi ha interesse a soffiare sul fuoco, è esattissimo. Ma che gli Arabi desiderino Liberarsi del dominio fran• cese è vero da Casablanca a Tunisi, in Algeria come in Tunisia e al Marocco. Ora, in Algeria, il proble– ma è più complesso che nei due pro– tettorati confinanti. In l25 anni di dominio, i francesi si sono presi,. con le buone o con le cattive, le migliori terre, hanno piantato delle industrie serve,ulosi di mano d'opera indigena pagata con un boccone di pane. Un buo 1 n numero di funzionari civili e militari francesi vive da papa sulle spalle del paese. A complicar Le cose., i centri principali, Algeri, Ora– no, Costantino, sono città con po– polazione prevalentemente europea. L'Algeria è vasta più di sette volte l'Italia; i tre dipartimenti settentrio– nali da soli ·sono due terzi dell'Ita– lia, con una popolazione che si av– vicina ai l 5 milioni e cresce spetta– colosame1nte. Si dice che i tre dipar– timenti costie;i sono parificati a di– partinienti metropolitani; è vero in quanto so,io amministrati dal Mini– stero dell'Interno e in quanto la loro popolazione ha la cittadinanza francese. Gli elettori algerini votano, ma divisi in collegi di cittadini, dire– mo c0sì, di primo ordine, e di citta– dini di secondo ordine. Le elezioni in• questi c~llegi non sono mai state una cosa serra. Il maggior partito che sostiene l'indipendenza algerina, il Movim.en– to per le Libertà Democratiche, s'è recentemente scisso. Il suo maggior esponente, Messali, è a dom.icilio. coatto. I due tronconi usciti dalla recente scissione sono 1wturalmente i11 relazione col Comitato di Libe– razione nordafricano che risiede al Cairo. Perciò parecchi giornali se la prendono con L'Egitto, il quale fa oggi la figura, nei confronti dell' Afri• ca del Nord, del Piemonte nei cou– f ronti dell'/t.alia un secolo fa. Comunque tutto l<,scia credere che la tegola algerina non sarà mor- doli prudentemente firmare dal vice tale per il governo di Mendès-Fran- segrtta.rio organizzativo del .P.S.0.1., ce; sarà pericolosa. certo, più che per Tanassi, del quale non si è mai so- la sua esiste'nza, per la. sua coerenza., spettato (he conoscesSe, nonché la po- Una repressione implacabile, e che litica, nemm<:no l'italiano. avrebbe del resto risultati soltanto provvisori, guasterebbe irreparabil- * Brava gente vi siete dimenticati che niente quel complesso di simpatie e il 25 aprile 1945 c'è stato un insigni- ficantt avvenimento che avrebbe do- di speranze ch'esso ha crea'to attor• vuto e dovrebbe informare la vostra no a sé. condotta e le vostre opere? La crisi A voler essere precisi, dei diversi della c[emocrazia italiana è tutta in problemi affro11tati da Mendès-Fran• questo: che ve ne siete proprio di- ce dopo la stta ascesa al potere e menticati, e che oggi la vostra predi- che si dicono risolti, uno solo può cazione, la vostra condotta, le vostre veramente dirsi esaurito, ed è quella opere possono condurre, non possono dell'Indocina: risolto ed esaurito nel che condurre, se persistete, alla gloria. - senso che in Asia - in questi gior.ni di un fesso come Togni, con relativo c'è stato pure l'abbando'no degli contorno di repubblichini. «Stabilimenti» dell'India all'Unione * Hai dato a Saragat il compito di Indiana - la Francia 11011 ha più redigere e presentare la legge per il possedimrnt.i. Né \l probl_ema tun_i- bavaglio alla stampa. Un tempo Sa- sino né - wltando d, palo in ragat faceva almeno i bassi servizi a fras;a - quello dei salari p_ossono De Gasperi: ora è ridotto a farli a considerarsi risolti, anche se il Pre- Scelba. side11te del Consiglio ha mostrato di * Un amico ·mi scrive che in Italia si avere seriamente l'intenzione di ri- piange sempre: di gioia o di dolore. solverli. Ma sempre in palcoscenico. Così sarebbe molto esagerato so- * Un certo giorno, il giorno dell'in- stenere che mediante i recenti accor- gresso delle truppe italiane a Trieste, di sia stata risolta la questione della c'è anche stata la prima notizia della Saar e quella dei rapporti franco· sciagura in Campania. Per le strade . tedeschi. ma non si deve negare che di Milano si cantano inni fascisti. qualcosd di nuovo Mendès-France Passa un piccolo corteo, ragazzi che ha saputo creare a'nche in queS t ? cantano l'inno a Roma. Un tale che campo, e che il Tedesco, per il passa. chiede: « Cantate per Salerno?» Francese tnedio, pur restando ~nt.i- Se non le ha prese è stato un mira- patico per non dire odioso, conunci~ colo. . fJerò a perdere la qualità di « nena• * In Italia si piange sempre: quel co ereditario» ..... giorno la radio stillava lacrime da B vero che non sarebbe difficile: tutti gli amplificatori. Trieste e Saler- creare subito altri nemici non meno- no. Poi la rntena della fraternità. E ereditari. Il Russo vi si presta brnis- triste dirlo, ma è diventata una bazza simo :-è adesso il centenario della. per stornare l'attenzione del pubblico guerra di Crimea, di SebaS t opoli; ". dai grossi problemi di fondo. poi, basta pensare a Suvaroff e a, * Se invece di piangere si cominciasse cosacchi accampati ai Campi Elist a fare sul serio qualcosa non per nel I815. «rimediare», ma per «costruire»? Ma tutto lascia sperare che an- La premessa indispensabile è quella dando a Washington, nei prossimi di piantarla con i Mac Carthy nostrani giorni, Mendès-France non vada a e con le crociate. Solo la concordia' Canossa. E che non piegherà anche del Paese può rjportare al clima neces- se come dicono molti maligni, dietro sario per fare della Costituzione una i 'comitati del Cairo e i «ribelli» cosa seria. Ce qualcuno che voglia dell'Africa del Nord ci sia chi soffia <Orninci.are,? rtc sul fuoco. No, 11011 si tratterebbe di rubli, ma di dollari.

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