Nuova Repubblica - anno II - n. 17 - 10 settembre 1954
VIII I piani laburisti I provvedimenti preliminari al primo piano per il 1947, furono presi fra la fine del 1945 e quella del 1946, e comprendono la nazionalizzazione della Banca d'Inghilterra e dell'industria del carbone; le leggi sulla distribuzione delle industrie e sul controllo degli investimenti, Dopo la pubblicazione del piano per il 1947 le nazionalizza– zioni furono estese all'industria elet– trica, a quella dei trasporti ferroviari e all'industria siderurgica. Le nazionalizzazioni, sebbene fosse– ro considerate da alcuni come un pri– mo passo verso il collettivismo totale, non erano invece nelJe intenzioni dei laburisti, che un mezzo di lotta con– tro i monopoli e per l'aumento della produzione, che nelle miniere ed in mqlte fabbriche appariva ritardata dalle condizioni degli impianti, in gran par– te arretrati e trascurati. Alcune poi fra le nazionalizzazioni, come quelle della Banca l'Inghilterra e dei trasporti, ap– parivano come mezzi preziosi per eser– citare più efficacemente il controllo sugli investimenti e per favorire le esportazioni. Ma lo strumento principale di una politica pianificatrice è per i laburisti il bilancia finanziario dello Stato, me– diante il quale si vuol determinare il consumo, l'investimento, il risparmio. La discussione del bilancio nelle due camere àiventa una discussione del piano economico annuale. Pe esempio, l'imposta sui profitti delle aziende, che nel bilancio approvato in aprile 1951 fu fissata al 50% sui profitti distribuiti, e al 10% sui profitti passati a riserve, fu un·arma per indurre le industrie a tener bassi i dividendi, e alto il volume del risparmio. Il successo dei primi due piani, per il 1947 e per il 1947, fu molto infe– riore alle speranze; la produzione del carbone aumenta ma non nella misura prevista, l'aumento dell'esportazione, che si riteneva dovesse essere del 40% nel ·47 e del 60% nel ·48, . non raggiunse invece che il 20%. Solo obiettiv<>., completamente raggiunto ed anzi superato fu quello dell'occupa– zione, che nonostante la smobilitazione di 340.000 uomini fra la fine del 1946 ed il marzo 1948, aumentò di 611.000 unità, in confronto della 278 mila previste. Ma nello stesso tempo il deficil della bilancia commerciale, preveduto in 350 milioni di lire ster– line, saliva alla cifra paurosa di 630 milioni. Si deve conciudere da questo che la politica laburista è completamente fal– lita? Si tratta di vicende troppo vicine perché possa pronunciarsi alcun giu– dizio sopra di esse; ma intanto non è privo di significato il fatto che il partito conservatore nella « Carta in– dustriale » da esso pubblicata nel mag– gio 1947, prevedesse il mantenimento delle nazionalizzazioni dell'industria del carbone, delle ferrovie e della Banca d'Inghilterra, e che poi, ritornato al potere, non solo mantenesse quelle nazionalizzazioni, ma anche le altre, ad eccezione della industria siderurgi– ca: in modo da far sorgere il dubbio che molta parte almeno della politica laburista non derivasse da preferenze ideologiche, o da interessi di classe L'ECO DELLl STAMP! Uffi&io di ritatli ,la tiornali • rivist• Dir,ttor,: Umberto Frugiuele Condir,ttor•: Ignazio Frugiuele Via Giweppe Compagnoni, 28 MILANO Corri,pondeoza: Ca,ella Pootale 3549 Toleç.: _,._ NUOVA RE P U B-B LI CA I PAGINE DICULTURA CONTEMPORANEA PIANIFICAZIONE EC OMICA -regime democratico • lll o di partito, ma dalla particolare situazione economica del momento at– tuale. IX Raffrontocon altri paesi dell'Europaoccidentale Molto affini ai progetti di pianifi– cazione del Regno Unito, sebbene adat– tati a situazioni che in alcuni casi sono profondamente diverse, sono quelli del– l'Olanda, della Svezia, della Norvegia e della Francia. La situazione dell'Olanda, alla fine della guerra, presenta una grande so– miglianza con quella del Regno Unito: soltanto, ai danni di guerra estrema– mente gravi, al fortissimo peggioramen– to della bilancia dei pagamenti, alla perdita quasi totale dei due ricchissi– mi mercati dell'Indonesia e della Ger– mania, si aggiungevano per essa le conseguenze della politica di guerra dei Tedeschi che, durante il quinquen– nio dell'occupazione, avevano visto nel– l'Olanda sopraitutto la fonte di rifor– nimenti di prodotti agricoli, ed ave– vano perciò aumentato di circa un quinto la superficie dei seminativi, tra– scurando e lasciando anzi cadere molte delle sue industrie. Riacquistata la libertà, risulta ben presto evidente che la situazione di– sastrosa della Germania e le difficoltà in cui si dibatte il Regno Unito, co– stretto, per non peggiorare la sua bi– lancia dei pagamenti, a ridurre e spesso anzi a sopprimere le importazioni di quei prodotti di consumo che non siano di primissima necessità, privano la agricoltura, l'allevamento ed il casei– ficio olandesi dei suoi mercati miglio– ri, e che perciò, per avviarsi a rista– bilire l'equilibrio, è necessario promuo– vere un rapido rinnovamento e sviluppo delle industrie. Di qui deriva la convinzione, non dettata affatto da ideologie socialiste e nemmeno da una volontà di rifor– me permanenti di struttura, della ne– cessità di un piano, che abbia soprat– tutto la funzione di graduare e disci– plihare l'opera di ricostruzione. Il carattere che, almeno intenzional– mente, viene dato atla pianificazione, risulta anche dal fatto che in Olanda, come in Gran Bretagna, i primi piani sono fatti per un solo anno, e che essi a differenza invece del Regno Unito, non sono accofupagnati da al– cuna nazionalizzazione all'infuori di quella della Banca di emissione. In Olanda, come al di là della Ma– nica, la base del piano è il bilancio economico nazionale, che viene pre– parato anntlalmente dall'Ufficio Centrale per il piano con i dati che gli sono forniti dalle divisioni per la pianifi– cazione, create presso i diversi mini– steri economici. Il bilancio deve com– prendere l'ammontare complessivo e la composizione del reddito nazionale, le spese che con esse si fanno, il ri– sparmio, i crediti esteri, il volume della produzione che si spera di raggiun– gere, il livello e l'andamento dei prez– zi previsti. L'efficacia del piano avrebbe dovuto trovarsi sopratutto nel quadro della situazione che esso forniva tempesti– vamente agli operatori e nei sugge- rimenti dati ad essi dall'Ufficio cen– trale e dagli altri organi competenti; la sola azione diretta che lo Stato si riservava era quella della disciplina degli investimenti, esercitata mediante la politica del credito, e quindi me- · diante la Banca centrale nazionalizzata. Ma i risultati, almeno nei Jjrimi tre anni, furono in molti campi inferiori alle previsioni, in altri assolutamente negativi. Il più grave di questi risul– tati negativi si manifestò nel deficil della bilancia dei pagamenti, che non solo non fu diminuito, come si era previsto, ma salì alla cifra altissima di 2.000 milioni di fiorini, dimostran– do che l'opera di ricostruzione, assai più che dall'attuazione del piano, di– pende dagli aiuti esteri. Da questa constatazione derivò fa necessità di abbandonare il carattere puramente volontario della pianificazio– ne e di ricorrere almeno io alcuni cam– pi a metodi costrittivi. Oltre alla di– sciplina dei consun1i e dei prezzi dei generi di prima necessità, visto che la formazione spontanea del risparmio· si manteneva in misura inadeguata al bi– sogno di investimenti, si ricorse al ri– sparmio obbligatorio; e nello stesso tempo si stabilì il controllo degli in– vestimenti, della distribuzione delle materie prime e del commercio estero. In tal modo si dimostrò che, almeno 11ei paesi che attraversano un periodo di scarsità nelle loro risorse econo– miche, è assai difficile ·conciliare la pianificazione statale con la sopravvi– venza della libera iniziativa privata. Concepita con gli stessi criteri e attuata press'a poco con gli stessi mez– zi, la politica pianificatrice del go– verno laburista, salito al potere in Norvegia nel 1945, ha raggiunto, per quanto ne sappiamo, risultati migliori almeno per ciò che riguarda la pro– duzione industriale aumentata sensibil– mente dal 1946 al 1949. Caratteri alquanto diversi ha invece la pianificazione in Svezia, governata da più di dodici anni dai laburisti, che avevano nazionalizzato, oltre ai te– lefoni e alle ferrovie, gran parte delle foreste e delle imprese produttive di energia elettrica, distiJlerie e manifattu– re tabacchi, numerose imprese siderur– giche e fabbriche di pasta di legno; e creato un numero considerevole di coo– perative di produzione. Su queste basi è stato costituito un ufficio per la pianificazione dei lavori pubblici, che non ha per meta la ri– costruzione o la lotta contro la disoc– cupazione, dato che la Svezia, rimasta fuori del conflitto, è stata con la Sviz– zera uno dei pochissimi paesi di Eu– ropa che abbiano goduto di una grande attività produttiva e di condizioni di larga e diffusa prosperità. Scopo prin– cipale del piano è dunque quello di assicurare la stabilità ed il migliora– mento dell'attuale situazione, evitando i pericoli di crisi e di disoccupazione. La situazione economica della Fran– cia e la sua politica economica dopo i primi mesi -del 1946 si avvicina an– che più che per l'Olanda e la Norve– gia, a quella del Regno Unito. La situazione economica, già peggiorata in misura alquanto preoccupante nel de- cennio che precede il 1939, era stata tragicamente aggravata dal lungo perio– do di guerra, che aveva distrutto il 18% degli immobili, il 70% della ma– rina mercantile, più della metà del materiale mobile delle ferrovie e delle macchine agricole e il 22% del pa– trimonio zootecnico. A questi dati si aggiunga la perdita quasi totale degli investimenti esteri, che erano stati pre– ziosi per equilibrare la bilancia dei pagamenti fortemente passiva per l'ec– cedenza inevitabile in un paese che, se raggiungeva quasi, a differenza del– l'Inghilterra, l'autosufficienza per le derrate alimentari, dipendeva quasi to– talmente dall'estero per i combustibili liquidi e per le materie prime delle sue industrie. B naturale quindi cht i governi succedutisi dopo la liberazione si preoc– cupassero del ristabilimento di una situazione, che a poco a poco si avvi– cinasse alla normalità e che, non po– tendo affrontare subito tutto il proble– ma nel suo complesso, riconoscessero la necessità di un piano di ricostruzione da attuarsi gradualmente e progressi– vamente. Fu per questo che il governo De Gaulle emanò, il 3 gennaio 1948, il decreto per l'elaborazione di un· primo piano d'insieme per l'ammoder– namento e l'attrezzatura economica del territorio metropolitano e di oltremare. Le mete da raggiungere erano lo svi– luppo della produzione nazionale e degli scambi con l'estero; l'aumento della produttività del lavoro; la piena occupazione; l'elevamento del tenore di vita della popolazione. Fu creato un Consiglio intermini– steriale del piano con partecipazione di esperti e di rappresentanti delle varie categorie economiche; ed un Commis– sariato generale del piano di ammo– dernamento e riattrezzatura, di cui fu posto a capo Jean Monnet. Questi si mise subito al lavoro, dividendolo tra numerose commissioni e sotto-commis– sioni, e dopo otto mesi di studi, di raccolta di dati, di discussioni, pre– sentò, il 23 novembre 1946, il primo piano di ammodernamento e ricosti– tuzione degli impianti. Il 7 gennaio 1947 il Consiglio del piano adottava ti progetto nel suo insieme. Con una certa ingenuità si fissavano in linea generale i seguenti obbiet– tivi: il ristabilimento entro il 1947 del livello di produzione del 1938; entro il 1948 di quello del 1929; en– tro il 1950 di un livello di produzione superiore del 25% ; quello del 1929, e di un livello di esportazione doppio, in valore, di quello del 1938 e tale da assicurare non solo l'equilibrio ma un attivo della bilancia commerciale. Pur segnando questi . obbiettivi ge– nerali il Monnet e gli altri redattori del piano videro bene che, per un paese come la Francia, la cui economia dipendeva dagli scambi internazionali, non era possibile fare delle previsioni precise, e perciò dettero al piano un carattere elastico, tale da potersi adat– tare alle circostanze. Anche in Francia la pianificazione si attua entro un sistema misto, in parte pubblico ed in parte privato. Le nazionalizzazioni si erano estese alle industrie del carbone, della elettricità, dei trasporti interni ed ai maggiori istituti di credito; mentre J'industria 7 siderurgica e quella del cemento per larga parte concentrate, erano facilmen– te controllabili dallo Stato. I controlli esistenti nel tempo di guerra furono tutti ripristinati: sulla distribuzione delle materie prime, sul– le nuove costruzioni edilizie, sull'im– piego di mano d·opera, sul commercio de!Je valute, sui prezzi, sui consumi più necessari, sull'esercizio del credito. Ma nonostante tutta questa attrezza– tura, la pianificazione, che nelle inten– zioni doveva avere un carattere terIJi– poraneo fino a ricostruzione compiuta, si limitò ai settori base, lasciando agli altri una relativa libertà. La spinta ad accelerare al massimo la rinnovazione e l'ammodernamento degli impianti, in particolare per la produzione di beni strumentali, era data dalla previsione, pienamente con– fermata dai fatti, che la facilità di vendita dei prodotti, per la domanda accumulata negli anni di guerra e del– l'immediato dopoguerra, sarebbe dura– ta lino al 1949, ma non oltre. A parte il fatto che i risultati ot– tenuti a quella data siano per alcune produzioni inferiori ·alle previsioni, resta sfmpre il problema, comune pur– troppo a tutti gli Stati dell'Europa occidentale, di determinare in qual modo si sarebbero potuti utilizzare, dopo il 1949, gli impianti nuovi o ri– modernati con una potenzialità pro– duttiva molto superiore a quella non solo del 1938 ma anche del 1929. I più ferventi assertori dei vantag– gi della pianificazione integrale met– tono innanzi come argomento decisi– vo la spinta enorme, superiore ad ogni aspettativa, data alla produzione dal– la economia di guerra in paesi che del 1929 al 1939 l'avevano vista de– crescere in misura scoraggiante. Ma in questo confronto essi dimenticano due elementi fondamentali: quello dei prezzi che in tempo di guerra sono pagati con la massima larghezza senza alcuna considerazione aile condizioni de_! mercato; e l'altro, molto più im– portante, che la massima parte della produzione di guerra è destinata alla distruzione e che spesso anzi si di– trugge più di quello che si produca. Il punto debole dei pianificatori ad oltranza è forse appunto questo: che essi si preoccupano soprattutto, e spes– so esclusivamente, dell'aumento della produzione, e in primissima linea del– la produzione industriale, e non della domanda dei prodotti. Può darsi che in una economia isolata come quella della Russia, che deve provvedere ai bisogni 'di una popolazione di 200 milioni, sparsa sopra una superficie sterminata, dove la richiesta di pro– dotti si manterrà per ,lungo tempo al– tissima, l'aumento della produzione sia effettivamente il problema principale. Ma nell'Europa occidentale, in paesi sovrapopolati, con un'att~e;zatura in– dustriale già molto sviluppata e con l'assoluta impossibilità di rendersi in– dipendenti dal mercato mondiale, vi è il grave pericolo che il moltipli– carsi delle pianificazioni, intese tutte ad aumentare precisamente la produ– zione industtiale, affretti lo scoppio di quella crisi che si vorrebbe appunto evitare. GINO LUZZ,l TTO ( Per geJJ1ile co11ceuio11e del 'Acca demia dei Li11ce1). In Pagi11, di cultura contempo– ranea abbiamo pubblicato finora: OEWEY, Economia totalitaria e de– mocrazia. BEVAN, La riforma 1a11itaria in 111- ghilterra. · STRACHEY, Rie1ame del marxiimo. MERLINO, LA delinquenza co11i111zio– nale delle 1ocietà modern,. CROSSMAN, Ver10 una fi/010/ia del 1ociali1tno. WILS0N, LA. guerra coulro la 111i- 1eria.
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