Nuova Repubblica - anno II - n. 17 - 10 settembre 1954

8 PLAUSI e botte ~ « Loro (i federalisti avversari del– la C.E.D.) sono come le anime belle, di cui parla ironicamente H egel, così belle, così intente a preservare la loro purezza, da essere condannate a dire no a qualsiasi azione, poiché qualsiasi azione deve essere impiantata nella realtà che per definizione è sporca e li sporcherebbe. Scherzi a parte, un tale atteggiamento è una mani– festazione esteriore di massimalismo verbale che crede basti fare un'affer– mazione estremistq, per contribuire alla vittoria della propria causa, ed è manifestazione di un rifiuto inte– riore ad assumersi le responsabilità nel momento in cui bisogna assu– merle con tutti i correlativi rischi. È la malattia chiamata infantilismo politico da un uomo che pur s'in– tendeva di movimenti rivoluzionari e che è particolarmente diffusa in Italia, ove ha spesso propocato dan– ni non lievi. Chi conosce la nostra storia contemporanea, sa ad esempio in quale terribile responsabilità sia incorso nell'altro dopoguerra il par– tito socialista italiano, imbevuto di massimalismo ..., ecc. ecc. Gli amici di cui stiamo trattando sono gli eredi di questa ingloriosa tradizio11e. Nel MFE sono in verità rari, ma occor– reva ugualniente parlarne perché esprimono un atteggiamento assai dif– fuso in certi ambienti, soprattutto intellettuali, che dovrebbero essere presenti qui, in prima linea nella lotta, e che invece preferiscono fare le anime belle inerti e sterili ». Così parlò Altiero Spinelli nell'ul– timo e non remoto congresso del MFE. E fu una «botta» che, allora, francamente ci dispiacque per il tono di sufficienza e di ironico com– patimento con cui fu lasciata an– dare, en passant, sulle nostre smar– rite testoline di « anime belle ». Ma - pur senza rancore e, tuttavia, per giustizia distributiva - è giunto il momento di rinviare a Spinelli la botta, con l'augurio - per lui e per tutti quei formidabili realisti che sono i procedisti del MFE - di smettere al più. presto i panni di « anima brutta ». E ciò nell'in– teresse di una pronta ripresa di ef– fettiva azione federalista. 11! « Riprendendo l'argomento della distensione, I. M. Lombardo afferma che la distensione dovrebbe essere praticamente la cura alla tensione e richiama in proposito l'attenzione di alcuni che pare abbiano perduto la memoria dello sviluppo degli avve– nimrnti, sul fatto che in realtà la tensione non è stata determinata dal mondo occidentale; è il mondo occi– dentale che la subisce come subisce attualmente quall'altra forma modi– ficata di terroris_mo, di terrorismo con blandizia, che porta il nome di distensione. L'oratore conclude esprimendo il dubbio che si possa, ove fallisse la CED, ripigliare la fatica e la lotta: sara un'eclissi totale per lungo tem– po avvenire di questa nostra aspira– zione, di questa nostra volontà, di questa nostra fede, e Dio non voglia che nel frattempo ad una unificazione europea, sotto il tallone del tiranno, si arrivi, perché di quell'unità euro– pea io uomo libero non vorrei nulla sapere. Credo che non sopravviverei per vederlo, ma mi auguro che nes– suno di voi possa aspirare a vedere l'unità europea formata sotto il tal– lone di un tiranno ». Le parole di cui sopra fanno spicco, fra nunierose altre pur no– tevoli, nel resoconto dei lavori del VI Congresso Nazionale del MFE. E, dopo averle lette, crediamo vera– mente che non basti augurare che le « anime brutte » la smettano di fare le « anime brutte». Qualcuna sarà pur necessario che emigri, se per lei la distensione è sinonimo di terrorismo con blandizia e il falli– mento della CED è un'eclissi totale dell'aspirazione federalista. Del resto farà un bel vedere il Lombardo all'ultima crociata! OGNUNO L ' più grande minaccia alla nostra nazione e alla nostra libera socie– tà è pianta indigena come il ta– bacco e veleno tanto mortale quanto la nicotina concentrata. Esiste a causa di quel che noi abbiamo fatto e stia– mo facendo a noi' stessi, piuttosto che a causa della presenza nel mondo di una dittatura ostile, affamata di potere, che si serve tanto dell'aggressione mi– litare quanto delle tecniche della pe– netrazione, di quinte colonne e del!' in– surrezione. Esiste perché da quando (i trovammo di fronte a questi peri– coli veramente reali, noi ci siamo rifu– giati nel caproespiatorismo. Caproespiatorismo è quel processo per cui gli esseri umani cercano di alleviare la loro pena, risentimento e delusione col trovare un oggetto al quale imputare la colpa di qualsiasi cosa che li abbia molestati, minacciati, delusi o sconfitti. Tutti conosciamo questo tratto della natura umana. La maggior parte di noi riconosce che si tratta di una sopravvivenza di rea– zioni emotive infantili. Ma quanti di noi si accorgono che, nel periodo post– bellico, noi, come nazione, siamo rica– duti in questa sorta di condotta in– fantile? Di che cos'altro può trattarsi quando un deluso, sconfitto ed ostinato Pre– sidente Truman dichiara al Congresso e al popolo - il quale felicemente gli crede - che « una nazione e una nazione soltanto » è responsabile del fallimento di una giusta e durevole pace, dello scacco delle Nazioni Uni– te, della creazione di una crisi mon– diale esplosiva e dell'esistenza di una terribile minaccia all'umana li– beri? Una matura riflessione avreb– be dovuto avvertire il Presidente Tru– man e noi tutti, quando ci svegliammo dai nostri sogni felici, che bisognava uscir dal letto e muover le gambe verso i gravi fatti del mondo post– bellico, che noi siamo vissuti in un mondo d'illusioni e che noi dob– biamo riesaminare meglio tutte le pro– messe sulle quali la nostra politica del tempo di guerra e del dopoguerra e le nostre speranze di consolidamen– to della pace sono state basate. Uno di questi gravi fatti, sicuramen– te, è che la natura della dittatura so– vietica non è cambiata, che l'Unione Sovietica è diventata più potente ma non meno aggressiva e che Giuseppe Stalin non è divenuto - come alcuni di noi sembrano aspettarsi - un gentleman anglosassone in virtù dei rapporti col Presidente Roosevelt e col Primo Ministro Churchill. Ma sicu– ramente vi erano altri fatti altrettanto gravi. I. La guerra ha completato il cinquantennale processo di sviluppo che ha spostato il centro di gravità del mondo occidentale dall'una all'altra sponda del!' Atlantico. Questo sposta– mento della potenza predominante non è stato causato dalla Russia ma dal– l'ascesa degli Stati Uniti e dal decli– no dell'Europa Occidentale, dovuto so– prattutto all'incapacità delle nazioni dell'Europa occidentale a vivere in pa• ce tra loro. 2. Il declino dell'Europa occiden– tale, e la totale eliminazione della potenza della Germania e del Giap– pone per opera della politica angloa– mericana di resa incondizionata, ha tol– to o indebolito le antiche barriere al– i'espansione della Russia, lasciando un vuoto nel quale la Russia ha conti– nuato a farsi avanti, ma che la Rus– sia non ha creato. 3. Con la polarizzazione delle for– ze in soltanto due superpotenze so– pravvissute, il tradizionale metodo eu– ropeo di preservare la pace con le ma– novre dell'equilibrio delle forze è fi– nalmente divenuto del tutto antiqua– to. Nell'essenza di un'organizzazione NUOVA REPUBBLICA Caproespiatorismo : la più grandeminacciallanostra libertà L'AMERICA CHE HA FALL dotata del potere di costringere al di– sarmo universale - che le Nazioni Unite non_ hanno - non potrebbe es– servi ora altro che la pace per mezzo dell'accordo tra le due superpotenze o una corsa alla preponderanza delle forze che porterebbe con ogni proba– bilità alla guerra. 4. L'invenzione delle armi atomi– che e superatomiche ha eliminato la • guerra come strumento di estremo ri– piego nella politica estera, facendo del vincitore di un futuro conflitto piut– tosto una vittima che un vincitore. Questi quattro gravi fatti dovrebbero essere richiamati per compiere una ri– cognizione dei passati errori e com– prendere che il mondo si è trovato di fronte ad un assortimento completa– mente nuovo di problemi nel disporre e preservare la pace. La Russia ha con– tribuito solo in piccola misura a crea– re questo cambiamento negli affari del mondo. Essa non è stata la causa pri– maria del declino dell'Europa occi– dentale. La Russia non è stata col– pevole della rovina del meccanismo dell'equilibrio delle forze: esso è stato distrutto primariamente dalle liti sen– za fine dell'Europa. La Russia non ha eliminato la guerra come strumento di politica estera; gli Stati Uniti sono stati gli unici a penetrare il segreto della scomposizione dell'atomo. Importantifattori della crisi mondiale Indipendentemente da questo cam– biamento nel quadro delle forze po~ litiche, vi erano due ugualmente più importanti fattori della crisi mondiale da prendere in considerazione. A. La sconfitta delle potenze eu– ropee in Asia da parte del Giappone e la successiva eliminazione del Giap– pone come grande potenza ·ha lasciato i popoli dell'Asia a se stessi più di quanto lo siano mai stati da quando gli europei stabilirono i primi punti d'appoggio. La seconda guerra mon– diale ha dato l'avvio alla rivoluzione contro il colonialismo europeo che da tempo covava sotto la cenere. La noti– zia che la fine del dominio dell'uomo bianco in Asia era vicina si estese al– !' Africa e al Medio Oriente. L'alba della libertà in due vasti continenti produsse gli inevitabili slanci e ten– sioni degli insorgenti nazionalismi e gli inevitabili conflitti interni tra gli an– tichi e i nuovi gruppi di forze. B. Del tutto indipendentemente dalla rivolta contro il colonialismo europeo i sommersi due terzi dell'uma– nità - per lo più di colore e per lo più viventi in Asia e in Africa - sono stati precipitati in uno stato ascen– dente di fermento dalla divulgata cono– scenza che esistono attualmente i mez– zi con i quali la fame e la pestilenza possono essere prevenuti, l'oppressione rischiarata e sollevato il fardello dell'opprimente povertà. Il progresso della scienza e della tecnica e lo svi– luppo dei moderni mezzi di comuni– cazione ha lanciato il più rivoluziona– rio di tutti i messaggi alle masse in ebollizione della sofferente umanità - il messaggio che la loro intollerabile sorte non era dovuta ad una natura crudele o ad un fato immutabile ma all'ignoranza e all'inumanità dell'uomo verso l'uomo. La Russia non ha fatto precipitare la rivoluzione asiatica contro il colo– nialismo europeo. Meno di tutti la Russia ha creato il progresso scienti- fico e tecnico che ha dato l'avvio alla ribellione nel mondo lontano delle masse diseredate aell'umanità. La cri– si di fronte alla quale ci siamo tro– vati dopo la seconda guerra mondiale è stata essenzialmente la crisi del– l'uomo occidentale, derivante dal suo genio progressivo e inventivo e dalla sua inumanità egoista e dalla sua in– capacità di vivere in pace con se stesso. E' vero che il regime sovietico ha da– to una soluzione della complicata cri– si mondiale infinitamente più difficile e che l'aggressivo sfruttamento sovie– tico della crisi necessita eterna vigi– lanza e prontezza per respingere l'ag– gressione. Ma ritiene il solo regime sovietico responsabile della crisi, del fallimento nello stabilire una durevole pace e della conseguente lotta per la supremazia fra le due metà di un mon– do diviso, non è più ragionavole del dar calci alla sedia contro la quale si è urtato il piede nell'oscurità. Un freddo giudizio ci avrebbe detto che la politica di co11tai11me11t era costretta a fallire perché ignorava le cause fondamentali della crisi, perché cercava di contenere una minaccia es– senzialmente politica con mezzi militari, dipendendo da un potere militare che non esisteva e che avrebbe potuto es– sere creato soltanto da una coali– zione potente e fermamente unita; e perché non seppe sviluppare quei pro– positi positivi, creativi che, soli, avreb– bero potuto porre in essere tale coa– lizione. Una nuova Amministrazione ha adottato una « politica di libera– zione » che ha promesso non di con– tenere semplicemente ma di respin– gere l'avvicinantesi inondazione della potenza comunista. Ma questa poli– tica è stata ugualmente basata sulla originaria delusione e noi subito ci accorgemmo con sgomento che era più efficace nello spaventare i nostri ami– ci che nell'atterrire j nostri nemici. L 1 unica via per rendere invincibile ciò che noi con 1a11/a compiacenza chit1mi111110 « il mondo libero » è I' 11- ufrlo - non nella pa11radel com11ni- 1mo - ma nel compito n-ealivo della sua p,·opria liberlfzio11e. Gli uomini so– no mossi ad agire contro torti e ingiu– stizie che sono loro familiari. Una crociata contro la fame, le malattie e l'oppressione arruolerebbe battaglioni di gran lunga più potenti che non una crociata contro il comunismo. Prima di poter vedere i popoli del mondo non comunista allearsi con noi nell'inten– to di promuovere l'umana libertà, noi dovremo averli convinti che l'antico• munismo non è la somma totale della politica americana. Due specie di anticommiismo Nella prima fase della nostra infan– tile delusione, noi abbiamo fatto del– l'anticomunismo negativo lo scopo pre– ciso della nostra politica estera. Nella seconda fase, abbiamo biasimato il fallimento di questa politica a motivo dell'infiltrazione comunista nel nostro stesso governo, giudicando alla stre– gua di un tradimento il fallimento nel contenere il comunismo. Nella terza fase; nella quale noi poniamo l'anti– comunismo come prova di lealtà, sia– mo divenuti immemori del fatto che vi sono due specie di anticomunismo, una delle quali è amica e l'altra ne– mica della libertà; che vi è un anti– comunismo liberale che combatte il fuoco con J'acqua e un anticomunismo autoritario che combatte il fuoco col fuoco; che il primo ha salvato J'In- ghilterra dal totalitarismo di destra e di sinistra, mentre l'altro ha gettato molta parte dell'Europa nelle braccia del fascismo. Dopo la prima guerra mondiale, in un periodo pressoché simile, Lenin scriveva: « ... quando la borghesia americana, avendo perduto completamente la te– sta, getta su migliaia e migliaia di gente il sospetto del bolscevismo e crea un'atmosfera di panico, diffon– dendo dappertutto menzogne allar– manti su complotti bolscevici ... noi dob– biamo riverir(!. e ringraziare j signori capitalisti. Essi lavorano per noi». Finché non avremo riacquistato il nostro equilibrio e il nostro senso del– la prospettiva, noi possiamo "tranquil– lamente rinunciare a salvare dalla di– struzione popoli antichi e saggi. Non vi può essere dubbio che noi riacqui– steremo il nostro equilibrio. Noi lo riacquistammo non soltarrto nel pe riodo a cui si è fatta allusione qui sopra, ma altra volta in passato al tempo del Presidente John Adams. Quando la parola di odio era « demo– crazia » e non « comunismo » e una prima edizione francese della quinta colonna destò i risentimenti e le pau– re che condussero ad un'aberrazione autoritaria. Il problema è tutto qui : riacquiste– remo in tempo il nostro equilibrio e il nostro senso della prospettiva? li mondo non sta fermo mentre noi lottiamo per liberarci dalla nostra de– lusione. V i è i I pericolo che la nostra politica attuale, se continuata a lungo, possa spingere la Germania e, forse, il Giappone ad entrare nell'orbita ci– no-sovietica piuttosto cl,e ad allonta– narsene - ciò che può farci perdere l'amicizia dell'India e dei popoli in riscossa che sono per ora indecisi. Aspetteremo che le parole « America torna a casa! >> siano scarabocchiate su tutti i muri nei paesi in cui noi cerchiamo degli amici, o riacquistere~ mo in tempo la nostra chiara visione e il nostro coraggio, in modo che que– sta nostra grande nazione possa adem– piere le promesse della sua stessa po– tenzialità, vasta e creatrice? JAM~S P. WARBUIIG (Diffusione per cura del World /11ler– J1reler di New York). NOTA. James P. Warburg, noto in– dustriale, finanziere e pubblicista, è stato vice direttore dell'Ufficio Infor– mazioni di guerra americano durante la seconda guerra mondiale, ed è au– tore di vari libri ed opuscoli notevoli per la chiara e rigorosa impostazione dei problemi internazionali. NUOVA REPUBBLI flVIIWDICINA.Lll POLITICO Esa il 5 e il 20 di opi mese in ottoo piùpa,ine Comitato Dir•lliw: P.CILEFFI - T.COOIGNOLA - A.GREPPI - P.YITTORELLI Se&r•lario di redasion•= G.fAYATI R.do~ ion•• Firenae, Piana della Libertà, 15 (50998) Ammini•lr••i•n•: Fittnae,Piuu lndipadenu, 29 (183207-08) Abb. annuo (Italia e Francia): L. 850, semestrale L. 450, trimestrale L. 250 (Estero, rispettivamente, 1100, 600, 300). Abb. sostenitore: L. 5000. Sottoscrizione mensile: L. 200. · Un numero ordinario: L. 35 (ESlero, f5) Un numero arretrato: L. 40 (Estero, 55) Un'annata arretrata: L. 1000 (ESlero, 1200) • o/o pottala S/6261 (L• Nuor,e ItaUo) 1'-'innae Autorlu, 111,t Trib. lii Flttnu n. 178 dtl 80-12-1962 Stabilimenti tipolitografici Vallecchi Firenze, Viale dei Mille, 90 Responsabile: Trh/11110 Codizno/,1

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