Nuova Repubblica - anno II - n. 14 - 20 luglio 1954

sta dell'autorità politica europea. Ma già abbiamo discusso, di queste con– clusioni, il presupposto primo, quella della forza politica. Intendiamo pet forza politica la scelta ideologica e le affermazioni pratiche, di propaganda, e di seguito sociale ed elettorale. In Italia, la questione si pone ad esem– pio così: che cosa pensa di fare la UlL per smantellare, grazie alla sua operosità sul piano europeo, l'ostilità e la diffidenza dei militanti della CGIL? e per vincere, sempre su questo bastio– ne, la più vantaggiosa esibizione della CISL? Basta esporre la questione, per sollecitare un pudibondo silenzio. Ma che la vera difficoltà sia quella della for,a e della unità politica del socialismo occidentale, a noi è apparso da un incidente del Congresso, che la stampa quol'idiana ha passato sotto si– lenzio per amore di semplicità, ma a cui in sede critica deve essere dato tutto il suo significato. L'incidente è l'impossibilità, in cui si t:: trovata la Commissione per le proposte di una politica europea, di pervenire ad una conclusione concordata, e presentabile al voto cieli' Assemblea. Abbiamo letto la relazione del socialista olandese Vos, e il progetto di risoluzione (insabbiato in Congresso) di questa commissione. Esse concordavano almeno in un pun– to, che J' Assemblea avrebbe certo re– spinto, poiché non era 1 comunque, un convegno di folli: la « liberazione » dei popoli sottomessi alla dittatura fa. scista e comunista. Ora. intendiamoci: è impossibile, per un socialista, non proporsi di influire sulla condizione di milioni di oppressi. Come sarebbe al– trettanto obbiettivo, che un socialista ammettesse che la soppressione dei privilegi di classe è un fatto compiuto nelle democrazie popolari e in URSS. Ma il problema da porre, nella assur– dità della politica di «liberazione» (occorre sia Churchill ad insegnare queste cose a socialisti?), è un altro: è quello del negoziato di coesistenza, della elevazione del tenore di vita in occidente. della influenza economico– sociale di una zona sull'altra. t; im– .pos~ibile oggi porsi la questione della crociat~1 liberatrice. senza trnpassare im– mediat~mente dal socialismo al fasci– smo. Ebbene, la risoluzione di cui par– liamo proponeva innanzitutto la << li– berazione ». Ci accuseranno di formalismo. dt let– teralismo? on sarebbe esatto: se le nostre informazioni non pecrnno. quel– la formula pro,errebbe dall'influenza. in commissione. dei partiti socialisti orientali in esilio. E, diciamolo franco. nell'animo di queste nobili vittime. essa ha pienamente senso: m1 non è una formula politica. Ci sembra almeno al– trettanto ingenua. di quella esco~itata dalla mozione politica generale di Mi– lano. approvata alronanimità. che v110- le illudere qualcheduno sulla possibi. lità, che la CED procrei da sola la restituzione pacifica della Germania orientale da parte dell'URRS. L'immaturità e l'inconcludenza delb tommissione che avrebbe dovuto pro– porre una politica alla sinistr:t europc. (le altre mozioni. eccetto quella econo– mica. si riducevano a un mes.,.ag~io. ed a un:1 risoluzione cediste, tipicamen– te non socialiste) ci hanno dato il se– gno. non già che la sinistra europea sia un progetto sba~liato; ma che è an– cora, o poco più, allo stato di proget– to; e ci hanno anche risuscitato il fa. stidio e lo sdegno per il puro verba– lismo politico, che ha permesso. in queste Aiornate, a dei valentuomini. di passare ore ed ore a discutere i termini di proposte conclusive che non indi– cavano nessuna azione. Alla fine, noi attendevamo davvero qualche cosa: di più semplice. magari di autenticamente idillico. Ed ecco. saliva alla tribuna un uomo ,ciovanile, serio e malinconico il volto. La sua voce. antica e nota, ci parve un·altra, nell'aristocrazia impron 1 isa della pronunzia della erre, tramutata, a sorpresa. da quella italiana ed ibe– rica, che gli è naturale, in quella fran– cese. Quell'uomo parlò; e ci traspor– tava nel regno della sagi;ezza, della ragione, o, come diceva per civette– ria, del « buon senso». L'Europa, pro– metteva, avrebbe vinto: il buon senso vince sempre. Poi fu impossibile trat– tenerlo; l'ondata della tradizione uma– nistica europea lo aveva afferrato; ci– tava tutto l'indice del nostro manuale di storia, i greci e Roma, il Rinasci– mento e l'illuminismo. romanticismo e socialismo, Sant' A~ostino e Leonardo, •Saragat, e ancora Saragat. .Er:i lui, ora, che teneva avvinte tutte le anime· po– veri amici nostri, Zagari e Paresce, non lo avevate supposto? Era lui: ci ricon– "-egnava ai vecchi libri. alle citazioni temerarie della prtma scuola; cosi te– merarie. co~i svolazzanti, che dilegua- NUOVA REPUBBLICA lnduslrioli, m nopoli e re stroordinorie Il convegno, a Parigi,dei " gigantidellabeneficenza " • Sul progetto di leggeper l'abolizione d lleorestraordinarie: temidell'opposizione i dustriale e necessità diunapro– spettiva operaia perchè lamisura non si limi ti a.un se mplice e passivo razionamento dilavoro. D ALLA GAZZEHA DEI LAVORATORI del 6 giugno, settimanale edito a Roma a cura ciel Centro Assi– stenza e Perfezionamento tecnico-pro– fessionale nell'Industria, veniamo infor– mati che nella prima settimana cli giu• gno si è a, uta, a Parigi, una « caratteri. stica » riunione degli indµstriali di tutti i paesi del mondo occidentale. L'affret– tato resocontista ci tiene ad affermare, ripetendolo due volte nello spazio di quindici righe, che si trattava (forse per questo la riunione eb caratteristi– ca) di quegli « industriali, i quali hanno la responsabilità cli produrre tutto ciò che è neressario alla vita ed al progresso di almeno 460 milioni di esseri umani ». Orbene, questi giganti della beneficenza avrebbero avuto t<11to il diritto - fa capire l'articolista - di chiedere ai loro rispetti,·, governi particolari agevolazioni e cioè la J1- fesa dei prezzi. la restrizione della con– correnza, le sovvenzioni statali e i prov"edimenti protez1onistic1 (con1e se questo non fosse quello che in ef– fetti ottengono ormai da tanti anni dai governi); invece « hanno chiesto che sia consentita la maggiore libertà negli scambi, la maggiore libertà nella concorrenza, purché questa non diventi cannibalismo; hanno chiesto che chiun– que possa essere libero di assumersi la responsabilità di una impr<sa e che lo Stato non intervenga a modificare le condizioni normali della vita econo– mica aziendale». « La concorrenia. infatti, - prose– gue in tono ormai cattedratico il nostro resocontista - tende a ridurre i prezzi, costringe ad tmo :,forzo costante di mi– glioramento e soprattutto seleziona gli uomini. Però lo Stato non deve inter– venire nel processo produttivo e far sentire il suo peso creando mono– poli ... ». Chi avrebbe mai supposto uno spi– rito cosi sportivo fra gli industriali? Si ritrovano insieme,· piccoli e grossi, pescecani e pesciolini, ed è naturale che tuonino d'accordo contro un ,on– corrente pericoloso. lo Stato impren– ditore, o contro un interferente noioso. lo Stato controllore: questo è infatti un monopolio o un peso disequilibra– tore di quell'armonia che regna tra i concorrenti privati, in quanto intro– duce nel giuoco agonistico della con– correnza economica fattori non econo– mici ma politici (anche la politica, cioè l'autorità, come la proprietà privata, crea ricchezza). Ma se poi· si· va a vedere di quale armonia si tratti, si rimane cli.J>rin– cisbecco. Perché, il guaio è qui, esi– stono anche i monopoli privati. La FIAT, la Montecatini. la Edison. la Pirelli, la Soia-Viscosa, per citarne al– cuni, non sono forse degli Stati pqten– tissimi entro lo Stato? Con la diffe– renza - puramente formale in realtà vano nel nulla. JI Congresso finiva ton un sentimento autentico, finalmente, quello di un lieve, caro abbandono nel vuoto: Risuonavano, in sala, con una strana orchestrazione estetizzante, le note, ridotte anch'esse a dolcezza, .di << Bandiera rossa ». Ci parve che questa, la parodia del socialismo, fosse la vera realtà; e che certe rosse imma– gini di socialismo allo sbaraglio, di– sperato, l'eterno socialismo, J'assassinio di Ros·a Luxenburg, la Camera del la– voro di Torino che brucia, Schuma• cher muti lato. Matteotti, tutto questo, non fosse mai stato vero, o non era più vero. Sant'Agostino, Leonardo, Sa– ragat, e ancora Saragat. - che non è pii, il potere· politico che crea quello economico, ma l'in– verso. Il risult:1to però è lo stesso. Qualunque cosa si pensi dello Stato, bisogna però riconoscere che esso si è dato una parvenza democratica scioglien. do alquanto il potere centrale o facendo– selo delegare dai cittadini; mentre i mo– nopoli privati, e tutte le aziende indu– striali più o meno, mantengono an– cora una struttura dittatoriale o oli– garchica o aristocratica per nulla cor- . rispondente alle forme politiche dei paesi occidentali. E ciò naturalmente a danno dei lavoratori, i qc.ali, vivendo la gran parte della giornata nelle fab– briche e dipendendo la loro vita dal destino cli esse. fini!-con0 con l'essere più «..ondizionati dalle strutture a7itn• dali che da quelle civili. E questo non s<>loin qualità cli produttori dipen<len– tt. rna anche in qualità di consumatori. Così. ad esempio. come può a,•ve– nire <.he il lavoratore venga per un qualsiasi motivo licenziato (l'impren- VITA DI FABBRICA ditore ha, in questo, la m,tssima libertà di iniziativa riconosciuta dalla legge) e cioè praticamente condannato alla morte civile, può anche avvenire che il cittadino italiano con basso reddito non possa concedersi il piacere di una automobile utilitaria perché la l'IAT non ha né la convenien,a di produrla né quella di farla produrre e mettere in vendita a preni impossibili da altre fabbriche concorrenti, le quali vengono diffidate, pena il taglio dei finanzia– menti e dei crediti, dal procedere ad una produzione in serie. Allora questo ci fa capire che i di– scorsi degli industriali raccolti a Pa– rigi nella prima settimana di giugno siano i soliti discorsi evasivi di gente che, avendo perduto il ruolo di classe dirigente, ne sta godendo ancora i frutti facendo leva, per resistere, sulla forza di un'opinione pubblica che an– cora purtroppo li sopporta. D A q11mulu il go, erno ht1 ,111111111• cit,10 di 111 e,-e poJ/o allo Jt11d10 1111progello di leg.~e i11teJo '"' proibire il ricorro metodico nlle 0l'e straordill(ll'ie nelle aziende i11d11Jtriali, la s/amj,n i111oesst1taha iniziato mM campagna, del rnto /n·e,•edibile, co11- lro il progello i11q11es1ione. L't FORMAZIONE INDUSTRIALE(a. X 11. 20): « le o,.e Jlr11ordi11arie J0II0 per 1110/Je i11d11J1rie 1111 ele111enJo 11eceJJflrio pe,- ,ùtabilire 1111a JÙ1cro11i.1 fra q11eilo o q11ell'n11e/Jo 11ellr1 C(l/e,u1 prod11ttiw1 >>. Argo;11en10 tecnico. J\1apitì ava111i ... : « U110 dei /"110.-i che p11ò avere in– f/11ito ad aureuere le ore Jtraordi11,1• rie è la l'igidit,ì e I' allo COI/odel mer• calo del lt11wo, rhe di per sé co– Ilil11iue 11/1(1 remora a nuove aJS1111zio- 11i.Q11a11do ad ogui 1111ovasJ1111zio11e conùponde 1111 compleSio di oneri, d, · obblighi, di preocc11pazioni per s11cces– sivi allegge.-imenti, è inet'Ìtabile che ad nigenze di carallere co111i11ge111e ed eccezionale, 1i p,·ovveda con Jlraordi– nari anziché con a.uu11zio11i ». PoIJiamo vedere l'immediato ripie. gamenlo da 1111 piano eminente tecnico come l'orgm1izz11zio11e del l,11101·0 t1 q11ello 1110/10 f,itì rcmpliciua e, 10/m1t- 111110. /1itì i111111cdia10. f! 1111a1euhia lame111ela rhc ~I, md11,1ria/1 na110 /110 u a ogni oaa,ione, per rm/accimc • q11,ui i « I,1e,-ifici » che essi caJ11.pio110 per la Patria, la Nazione, ecc. Q11ando però dal discor10 generico pauano al parlicolare Ji JCopre immediata111e111c I" coda di pagli": in/alfi, pro1eg11e11do nella le1t11ra,trovùuno: « ... il 111t1g• ,;iore coJIO del laroro Jtraordiuario è di per sé 11na remora alla richieslt1 di effe11uazione di ore supplementa.-i, ol- 1.-e " quelle nomuti i del 'orario di lt1- 1•oro ». E allora vediamo: 1111 lavoratore che tavorasse la domenica avrebbe sulla paga una maggior(lzioue diurna del 40%, che è poi il ma11imo dello Jlr,10t'di11ario. M,, ,1t1e11zione. Q11eJtodi J,ùì si (lf,plica solamente 1111111a /Jarle dalla f,aga che rice11echi !ttt•o.-a.euendo i collimi. i premi di prod11zio11e, le i11- de1111i1à di poJlo, ecc., eul11Je da qllC'• Jlo conteggio. Quindi q11ef/o JamoJo IO o/(' (caso masrimo) in realtà id- 1,enla molto meno: i11oltre il « co– f/o >> di ogni om di la, o,·o no~ è r"pprese,11a10 1oltanto dalla pa– ga che riceve chi latorfl, 11u1 ci .ro110 a11cora drt aggiungere i co11- 1rib111iIociali, le JPeie generali, che in alcuni JJabilimenti ind11Jtriali rag– gi1111gonodelle p11nte ele1Jatiuime, fino al 4/500%. Co11c/11sionedel discorso è che, f,uendo 1111'analiJi del rflgio11a- 111e1110 of/erJoci dagli i11d11strir1li, ri11- .rcia1110, Jemmai, t1 .rcoJn·ireil perché Ii ricorra cosi JiIJematicamenle allo !ll'ftardinario e lo Ji difenda co11/anta pauione. EIJo è 11110 dei mezzi a di– s/)0Iizio11eper realizzare 1111d elle Ji111- 1c Jpec11lazio11i d 1 i111ereJJe immediato, ,·,,a po11ibile p,-oprio dall'i11sufficienza delle paghe e. del lavoro e dalla p,·e– Je11z,1di q11e/J' « a,.mala di riJerl'a » cui già acre1111ammo in q11uta ,-as– .regn,,. Del ,-,sto si po1rebbe chiedere come mai queIIO fenomeno 11011eiiJta in America, il paese al q11ale ci richia– mano Iempre i 1/0Jlrii11d1111rir,li, q11a11- do gli conviene? Gli è che là 1trao.-dinario non è 1010 il !t1110,-o. ""' anrhe I" paga. Chi lo compie tiene Pt1galo1111a vol1,1e mez– za. e muhe due_. Jr, paga reale che ,·i– cere 110,-m"l111c111e.... BaJ/e,-ebbe una modifica di q11e110genere nei noJll'i co11J,-alli di la1•oro JJe,·rendere i,1111ile il ricono all" legge in p,·ogetto. Ma pre11dit11110 111 filtro giornale, la GAZZETTA DEI LAVORATORI (a. VIII 11. 21) e leggiamo: « /11 economia è Jempre e,.,-o,-epreocc11pa,-Ji del co111i11• gente dimenticando il /11turo. A que– II0 f,,cile errore 1•a.a11rib11ito anche il provvedime11to 1 che è I/alo a1111111uiato, di 111uiriduzione forzata de/Je ore slrtt0rdi11arie. P. 11010 i11/t11ti che le ore Jlmordi11rtrieIono neceJiitrì per q111d- 1irui aziend,i j,er regolare e JÙ1cro11iz– zal'e il lat•oro di 1i11goli st11didi lal'o– rflzio11e o pe,· Joppe,·ire ad eiigenze /1a.-1icolarie di bret•e d11rata. Senza le ore Ilra.ordi11arie è da p,·eJJonereche i11 definititrtt Ii acc,.euano i coJJi di p,-o. d11zio11e cioè Ji di111i1111iJcano le p;J. sibilità delle azie11de. Il che significa 111i110,· lavoro e q11i11dimhnre occ11pa– zio11e. Un III/J/J0IIOvantaggio lra11Iilo– rio ha, per conlroparlit,1, 1111 IÌCuro da11110per un domani un poco più lontano». Coiti, ancora coJti. Ornu,i 1u1ti i /,roblemi hanno q11euo sfondo, q11es1a cost<mlemin"ccia di 1co111•olgime111i so– ciali e economici Jn·oroca/,1d11i coI/i. Af,, è un rì/er1me1110 , u/ quale ,·e1Jr1 difficr/e fare delle indagini, h,,, 01/a- 5 colate dalla d;Je,a della p.-oprielà aziendale e priva/11. Perrhé sarebbe molto 111ilee proprio nell'iNteresse del paeie, coJJJlataredi quali rlemeuti Jia- 110 in realtà compoili q11esti costi. Q11a1110 cÒJlano i 111elodiu111iq11a1i d /"11orazio11e,macchine i11ad"11e, .scar1,1 o i11elficie11Je organizzazione del lavoro, i11rap,1citrì Jecnicfl dei dirig<111i,rialzo ""tificioso del p.-ezzo dei p.-odo11i,ere.' 'f'1111e cose queste che incidono, e come. .r11icoJli e J111lequali Ji 11umtiene il più geloso segreto! P oic1-rn' questa s1luazione è scon# tata a priori, non sarà inutile ve– dere come si possano deformare certe situazioni e il loro significato, pur facendo finta di volerne invece va– lorizzare tutta la portata. Su CRONA– CHE, per es., A. Conigliaro, scrivendo in appoggio al progettato decreto legi– slativo, dice che esso introdurrebbe « una cosi profonda modificazione della attuale situazione operaia.... da deri– varne un profondo, decisivo, sollievo dei senza lavoro .... Ma per duscirvi bisogna contare sull'operaio che oggi fa dello straordinario. Perché. in ultima analisi. è su di lui che "err.J ;i cadere il peso di questa specie di rationamen– to del lavoro. è la sua busta paga che ,,Ila fine della settimana verrà decur– tata di una certa aliquot.1. E non ba– sterii dirgli che il danaro non wnte– nuto nella sua busta paga ,·err,i ver– sato nelle mani di altri suoi compagni di lavoro, che, dopo tanta attesa, sa– ranno fatti entrare nell'officina assieme a lui .... ». Il C. ritiene che senza l'appoggio di Di Vittorio, Togliatti e Nenni la col– laborazione degli operai sia molto dif– ficile. li discorso del C. è reso possibile dal fatto grave che l'iniziativa del rifiuto di compiere lavoro straordinario non viene dal mo"imento del lavoratori. Essendo un decreto ministeriale gli manca tutta la documentazione operaia e il carattere di un atto di volontà, che ,·uolc essere un mezzo di lott:1 per lo sviluppo di migliori condizioni sociali. li « ges.to >> di non fare straordinario non deve essere un sacrificio fine a se stesso, un contributo operaio a risolvere le difficoltà che incontra l'organizza– zione sociale attuale e a profitto 'l'.!ial– uni elci diserec!;,ti: quello sarebbe un bel gesto, umano fin che si vuole, ma passivo. Poiché non rimuoverebbe af– fatto le cause cli questa situazione. ma anzi si inserirebbe totalmente in una 1..oncezione « caritatevole »; che non è' di lotta, ma di rassegnazione nel soppor– tr1re il male un poco di più per eia• scuno. Il · basta · alle ore straordinarie deve essere un atto di solidarietà e di giusti– zia: ma deve essere anche la condi– zione necessaria per provocare la ri– chiesta di aumenti salariali, resi neces• sari dalla mancanza di quell'aumento illusorio che è rora straordinaria. li 'basta' allo straordinario è la fine di una condizione di anormalità organiz– zativa: ed è anche i) contributo ope– raio al riordinamento tecnico dell'in– dustria nella richiesta di fluove energie e nuovi criteri di lavoro. che non siano più basati sullo sfruttamento della ca– pacità produttiva individuale, ma ,·olti a impiegare nuove mal.chine e nuove energie tecniche. Sotto questo sviluppo di azioni attive c'è il concetto del– l'inter~ento diretto della classe operaia nella gestione della fabbrica e della società. E in questa prospettiva sarà certamente esciusa la << rassegnazione » e avremo la garanzia che la fine del– l'indecente ricorso allo straordinario non sarà un semplice provvedimento amministrativo, un passivo « raziona• mento del lavoro», rr.a un atto di co– scienza ciel mo,·imento dei la"oratori. C, !, I, '

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