Nuova Repubblica - anno II - n. 14 - 20 luglio 1954

/ . • B , 4 LASINISTRA . EUROPEA N EGLI ultimi mesi, e soprattutto pri– ma e dopo il Congresso Nazio– nale del PSDI, la sinistra di questo partito si è data d'attorno per dimostrare che assolveva davvero al– l'impegno propagandato, e più volte confermato: di essere lo stimolo della maggioranza sulla via del socialismo; 9uanto. ai compiti ordinari di governo, 11 parhto poteva ora camminare sulle sue gambe. La nuova iniziativa della sinistra si presentava, alla mente dei suoi capi, di vasto orizzonte. Si trattava di con– durre infine anche la socialdemocrazia italia?a a pr~nçlere posizione sui pro– blemi europe1. Dato e scontato ormai il cedismo dei socialdemocratici, pote– vasi ancora distinguere tra un cedismo generico, riarmista, e « funzionalista » (come si dice nel linguaggio dei fau– tori della Europa unita), e un cedi– smo condizionato, inquadrato in un orizzonte politico, e sulla previsione economico-sociale di un mercato unico europeo. Non vogliamo dire con que– sto che la sinistra socialdemocratica scoprisse terre incognite: questa for– mulazione socialista risale ai primi federalisti, ed è stata ribadita ogni volta che dei socialisti hanno assunto posizioni europeiste. !l sempre qualche cosa, tuttavia, di fronte alla vacuità assoluta dei voti pro Europa federata, buttati al vento in Italia, su sempre identiche mozioni, in tutti i congressi di partito. , L'azione così programmata trovava uno sbocco naturale, nell'esistenza del Movimento socialista per gli Stati Uni– ti d'Europa. Questo movimento non è una entità internazionale importante, in quanto gli orientamenti generali dei partiti socialisti sono indicati dall'Inter– nazionale, e vengono poi applicati o non applicati dai singoli partiti nazio– nali. Ha tuttavia una caratteristica di: stintiva rispetto all'Internazionale, ed è che, in questa, la voce dominante è del_ laborismo britannico, mentre la guida d_el « Movimento » è, evidente– mente, 10 mano franco-belghe. L'esclu– sione degli inglesi è ovvia, dacché i socialisti inglesi non hanno interesse agli Stati Uniti d'Europa, né se ne occupano; essa ha tuttavia, come con– seguenza, da un lato il cedisrrio senza alternative del «Movimento»; dall'al– tro un rigorismo socialdemocratico, non privo di istanze liberali schiette, del resto, e marcate, che si caratterizza sia nell'influenza che è qui più sensi– bile dei partiti socialisti orientali in esilio, sia nella ost-ilità, chiaramente manifesta, per regimi che, per essere ambigui, sono indubbiamente sociali– sti. come quello jugoslavo. I nostri amici Mario Zagari e. Re– nato Paresce hanno preso su di sè la fondazione della sezione italiana del « Movimento »; trovati pochi denari, hanno· posto mano ad una rivista di propaganda e documentazione, « Sini– stra europea »; e per questa via hanno preparato a Milano, per i giorni 9-11 luglio, il VII Congres~o internazionale del «Movimento». Non· sappiamo quanto il loro progetto, di instaurare tra noi un nuovo « corpus » federa– lista, possa piacere ai « federalisti » ufficiali. Il probabile che questi, per la lo:o più solida intelaiatura, pensi– no d1 assorbire o comunque di neu– tralizzare facilmente la concorrenza del– la « sinistra europea >>, sezione italia– na. Neppure sappiamo, con precisione quali sforzi Zagari e Parcsce abbian~ dovuto affrontare- per ottenere la indi– spensabile (anche e soprattutto finan– ziariamente) collaborazione del Partito. Certo è che sinora sono riusciti a non farsi assorbire dal .M.F.E .. e a farsi assegn~re dal partito i fondi (quattro m1ho_ni, se non siamo male informati) per ti Congresso di Milano. Il vero che poi al Congresso di Palazzo Rea– le, il partito li ha lasciati soli; e men– tre André Philip parlava di zone de– presse, di piani edilizi « a Sei », di piena occupazione ecc., i nostri migliori temi_ci sodali_sti, gli autori delle più pre1?1ate inchieste. i responsabili del– l'edilizia ~azionale, i Vigorelli, i Tre– mellon1, i Rom1ta, non comparivano. Solo·_l'ult_imo gior_no, per la coreogra– fia d1 chiusura, s1 videro i due inse– parabili, Saragat e Romita. al tavolo della Presidenza: e Saragat evocò da par suo, alla tribuna, Milano, non già, come si ~uol dire, centro di frementi iniziative economiche; ma « domicilio d_i grandi pensatori », da Sani' Agosti– no a Leonardo _Da Vinci; Milano .... I L compito della . sinistra europea è autentico e seno. Nessuno si il– lude oggi, che, se per• una serie di ipotesi del tutto opinabili ma non impossibili, al termine del 1955 si do– vessero tenére elezioni europee, per la nomina dell'Assemblea 'della CECA e della CED, la maggioranza non sareb– be tranquillamente « vaticana » e « ca– pitalista ». Claude gourdet ha pubbli– cato nell'Observate11r {27 maggio) una tabella al riguardo costruita sui dati elettorali ultimi dei « Sei paesi » : la concentrazione dei voti democristiani e di destra raggiunge da sola tran– quillamente, il 55 per cento; qu;lla dei voti dei socialisti democratici, dei ra– dicali, dei liberali, non arriva al 25. !l vero che non è punto necessario al– leare, come fa Bourdet, i democristia• ni con le destre e le estreme destre: ma and1e a voler creare un « quadri– P3:Iti~o » su basi europee, i democri– sltant sarebbero comunque predominan– ti. Al Congresso di Milano, Spaak ha cercato pi controbattere questa previsio– ne scoraggiante, osservando che essa è di corte vedute: a suo avviso la sta– bilità dell'egemonia democrisÌiana è così poco fondata, che già nel Belgio è superata, dalla presenza di lui stesso agli Esteri, e in Francia, da quella di Mendès-France, che vi ha scalzato la « lignée » dei Bidault e degli Schu– man. Ma Spaak non teneva conto del fatto che, invece, è proprio a lunga portata che la Democrazia cristiana tende le sue radici e le sue propag– gini : m Germania, non è mai avve– nuto che i socialisti sorpassassero il 33 per cento degli elettori· in Italia allo stato attuale dei fatti, 'un declin~ democristiano sarebbe non già il segno dt una potente xipresa radicalsocialista ~a di una decisiva spinta socialcomu: msta. Pertanto, il processo necessario a ridurre il potere clerico-moderato è lento, di lungo periodo, e richiede, se non sbagltamo, una preparazione tem– pestiva. Per questo, secondo noi l'idea del « Movimento per gli Stad Uniti d'Europa », di predisporre un attivo in– dirizzo ~i « sinistra europea », che rac– coli;a, dietro la guida socialista, anche 1 ltberali di sinistra e i radicali è davvero. interessante. Noi crediamo 'pe– rò che 1I suo compito sia molto com– plesso, perché esso coincide almeno approssimativamente, con tutt~ la revi– sione ideologica del socialismo occiden– tale. D I che si tratta, infatti? In breve, a nostro avviso, il fatto è questo. L'idea di una modifica sopranazionale delle strutture statali borghesi non è affatto nella tra– dizione socialista. Il socialismo mar– xista ~on conosce le formule soprana– z,onal1, ma quelle dell'internazionali– smo proletario. Di più: la sua inter- • pretazione materialistico-storica delle tradizioni europee (salvo che nel flori– legio della scaletta saragatiana) richie– de tutto un mutamento di registro, 'per inserirsi nell'autocritica borghese dello stato nazionale, e forzarla a conclusioni socialiste. Noi non vogliamo dire per questo che vi sia, fra socialismo e so– pranazionalismo o federalismo europeo, una invalicabile contraddizione: voglia– mo dire, invece, che il federalismo è accettabile da socialisti nella misura stessa in cui essi mutano la tecnica della lotta di classe, adeguandola alle st~utture moderne del capitalismo, e mJrando tuttavia, come termine mai obliabile, ai fini stessi che il marxismo proponeva, lo svuotamento di « pote– re » del capitalismo privato. In Euro– pa, dobbiamo dire (parliamo della Europa dei Sei) che un solo partito so– cialista ha sinora mirato coscientemen– te a questa « revisione » e a questo fine: l'S.P.D. I socialdemocratici tede– schi sono appena all'inizio della loro lotta, ed hanno subito bruschi arresti : ma la cogestione ad ogni livello, che essi si propongono· come programma massimo, sorretta da un controllo sin– dacale, tende praticamente allo svuota– mento e al controllo totale del potere del capitalismo. Purtroppo la prima tappa di questo processo, quella azien– dale, sembra oggi così consolidata. e soste~uta da governo e padronato con- I otec B an ~UOVA REPUBBLICA cardi, da mettere l'S.P.D. e il DGB in serie difficoltà per una ripresa dell'iti– nerario intrapreso. Tuttavia, la via è importante, anche se non è l'unica pos– sibile: e solo in Germania comunque il tentativo si è fatto, (e forse lì solo poteva iniziarsi, dacché lì solo il par– tito sociali~ta democratico è un partito di massa). Non si dica che queste mete sono, invece, in cima dei pensieri del socialismo belga, che ha lasciato, nel nuovo governo, tutte le leve economi– che in mano dei liberali; o in Fran– cia, o in Italia, dove, egualmente, con– s~~era;ndosi « arrivati » in quanto par– titi d1 governo, ed avendo strutture di opinione pili che di massa, di ceto medio prima che di rappresentanza , operaia, i partiti socialisti conducono soprattutto della politica di «apice», di manovra: non cli conquista del po– tere dal basso. Ora, il primo paradosso sarà intanto questo: che il solo partito autentica– mente socialista, nel suo sforzo di rin– novamento dei metodi della lotta di classe, che si conti tra quelli dei 6 Paesi, è, per mÒtivi plausibilissimi an– ticedista, e in generale contrario ' (co– me è stato ripetuto ufficialmente nei giorni scorsi) ad illudersi che le pa– nacee sopranazionali e federaliste val– gano a smorzare e dissolvere il mili– tarismo tedesco. ~ un paradosso; sco– rags:iante: non tuttavia insuperabile. Il compito dei partiti socialisti in un·Europa che· si costituisse comunque accanto a loro (infatti sinora essa non si è costituita per loro iniziativa) sa– rebbe proprio quello indicato a Mila– no da André Philip: il superamento di quelle « istituzioni specializzate» senza controllo politico valido, capaci di riconfermare tutte le incrostazioni di potere capitalistico e di ristabilire l'egemonia dei produttori sui consuma– tori su piano più ampio che non su quello nazionale. Dovrebbe, quel com– pito, mirare ad una pianificazione de– gli investimenti e dell'occupazione, del– le pubbliche imprese e della qualifica– zione operaia; ad una comune politica doganale e delle valute. E tutto questo comporta, poi, inevitabilmente la Co– munità politica, regolatrice indefetti– bile di quella militare. e delle agenzie specializzate che nel frattempo si fos– sero instaurate, dopo quella del Car– bone e del!' Acciaio. !l ben vero che anche in questa materia, e cioè nelJ'ini– z~at~v~ di_ una Comunità politica, j so– oalist1 si sono lasciati sopravanzare dagli statisti democristiani: tuttavia ~ssi sono ancora in tempo a prender~ m mano questa bandiera, a pensare la comunità politica come la soprastrut– tura, che opera su una struttura eco– nomica socialisticamente intesa. A queste co11dizioni, così colossali d(t far trem11rele 11enee i /1olsi ad ogni /10litico e ad ogni socialista, l'Europa h11un senso socialisia. Altri– me11ti,essa è indubbiamente il contra– rio, il peggior nemico del socialismo e della classe operaia. il r"fforzame11to delle di11,,stie borghesi, /'msolult1 di– /1e11de11za d gli Stati U11itii11polilict1 esteffl, 11 oltl'anzismo 1mti.rovietico s/11- bilito, come mezzo non dfrhiaralo, ti! servizio d.ella rit•incita 1ede1ca. Noi crediamo che questi pericoli, ed i rimedi conforrni 1 siano dinanzi agli occhi dei migliori socialisti del « Mo– vimento» riunito a Milano la seconda settimana di luglio. Per quel che ri– guarda 1'Jtalia, tuttavia, non vorrem– mo che il diversivo europeistico allon– tanasse la sinistra del PSDI dal suo vero compitò, che sarebbe di persua– dere, con una politica italiana, le mas– se operaie italiane che, nell'ambito europeo, esiste qualche possibilità so– cialista. Non siamo qui a disconoscere che i ministri socialisti abbiano inco– minciato a concretamente operare, fa– cendo pagare le tasse ai borghesi, o mediando dei conflitti di lavoro. Ma è certissimo che essi non si propongono, (,er ora, la minima riduzione di potere della borghesia; e che, dopo Napoli, c'è rischio che siffatto proposito sia già passato in parte alla maggioranza democristiana. Ora, sintantoché il bar– lume almeno di una persuasione po– polare circa le possibilità socialiste . dell'Europa non è suffragato, sul piano nazionale, dall'azione socialista dei par– titi socialdemocratici, l'idea di costitui– re e rafforzare una « sinistra europea » resta una vacuità. Rafforzarla signifi– ca, in parole brutali, portarle dei vo– ti. E dove ricavarli, se non da1le mas– se lavoratrici nazionali? Si dirà che vi sono pure altre fonti di elettorato: il ceto medio, le classi professionali. !l esatto. E infatti il progetto della sinistra europea è quello di convogliare, dietro la leadership so– cialista, forze radicali e liberali. Ma nella misura in cui sono vere le con– clusioni di André Philip, in quella stessa misura il tradizionale liberismo di radicali e liberali non si lascerà se– durre dagli allettamenti della sinistra socialdemocratica. Ancora una volta, quindi, si pone per Ìl socialismo il compito di fare da sé, di scegliere i suoi elettori nel settore che è suo, quel– lo operaio e tecnico, e di porgli una alternativa di metodo/ socialista, di fronte all'altra, così ormai più codifica– ta anche se illiberale, che è dei socia– listi_a sviluppo leninista. Purtroppo, non abbiamo avuto l'impressione che a Mi– lano si sia pensato chiaro, in questa materia. Nessuna scelta è stata operala, tra il compromesso radical-socialista, che esige grandi- temperamenti a riso– luzioni dirigistiche, e la chiara linea di un socialismo come lotta di classe, il quale, ove adotti dei temperamenti, li calcola in base ad una strategia emi– nentemente classista. Nel primo caso, le alleanze sono appunto quelle della media ed anche alta borghesia critica– mente educata, ma pur sempre e consa– pevolmente liberista; nel secondo, sono le alleanze dei salariati s..degli stipen– diati, ch·e pongono innanzi tutto il problema del potere di chi detiene i mezzi di produzione. Q'uesta è l'impostazione, ci sembra, che avrebbe dovuto affrontare un movi– mento per la sinistra europea, non de– viato e distratto da altri dominanti pen– sieri, come a Milano è certamente av– venuto. Bisogna poi aggiungere, in li– nea di fatto, che le rappresentanze << allotrie », per una sinistra europea, erano debolissime. Si era supposto po– tesse partecipare al « Movimento » qualche figura di sinistra dell'M.R.P., e questo, se ha tenuto indietro, fortu– natamente, il suo Teitgen, ha man– dato innanzi il suo Bouxom, il quale doveva avere scambiato l'assemblea per un comizio di declassati, quando ha sostenuto che se in Europa vi sono og,gi operai che comprano le sigarette sciol– te. domani, nell'Europa unita, tutti po– tranno acquistare il pacchetto intero. Quanto ai liberali, si contavano. cre– diamo, sulle dita. Un liberale di sini– stra si è cercato a I un.~a per scom– messa. e la scommessa si è perduta. I « radicali >> italiani erano l'on. La Mal– fa, che si è trattenuto in Congre so, per ragioni di forza maggiore, clue ore; e l'avvocato Mazzei, intelletto svelto e simpatico, ma senza seF:uito alcuno nel suo esile partito. Quindi, anche sul piano della riuscita di fat– to. i radicali e i Jiberali di sinistra. gli alleati da trascinare dietro al coc– chio del socialdemocratico vincitore a Milano, non c'erano. Questo non· ci Dopo <1uesto nu1nero, « Nuova Repubblica » va in ferie. Ri– prenderà le pubblicazioni alla fine di ugosto, per volgere quindi verso il co1n1>in1ento del suo secondo anno di vita. Non occorrono discorsi 'nuovi': il giornale conta onnai su un pubblico di lettori fedeli, la rete di diffusione può dirsi soddi– sfacenle, la collaborazione, credia1110, sempre più qualificata; tna l'assoluta rnodestia dei nostri 1nczzi rilnane un fatto e non p~rn1e;ttc ~lc~n sfoggio formule. Del resto potren1mo citare più d1 un per1od1co, sorto nel frutten1po in veste lussuosa e con il solito, clungor di trombe, poi rapidamente scomparso e già di- 1ncnhcato. , Quanto alla ilnpostazione di fondo, basterà ricordare come tanti nostri confratelli, che pur si distinguono fra gli altri per in– telligenza e sensibilità, cedano sistematicamente su troppe questio– ni fondamentali. « Nuova Repubblicu », con tutti i suoi difetti ha invece questo orgoglio, di tenere constantemente una linea di ;esi– stenza davvero de1nocratica e socialista, senza perplessità o com– plessi d'isterica paura; forse anche e soprattutto perché nessun grasso finanziatore le sta dietro le spalle. Soltanto lo spirito di sacrificio di amici e compagni garantisce e potrà ancor meglio gu~nntire l'esiste~za e il miglioramento del nostro periodico. J\d ess, du".que facemmo appello: ogni abbonato procuri altri due abbonall, ogni lettore altri due lettori. Buone vacanze. LA DIREZIONE permetterebbe tuttavia di dare per fru– strate sin d'ora le speranze del « Mo– vimento». A BBtAM0 accennato al compito im– mane di una volontà di sinistra europea. Un compito che richie– derebbe, senza dispersione, tutte le forze. Di fatto, al Congresso di Milano, le forze migliori erano rivolte ad altro fine. Nessuno sarà così 1r,alizioso da a/fermare che il Congresso era solo un pretesto, la costruzione di una bella tribuna e di molti « ricevitori », per una manifestazione, senza dubbio rile• vante, di politica internazionale. Ma in realtà Je cose sono andate come il demone maligno fosse intervenuto a questo scopo. La tribuna c'era. e pre– stigiosa: l'oratore, magnifico: Paolo Enrico Spaak, grandissimo avvocato e peroratore smagliante. Solo, la causa era un'altra: quella, e solo quella, d,l– la CED. Non abbiamo in questa sede compito di cr-0nisti, ma di commentatori né staremo perciò a riferire qui le ~go– mentazioni spese da Spaak, e dal suo secondo, Déhousse, per persuadere il Presidente Mendès-France a non porre neppure sul serio il confronto, che egli ha in animo ed ha già iniziato, tra cedisti e anticedisti. Su di esse corre tuttavia l'obbligo di avanzar~ due osservazioni. La prima è che nc.n uno degli argqmenti procedisti soste– nuto alla tribuna di Milano erano di segno socialista. Schuman o Carandini Teitgen o von Brentano, Pacciardi o Adenauer, avrebbero ragionato e ra– gionano negli identici termini. Ora la cosa non ci scandalizzerebbe punto in altra sede: c'è una battaglia cedista, ed ogni argomento (fossero. anche quelli del Papa, ha detto Spaak) è buono. Ci allarma, invece, che fossero sostenuti da quella tribuna; che proprio di lì, dove s1 sarebbe dovuto suggerire al socialismo francese la formula di un compromesso, da mettere sotto gli occhi di Mendès-France per agevolare la sua missione di arbitrato (i socialisti fran– cesi sono pur uomini della maggio– ranza governativa), non una parola è stata detta, se non questa : ratificate perché_ non ~sistono alternative. Epp11,·; Chr111u111 P111e(IJ1 ha ben av1 1 ertito che in Franri<t i fatali 314 voti per la' rati– fica 11011 esisto110; epp11re, Spaak ha be11deplorato che .rillora noll Ji 1ia trovato, app1111to, il << compromesso » tra cedi11110 e a11ticedi11no. Ebbene di– nanzi alla. ,-icerca di MendèJ-F,.;,ue inteJa a queJto fine, i 1ocialùti europei 11011 hanno altro da proporre che l'in– tra1uige11zadi Ade1U111er,· o lo JfJau– i-acchiodel/'altra carta di Àde11auer il riarmo 11azionaletedeuo. ' L'altra osservazione, che deve essere 'Pur fatta. è di carattere più tecnico. Il stato il senatore belga Déhousse, a porre in termini disgiuntivi il destino di Mendès-France; o questi proporrà all'Assemblea modifiche insignificanti al testo del Trattato di Parigi, ed al– lora non sorpasserà una maggioranza nelle migliori ipotesi, di stretta misu: ra,_ che è proprio quanto egli vuole e~ttare. Ovvero otterrà una certa mag– gioranza su un testo profondamente alterato, ma questo verrà ricusato in sed~ internazio_na!e. Con buona pace dell oratore, stimiamo che si troverà sempre in Belgio un altro Déhousse per. far ponti d'oro a qualunque ac– cesswne della Francia alla Comunità europea di difesa, fosse pure sulla base di poteri sovranazionali ridotti come sembra· propongano i socialdemo: cratici tedeschi e molti neutralisti francesi. Non è, infine, per dimenticanza. che non abbiamo detto, sinora, come l'ap– pdlo d1 Spaak, e la mozione in propo– sito votata m Congresso, si rivolges– sero· anche al nostro Paese. Di fatto. pareva che .tutti sapessero che non è il_ v?to dell'Italia che sia dubbio {ora CI si mettono anche i missini e la ra– tifica passa quando si vuole), 'ma quel– lo della Francia. In Italia c'è solo apatia, non articolazione di opinioni sulla CED. I cedisti oltranzisti fra noi, se la prendono con l'inerzia di Piccioni: ma Piccioni interpreta il di– sinteresse nazionale per la politica estera, qualunque essa sia; ed è mol– to se condurrà in porto con qualche alacrità la questione triestina e del patto balcanico, dacché in questa ma- • teria siamo ormai con l'acqua alla gola. P iù sopra abbiamo accennato al la– voro compiuto da André Philip per redigere una mozione econo– mico-sociale che ci tro\'a consenzienti, e che sbocca coerentemente alla richie-

RkJQdWJsaXNoZXIy