Nuova Repubblica - anno II - n. 9 - 5 maggio 1954

I BILANCIO DIUNECONOMISTA IL PRIMO TRIENNIO della Cassa delMezzogiorno ,. E stata pubblicata la Relazione che illustra il bilancio del ter– zo esercizio della ·Cassa del Mezzogiorno per l'anno 1952-53. Risultano confermati i lamenti per il grave ritardo con cui, specialmente nei primi tempi, si poté dar corso ai lavori: com'è noto per la legge elci 1950 si erano assegnate alla Cassa I000 miliardi di lire eia spendersi in 10 anni, elevati dalla legge del 1952 a 1.200; in modo che, anche. senza tener conto di questo aumento, si sarebbero potuti spendere nel primo triennio 300 miliardi, mentre la spe– sa effettivamente sostenuta fu di poco superiore ai ·132 mili::irdi. Le cause del grave ritardo sono attribuite anche dagli amministratori alla insuf– ficienza, manifestatasi specialmente nei primi anni, degli org~ni che avrebbero dovuto attendere 2lla pro– gettazione dei lavori, alla lentezza burocratica nella loro appr::wazione, alla inadeguata attrezzatura òi gran parte delle ditte appaltatrici cd alle proroghe da esse richieste per la consegna dei lavori; alla insufficienza infine di mano d'opera qualihcata e specializzata e di molti n:atcriali, specialmente cemento, tubi e pro– dotti siderurgici. Ma per fortuna nel terzo anno di esercizio si nota un miglioramento molto sensibile e promettente: i pa– gamenti per lavori ultimati superano la ·somma dei due anni precedenti e soprattutto il ritmo della proget– tazione si è accellcrato in modo da permettere nei prossimi anni una in– tensità di lavoro molto maggiore. Il numero delle giornate lavorative per le sole spese di bonifica è salito da 703.300 nel I950-51 (in realtà soli 6 mesi), a 3.750.200 nel '51-'52, ad 8.433.800 nel '52-'53; cd anche pili rapidamente nei lavori delle stra– de ordinarie, da 28.000 a 3.283. 700 ed a 5.262.300. In tutto si calcola che nei 30 mesi clall'df ·ttivo ini– zio dei lavori si siano impiegatc- 29.600.000 giornate lavorative, che si elevano a 40.500.000 se si tien conto anche dei lavori di migliora– mento fondiario e della riforma agra– ria. In tutto al 30 giugno 1953 gli operai impiegati nei vari gruppi di lavori, diretti o finanziati in tutto od in parte dalla Cassa, sarebbero stati 110.000, di cui: 68.800 per le bonifiche od i bacini montani; 32.600 per la viabilità ordinaria; 7.100 per gli acquedotti e fogna– ture; 1.500 per il turismo. Il salario medio degli operai fu di 1300 lire giornaliere; il loro costo complessivo nei 30 mesi si sarebbe elevato a circa 41 miliardi di lire. Più che per q4cstc cifre la rela– zione che illustra il bilancio assume .una notevole importanza per le no– tizie ch'cssa ci dà in forma concreta sui criteri a cui dopo il primo anno si è andata ispirando l'opera della Cassa, intesa soprattutto a combat– tere le varie cause che han de– terminato finora l'inferiorità del Mezzogiorno. Perciò le cure e le spe– se mag_qiori sono rivolte alle opere di bonifica, di rimboschimento e di sistemazione dei bacini montani, di difesa contro l'azione distruttrice dei torrenti e del mare. Bonifiche e CQ– struzione di strade ordinarie dovreb– bero condurre al risultato di indur– re una parte crescente della popola– zione oggi addentrata sui pendii del- 1'Appennino a scendere lungo il mare e nei brevi tratti cli pianura, non più infestata dalla malaria. in modo da eliminare in breve tempo una delle cause principali della alluvione e dd progressivo peggioramento dèi terreni, determinati dalla dura ne– cessità di destinare a coltura semi– nativa terreni che dovrebbero essere destinati soltanto al bosco od al pa– scolo. Allo stesso scopo dovrebbero con– durre la costruzione. già iniziata, di un buon numero di acquedotti, e l'azione coordinata degli Enti di ri– for!lla a~raria, lar~ametit~ finanziati oe dalla Cassa per le opere di trasfor– mazione e per la costruzione di case e di borghi rurali. Per la tanto invocata industrializ– zazione del Mezzogiorno la Cassa ha opportunamente rinunciato ad una propria azione diretta, ]imitan– dosi alla concessione di mutui ad aziende private per la somma di l 0.5 miliardi, metà dei quali le sono state. forniti dalla Banca Internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo. A giudicare dalla ripartizione di que– sta somma fra le varie regioni, in cui la Campania si trova al primo posto con 3451 milioni e la Basi– licata a-ll'ultimo con soli 78, si deve arguire che la maggior parte dei mutui dev'essere stata destinata alla ricostruzione di fabbriche distrutte dalla guerra. Per le industrie nuo,·e la Cassa intende opportunamente cli favorire quelle che possano valoriz– zare i prodotti del suolo oppure fa· cilitarc il rifornimento di materiali più indispensabili, come il cemento. In questi due campi qualche risul– tato è stato già raggiunto. Ma ci sembra fondato il dub– bio che abbiamo sentito affacciar' da clementi locali molto con1pctcnti e che risulterebbe confermato dalle cifre del bilancio: di una grave spro– porzione cioè fra le opere di boni– fica e quelle per i bacini montan . Le spese finora fatte per questi ulti– mi rappresenterebbero poco pii.1 cli un decimo delle spese per le opere cli bonifica, mentre- è notissimo eh.e tutte le conquiste raggiunte in que– st'ultimo campo possono essere di– strutte in un solo giorno se non si è preventivamente proceduto a1la sistemazione dei bacini montani cd alla regolazione dei corsi d'acqua torrentizi. Quanto ai vantaggi immediati già assi<"urati cla1l'opera della Cassa al– l'economia del Mezzogiorno Gi sem– bra che la Rtlazionc si lasci un po· trascinare ad un la\'oro di fantasia. Un vantaggio indubbio è quello del– l'aumento dell'occupazione e ciel po~ tcre di acquisto cli un·a ventina di migliaia di famiglie, che avevano condotto finora una vita cstrcrna– mcnte misera. Ma che i la,·ori pub– blici abbiano assunto, in proporzioni di qualche rilievo, la funzione del moltiplicatore, tanto caro ai keync– siani, non ci sembra in alcun modo provato. Anzi la relazione stessa de– ve confcsSare che nei primi due an– ni le speranze che l'opera della Cas– sa stimolasse l'iniziativa privata era– no state deluse, e che gli agricoltori, nonostante le agevolazioni promcssr. avevano dimostrato una riluttanza invincibile a ricorrere al credito per far opere di miglioria o per tentare nuove imprese atte a meglio valo– rizzare i loro prodotti. Soltanto nt.:l tC'rzo anno le domande di mutm sono andate lentamente aumentando. La domanda di materie µrime, di attrezzi e di macchine è aumentata sensibilmente; ma, almeno per quan– to riguarda i 9 miliardi spesi in at– trezzature dalle ditte appaltatrici. si è potuto stabilire che solo il 4 per cento sia stato acquistato nell'Italia meridionale e nc1le isole, mentre il 26 per cento (un po' meno dunque del 33 % di cui parla il Saraceno) sia stato speso all'estero, ed il i0% nel– l'Italia centro-settentrionale. Per k materie prime è maggiore la quota spettante al Mezzogiorno per ]'au– mentata produzione di cemento: sa– ranno minori gli acquisti diretti dal– l'estero, ma sarà sempre altissima la parte dell'Italia centro-settentrionale. Del tutto cervellotica ci sembra infine la cifra di pili di IO miliardi di lire, assegnata, pw· con qualche dubbio. dalla relazione, all'aumento della produzione agricola. che già nell'ultimo anno sarebbe stato deter– minato dai lavori finora ultimati. Tutte queste riserve, ad ogni modo, non impediscono di riconoscere nel– l'opera della Cassa del Mezzogiorno l'iniziativa più seria fino ad oggi in– trapresa nel nostro paese. Gl:\:OLUZZATTO e NUOVA REPUBBLICA 5 VITA DI FABBRICA 'l'ccnici e dirigenti · I N occasione cli uno sciopero per la richiesta di un aumento sa– lariale cli 20 lire orarie un capo– reparto si è trovato cli fronte a un problema di coscienza. Egli faceva questo ragionamento: « Riconosco che gli operai hanno ragione poiché nell'ultimo periodo la media cli pro– duzione ciel mio reparto è notevol– mente aumentata. Sono per di pili in grado di capire che se la dire– zione av<·sse accettato fin dal primo istante la richirsta cli aumento, si sarebbr speso, in un anno, molto meno danaro di quel che si è per– duto, sommando la mancata produ– zione - calcolata a guadagno netto. - cli circa tre giornate di sciopero complessive. Tuttavia non vedo quak interesse possa avere a fare mia la causa degli operai. Vi immaginate voi la guardia di còrpo di un padro– ne - ·poiché io sono una specie di guardia di corpo - fare sciopero per ottenere un aumento? È più com– prensibile che la guardia di corpo dica di sì al padrone ed appoggi i suoi intrallazzi, in quanto la sua vita riflessa diventa tanto pili agiata quan– to più il padrone è f(!rte, ricco e potente. « Non sono il solo a vivere in que– sta situazione: ad eccezione degli impiegati d'ordine, tutti gli altri che hanno un compito di responsabilità rclativamc-ntc autonoma - tecnici, capi-servizio, capi-sezione, dirigt:nti, ccc... - godono cli questa vita di ri– flesso. C'è una sola differenza: che noi non sappiamo esattamente chi sia i] nostro padrone. Non è il presi– dente della Società, che è solo una figura rappresentativa. Non è l'asscm– blrn dei soci azionisti, eh.e spesso non hanno nulla a che fare con l'orga– nizzazione aziendale. on è l'incari– cato di trattare con la Commissione lntf'rna. poiché anche questi è solo un rappresentante. J'orsc sono i di– rettori generali del ramo tecnico, am– ministrativo e commt•icia1f", ma non è bc·n certo. « Ad ogni buon conto la mia posi– zione è simile· a quella di chi ha un padrone C' di chi assume passivamen– te- o attivarncnte la difesa dei suoi interessi. Pt"'r cui, anche a proposito cli quésto sciopero, non so decidermi né a rimproverare gli operai, né a pormi contro la direzione. Confesso però che, se la direzione avesse con– cesso l'aumento richiesto, avrei dor– mito l'altra notte un sonno pili tran– quillo». Il personaggio di cui abbiamo ri– portato il ragionamento è il tipico rappresentante della categoria dei trcnici e dirigenti - la classe media del settore industriale. Egli non è detentore della proprietà dei mezzi cli produzione: non è azionista o comparll'cipantc; eppure non lo sa– premmo definire un proletario. Dal diritto di proprie\à, di una proprietà non sua, acquista per trasmissione un potere che spesso non è solo tec– nico. col quale egli dispone dei pro– letari, distribuendo <"Ompiti, organiz– zando il lavoro, giudicando il com– portamento e il rendimento. Però. a causa dello stipendio chl· egli riceve e della funziorw cui è adibito cd a causa cli quella parte di potere che– supera i limiti della sua responsa– bilità diretta, scaricandosi su quella dei capi-servizio e capi-sezione, egli è un sottomesso, mancante di liber– tà; tanto che, se per caso gli venisse il ticchio di assumere tm attcggi;}– mento originale. potrebbe venir li– cenziato e perdere con ciò non solo un guadagno notevolmente alto ma anche una posizione sociale cui è stato assunto in forza della sua spe– cializzazione, col rischio di non tro– vare più nessun datore di lavoro che lo riabiliti. Che cosa dirc4no noi di questo personaggio? Quando egli diventasse sul scrio la ~uardia di corpo cli un padrone visibile o invisibile, non sba– glieremo giudicandolo dalla parte dei detentori della proprietà e del potere e quindi nostro nemico volontario. Però, in contrapposto, sarebbe errato o comunque eccessivo chiedergli, per– ché perda la veste di nemico, una riduzione allo stato proletario puro. La sua singola partecipazione all'or– ganizzazione proletaria potrebbe ri- ' solvere il suo caso di coscienza, ma lo farebbc scomparire come tecnico e dirigente. Quello che possiamo e dobbiamo chiedere è che egli esca dalla sua vita chiusa e isolata, dalla stretta cerchia dei suoi interessi tec– nici e di carriera e insieme ad altri tecnici e dirigenti cominci ~ studiare e scoprire la sua fisionomia~ e la sua funzione non solo nelJ'ambito pro– duttivo dtlla azienda, ma anche nel– l'ambito sociale. Una volta allacciati i rapporti su di un piano orizzontale in tutte le direzioni possibili sarà op– portuno protendersi verso il livello della classe proletaria per capirla e farsi capire e trovare, nello scam– bio di culture diverse ·e di diversi valori. un piano dinamico di azione comune, ncHo stcss_o tempo che la classe opcrnia farà altrettanto in cor– rispondenza della sua aspirazione a partecipare al contro1lo della vita aziendale. Finché la classe dei tecnici e di– rigenti' rimarrà disorganizzata, i suoi membri saranno dispersi e spauriti dagli avvenimenti che li sovrastano; e in forza della paura si voteranno alla causa del padrone invisibile o staranno nel proprio cantuccio a rie– saminare il conflitto tra coscienza e interesse; e in forza della indecisione penosa finiranno col perdere il senso dell'umano e impareranno a _giusti– ficai e con ]a tecnica anche le azioni morali e politiche, per fatale defor– ma1ionc professionale-. Noi chiediamo ai tecnici cd ai di– rigenti - prima che sia troppo tardi per essi - cli rendersi presenti alla situazione, di dire la loro pa– rola e di aprirsi verso le altre classi e categorie soggette al potere di chi ha. per dare e ricevere un contributo di cultura e: se necessario, anche di lotta. Fabbriche, operai e relazioni aziendali S u 1-~ATTI F. PAROLE (notizitnio mensile per i dipendenti Pire/– li) viene data notizia della /,ro– grammazione di un corso sulle « Re– lazioni del lavoro» al quale parteci– pmw 70 gruppi di dirigenti e «capi» di I a cat., 50 gruppi di «capi» di 2" e 3 3 cat., e altri 70 gruppi di «capi» di categoria speciale. Alla Esso Standard Italiana è stata ormai ultimata la cotnpleta riorga– nizzazione della stru/.lura aziendale, di cui dà ampia notizia la rivista del personale. NOTIZIE OLIVETTI not.izia,-io mensile per dipendenti - appunta il proprio interesse sulle « Pubbliche re– lazioni». cioè il rapporto che si sta– bilisce 11elle grandi aziende tra i di– rigenti, il vasto pubblico della clien– tela e i lavoratori nella fabbrica. A Torino c'è, da q1ul)i un mrno, l'I.P.S.O.A.. un istituto finanziato dalle grosse industrie d'Italia - ma cori professori americani -, il cui scopo è quello di contribuire alla for– mazione professio1wle dei giovani che sono destinati a diventare dei diri– genti d'azienda. Sono notizie, queste. che conferma– no come la parte più attiva e sensi– bile dei capitalisti noslrtmi, stia rapi– tlamente comprc11dendo come tutto il vecchio armamentr.rio che ha ser– t•ito fino ad og;Ji per mantenere la direzione delle oziende, non sia più valido. Del resto, la lezione ohe essi quotidianamente ricevono dai Loro colleghi d'oltre oceano comincia a dare i suoi frutti. e quindi tentano di riguadagriare il tempo perduto, alme- 110 nei limiti della. propria sfera di potenza. A i lnvoratori non dovrebbe sfug– gire l'importanza di questo m.ovimen– to nelle alte sfere: sopratutto, do– vrebbero sforzarsi di comprendere verso quale direzione porti quel muo– versi a cui si assiste. Ci sono idee nuove, situazioni nuove, possibilità nuove, in tutto questo; e ogni cosa, ogni novità, può essere la condizione iniziale di un meglio, o di un peg– gio, di cui poi, i lavoratori sono sem• pre i beneficiari o le vittime nella mi– sura in cui hanno partecipato o no agli avvenimenti. La Pirelli, per spiegare le cou che .stanno avvenendo nel suo interno, scrive, sul suo notiziario, a proposito dell'iniziativa: « non pretende affat.... to di insegnare alcunché di nuovo: ci si augura soltanto di poter offri– re.... a ogni individuo che nell'am-– bito dell'azienda assolve unti precislf funzione di responsabilità e di guida d'altri uomini, un metodo r.datto ll incrementare un clima di migliore e di più efficente e sentita colfobora– zione e quindi di maggiore produt– tività nell'interesse di tutti». Produzione e collaborozione: lo fa– tica e l'interesse per il lavoro. Qui c'è tutto il concetto della collabora– zione da approfondire, da portare nella discussione nel suo significato giusto. Ché altrimenti si verifica l'a– nomalia di quei corsi ai quali, sorio chiamati numerosissimi i «:capi», mentre i lavoratori, assenti, stanno a guardare. Forse che essi non danno collaborazione? O essa è di altra sJ,e– cie.? Senza contare che alla Pirelli esiste l'istituzione della « Cassetta delle idee» attraverso la quale. dopo averlo sollecitato, l'azienda liquida lo sforzo collaborativo dei dipendenti con poche migliaia di lire. (Vedi N. R. n. 4 - anno Il: « Collaborazio– ne in Italia»). La. Esso, invece, dopo avere am– pliame,ite illustrata la portai.a e le ragioni che hanno consigliata la rior– ganizzazione strutturale, ci dice, in– fine, che per far fronte a una sem– pre più agguerrita concorrenza, oc– corre « ... Una organizzo.zione che possa fare affidam.ento sulla coscien– za e sul senso di responsabilità di tutti i suoi com ponenti ». Responsabilità, coscienza. Altl'i ter– mini che presuppongono 111w condi– zione di lavoro particolare. 111aesiste questa condizione alla Esso? Questo linguaggio è lo stesso di. chi pre– tende quelle cose e chi le deve pre– stare? Su NOTIZIE OLIVETTI n. 15 ven– gono fatte delle conclusioni sul si– gnificato e la portata delle Pubbli– che Relazioni. In esse conclusioni sono contenuti dei pril1.ciJ1ii morali, che possono essere validi, purché ci sia fotesa sul significato delle' parole e delle azioni. Per esempio: si affer– ma che le Pubbliche Relazioni} sono, per una grande azienda il principio ,li una « moralità » e che « Sl'(!nano il diagramma della responsabilità so– ciale di un organismo aziendale ». Quale moralità, dovrebbe chiedersi il lavoratore: ma sopratutto espri– mere il proprio convincimento sullo scopo che ha il lavoro. Ci sono pre– sentati qui alcuni dei concetti che guidano i dirigenti di industria nella loro azione, che certameatl' è un<1 premessa ai futuri sviluppi delle fab– briche che essi dirigono: esti usano un linguagf!io che è apparentemente chiaro, il tradizionale diremmo. Nla se si riuscisse a aprire una discussio– ne su questi argomenti ci accorpe– remmo che esso 110n lo r affatto, chiflro. Dietro si nascorulono tante cose, diverse da quelle che i lavort1- tori riescono a pensare quando cer– rnno di im.maginare il proprio de– stino. Ecco perché è necessario de– dicare atlc'nzione a questi concetti che ci vengono qfferti, com.e una spiegazione a dei fai.li di cui i lavo– ratori saranno conwnaue partecipi. Sono i principi dell'organizzazione aziendale volta a un certo fine: e trattano di problemi che bisogna riu– scire a risolvere, poiché -i lavoratori rion possono pensare che riusciranno un giorno a socializzare le aziende. senza prima avere compiuto a /ond" l'esperienza di apprendimento e di studio sul come si gestisce e si orga– nizzino i rapporti di lavoro. Senza contare che in questo fatto è il l11- pame vero che può unirli. nell'idea di organizzazione di cou e di vomi. ni, ai tecnici, agli a.mministratori che oQgi sono ta.nto distanti come posi– zione e mentalità e interessi. dalle azioni della mnssa o/;eraia. Questo è un programma di lavoro da porsi seriamente, attrauer.so anche quei giornali di fabbrica, che con i soldi sudati di chi lavora, si dilettano a spiegare al pubblico per es. come funzionano i circoli ricreativi dei col– coz russi; che potranno anche essere una cosa importante, ma interessano poco ai lavoratori in lotta oggi, r. per l'avvenire, qui, in Italia. c. s. t.

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