Nuova Repubblica - anno II - n. 5 - 5 marzo 1954

II L'idea di 11rogresso e l'errore delmaterialismo e OMINCIAMO dai principi d'azione. Ammettiamo che, pur con le ine– vitabili battute d'arresto, il mondo progredisca continuamente ,·erso l'unità e la libertà; e che il socialismo demo– cratico, o qualcosa di simile, sia destina– to a rappresentare in avvenire il model– lo di un governo mondiale? O ab– biamo perduto la fede nel progres– so ch'era la convinzione quasi gene• r.ile non soltanto dei primi fabiani, ma di tutto il mondo civile all'inizio ciel se olo? Un semplice banco di prova può es– sere offerto, a questo proposito, dal– l'esame dei due punti di vista estremi, quelli di H. G. Wells e di Arnold Toy']_bee. Wells scrive 1 : « La nostra storia ha registrato lo sviluppo costante delle unità sociali e politiche in cui gli uomini si sono com– binati. Nel breve giro di diecimila an– ni, queste unità sono cresciute dalla piccola tribù familiare della prima ci– viltà neolitica fino ai vasti regni uni– tari - vasti, eppur sempre troppo pic– coli e parziali - dei nostr; tempi. Questi sviluppi in estensione dello Sta• to - sviluppi manifestatamente incom– pleti - si sono accompagnati a pro• fonde trasformazioni in tutta la sua natura. Coercizione e schiavitù hanno ceduto il passo a idee di libertà asso– ciata, e Ja sovranità, un tempo concen– trata in un re e dio autocrate, si è distribuita in tutta la comunità». Questo passo esprime in forma con– cisa tutta l'illusione del progresso au– tomatico. La storia i: storia dell'evolu– zione del la società dalla piccola alla grande unità, e dall'unità basata sulla coazione all'unità basata sull'associazio– ne volontaria; e questo processoè de– stinato a svolgersi finché raggiungt– mo uno Stato mondiale, senza coerci– zioni di sorta. Verso la fine della vita, \'(lells co– minciò a disperare, perché si avvide che il suo principio implicito - /'al– l"rgame1110 della co11oue11zauiemifica, cioè il /JOleredi co11trollarellf/tm·a ed 110111i11i, ha. J;er neceJJario effe/lo l 1 1111- 111e11to della libertà - contrastava coi fatti, e, di fronte all'incapacità del ra– zionalismo di razionalizzare la natura umana, si avvicinò decisamente alla posizione pessimistica di Toynbee 2 : « Le società primitive possono essere paragonate a persone che giacciono in– torpidite sul ciglio di un pendio, con un precipizio sotto ed un precipizio sopra; le civiltà, a compagni di questi dormienti che si sono appena alzati e hanno preso a scalare la parete della roccia sovrastante; quanto a noi, pos– siamo paragonarci ad osservatori il cui campo visivo si limita al ciglio e alla base del preci pizio superiore, che sono apparsi sulla scena nel momento in cui i diversi membri della comitiva si trovavano in quegli atteggiamenti e in quelle posizioni rispettive. In realtà, nonostante la nostra prima impressio– ne, le figure sdraiate non possono es– sere paralitiche perché non possono es– sere nate sul ciglio, e solo i loro mu– scoli possono averle sollevate a quel punto di arresto. D'altra parte, i loro compagni, che in questo momento sca– lano la parete, hanno appena lasciato lo stesso ciglio e, poiché il successivo sfugge alla nostra vista, non sappiamo quanto possa essere alta e difficile la parete; sappiamo soltanto ch'è impos– ~ibile fermarsi a riposare». Oggi, riconosciamo quasi tutti che Toynbee vedeva meglio del primo Wells. E tuttavia, fino al quarto de– cennio del secolo, le illusioni di Wells er:rno condivise da liberali, marxisti e pri111i fabiani; erano, :mzi, il clima NUOVA REPUBBLICA PAGINE DICULTURA CONTEMPORANEA VERSO UNA FILOSOFIA del Socialismo dell'opinione pubblica progressista in generale. Questa concezione materia Iistica del progresso si basava su ipotesi relative al comportamento umano, che l'inda– gine psicologica ha dimostrate prive cli bnsi reali, e su una teoria della po• lirica democratica che i fatti degli ultimi t.rent'anni hanno confutata. Non v'è, nel sistema economico, né identi– tà naturale d'interessi, né contraddi– zione inevitabile. Lo sviluppo della scienza e d<.'lfistruzione popolare non determina automaticamente un'evoluzio– ne « all'insù » della società, - in– tendendo per « all'insù » il passaggio da forme servili a forme democratiche; - parimenti falsa è l'ipotesi apocalit– tica che, dopo un periodo di dittatura, una rivo Iuzione proletaria de:bba rea– lizzare una società di liberi ed eguali. Tflnto la filosofia evoluzionistfl quflll· to /(I teoria rivo/11zio11aria si sono di– mostmte false. A giudicar dai fatti, gli elementi a favore della dottrina cristia– na del peccato originale superano quelli ·11 favore della fantasticheria rousseauia- 1 na del nobile selvaggio o della visione marxista della società senza classi. ' li nostro primo compito è, dunque, ~ ridefinire il progresso. lo che senso possiamo, anzi, parlarne? V'è nella storia umana, come hanno creduto tut– ti i comunisti (allo stesso modo di liberali e socialisti) un movimento ascensionale, o non si tratta che di una vicenda senza senso né piano? Dobbiamo anzitutto accettare il fat– to che, in senso stretto, quello che si chiama progresso morale non esiste. Infatti, la moralità consiste nella deci– sione di fare il bene, e nulla prova che, in una società civile, più uomini decidano più spesso di compiere quel– lo che ritengono il proprio dovere, che in una società primitiva. Dal punto di vista della moralità i11dividuflle, la civiltà moderna non fa che presenta• re agli uomini scelte diverse da quelle di fasi precedenti della nostra storia. Allarga l'area della libera scelta. Ci permette di curare le malattie su una scala imponente - e di distruggerci l'un l'altro su una scala non meno imponente. Ci consente di liberarci a vicenda su vasta scala e, su scala non meno vasta, di tiranneggiarci. Natural– mente, gli uomini « si comportano meglio », nei loro rapporti reciproci, in una società da cui la schiavitù è bandita che in una società nella qua– le è ammessa. Ma, in termini di mora- Ii1,ì individuale, il proprietario di schia– vi ha le ,tcs,e possibilità d'e,sere un s"nto, he il cinadino di una demo– crazia libera. La civiltà non rende moralmente migliori, pii, che la demo– crazia obblighi a servirsi della proprio libertà. Le sole linee continue che si possano individuare nella storia uma– na - e anche queste, a volte, cli-, vergano per secoli di tutto un tratto - sono: I) l'accumulazione sociale del sapere; 2) l'aumento, grazie a quest'ac– cumulazione, ciel potere di controllo degli uomini sulla natura e su se stess.i. Ma, dal punto di vista morale, que– ste linee di progresso sono neutre. L'in– dividuo e la società dotati di mag– gior sapere non sono necessariamente migliori dei loro antenati incivili. I, que,to un punto nel quale la conce- zione di Toynbee - il suo rifiuto di ogni determinismo morale nella storia - appare più accettabile di quella cli Wells o di Marx. Non v',: progresso o miglioramento automatico, nella na• tura umana; v'è una quasi automatica accumulazione di conoscenze e di po– tere, e di quest'accumulazione possia– mo servirci sia per l'autodistruzione che per J'autoemancipazione. Indubbiamente, negare l'esistenza nel– la storia di periodi di progresso sori"le sarebbe assurdo. La democrazia ate• niese era un passo avanti rispetto al sistema cli Solone, allo stesso modo che lo « stato assistenziale » è un pro• gresso sulla moralità sociale del 1840- 50. Per il sorialisJfl, questi /J/'O?,ressi nella 111oralit1ìsocù,le souo 111ism·1,1i dal gl'(1dodi uguaglianw e di ,·is/Jello della f,er1011f/lit<Ì individuflle, esfJres– so nella distribuzione del fJolere e ne– gli istiluti giuridici e di fJrof,rietà 1 i- di R.H.S. CR0SSMAN genti in 11110 StfltO. E anzi q11e1t111ni- 1à di miI11ffl che i111e11dim110 per ide11- le sorialistf/. Importa tuttavia osservare che nul– la prova l'esistenza di una linea ascen– dente continua di progresso sociale. Società Iibere, nel senso che di amo a questa parola, sono esistite in tem– pi diversi nella storia documentata e, probabilmente, anche nella preistoria. Si sono sviluppate e sono morte, per cedere il passo al despotismo e allo sfruttamento. Ciò non sembrerà strano né eccessivamente deprimente, a chi ab– bia capito la natura della libertà uma– na. L'accumulazione sociale delle cono– scenze e del potere non rende più facile agli uomini la costruzione di una so– cietà libera. fi molto più facile servirsi della conoscenza per asservire, che per liberare; nell'uomo la distruzione è al– trettanto naturale quanto la costru- 2ione. T. H. Huxley aveva ragione, in un saggio famoso, di paragonare una . società libera a un giardino. La natura produce o un rigoglio di vegetazione selvatica o un arido deserto. Abban– donato a se stesso, un giardino insel– vatichisce, e il giardiniere impiega più tempo a strappare erbacce che a pian– tar fiori. Moralità sociale, libertà ed uguaglianza non crescono per nessuna legge e<0nornica o politica, - ma ,olo ~razie alla coltivazione più diligente. Invece di raffigurarci la storia come un progresso contilllio verso la libertà, do– vremmo dunque considerare lo ,frut• tamenlo e la s<hiavitù come lo ,tato normale dell'uomo, e i brevi periodi di libertà come realizzazioni grandio– se che solo cure costanti potranno man– tenere in vita per qualche generazio– ne e da cui non ci si può attendere <he diventino la norma generale. fi questo il punto di partenza di una teoria moderna del ,ocialismo. In– vece di considerare J'e,•oluzione socia– le come diretta verso un allargamento della libertà, dobbiamo ammettere che U'_la maggior concentrazione di potere, sia nel senso dello sviluppo 1ecnolo- gico sia in quello dell'organizzazione sociale, produrrà sempre, in una socie– tit, sfruttamento, ingiustizia, disugua– glianza, se •.la (omunit.'Lnon possiedt" una coscienza sociale abbastanza forte per ingentilirla. Le istituzioni umane saranno sempre non soltanto amorali ma immorali, come ha dimostrato nel suo libro famoso Reinhold Niebuhr, se non sono moralizzate da uomini e don– ne consapevoli di questa tendenza, e decisi a muoverle guerra incessante. Ogni sistema economico, sia esso capi– talista o socialista, degenera in un si– stema di privilegio e di sfruttamento, se. non è raffinato da una moralità sociale che può risiedere solo in una minoran– za di cittadini. Ogni partilo politico degenera in caccia ai posti, se i capi non sono fronteggiati da un'opposi– zione all'interno delle sue file. Ogni chiesa diventa un sistema d'interessi costituiti senza i suoi eretici; ogni si– stema politico, compresa la democra– zia, si ossifica in oligarchia. La libertà è sempre in pericolo, e la maggioran• za del genere umano ne accetterà supi– namente la perdita se una minoranza non è pronta a sfidare i privilegi dei pochi e l'apatia delle masse. Nel secolo decimonono, questa sfi– da fu appannaggio del liberalismo. Og– gi ne ha raccolta l'eredità il sociali– smo. Ma noi non possiamo sostenerla se basiamo la nostra politica sulla fa). )ace ipotesi materialista che il progres– so materiale rmd" gli uomini liberi od uguali. Una forma particolarmente insidiosa di quest'errore consiste nel ritenere che il fattore dominante del– l'evoluzione sociale sia l'economia e che,' realizzando la giustizia economi– ca, si assicuri automaticamente la li– bertà umana. Disgraziatamente, l'uomo piega ai propri fini non soltanto la natura ma anche i propri simili; se, come procla– mò Marx, è un animale che si serve di strumenti, lo strumento più a por– tata della sua mano è il prossimo. Scuola, stampa, radio, apparato di par• tito, esercito, fabbrica, sono tutti stru– menti attraverso i quali l'uomo, se non è frenato da una coscienza sociale ar– mata di sanzioni, esercita il potere sulla mente dei suoi simili. La rivoluzione politica che ha concentrato in poche mani il potere coercitivo e il contro). lo del pensiero, ha, come fatto storico, la stessa importanza che la rivoluzio– ne industriale. Eppure, dopo Graham Wallas, quasi nulla è stato scritto da socialisti sulla rivoluzione politica, seb– bene sia stata la 1ernica del controllo del pensiero e della coazione centra– lizzata a frustrare i sogni apocalittici di liberali " marxisti e a render pO>· sibili tanto la moderna democrazia occi– dentale quanto lo statn totalitario. Sen– za di ciò, sarebbe forse stato possibile che lo stato nazionale, come speravano i liberali, deperisse in una fratellanza economica degli uomini, o che la dit– tatura leninista ciel proletariato evol– vesse in una pacifica :lnarchia, senza autorità coattiva apparente. Ma, di fat– to, i detentori del rnntrollo dei mezzi d'informazione delle masse e dei mezzi cli distruzione (propaganda ed e,erciti) sono oggi molto più potenti dei posses– ,ori dei mezzi di produzione. Lo Sta• 10 non i: più il corni1a10 esecutivo del- 7 la borghesia; borghesia stanno dive– nendo i managerJ 3 che lavorano per lo Stato. Secondo Marx, il capit.dismo è ben– sì il nemico, ma la rivoluzione indu– striale è « obiettivamente progressiva », una tappa nello sviluppo sociale.' Se– noncht:, giunto a maturità, il capita• lismo è divenuto un sistema di privi• legio e ,fruttamento. Oggi il nemifo della libertà umana ì: la società buro– cratica, insieme col parere coercitivo centrale che vi ,i accompagna. Eppure, la rivoluzione politica è stata « ogge1- 1iv3mente progressiva » nel senso che gli ~trumenti d'informazione e coa– zione delle masse /10JJ0110, col freno di una moralità sociale, essere inci– viliti e piegati ai fini di un socialismo democratico. L'Unione Sovietica è l'esempio più esasperato di funzionarismo, percht i suoi dirigenti staliniani rigettano aper– tamente il primato della moralità sul– la convenienza e così distruggono la possibilità di quella coscienza sociale at• tiva, che sola potrebbe salvarli dalla corruzione del potere. A tanto la classe capitalista non è mai giunta, ed è perciò che lo sviluppo capitalistico non ha realizzato le profezie di Marx. Nes– sun paese capitalista è mai stato tale, nella storia e nei metodi, come la. Russia di oggi è staliniana. Ciò ;pie– ga anche perché, giudicati secondo i criteri europei, gli Stati Uniti rappre– sentano una forma di società superio– re all'Unione Sovietica. In America, una moralità liberale e cristiana, e una costituzione e una tradizione poli– tica da essa emananti, hanno fatto ar– gine al pieno sviluppo del capitali– smo, e opposto vivace resistenza alle tendenze totalitarie. Rigettare l'Ame– rica come Stato capitalista ed elevare l'impero sovietico ad esempio di pia– nificazione socialista è perciò svuotare d'ogni senso tutti i nostri ideali. In realtà, sono i due grandi esempi di moderno Stato burocratico, uno dichia– ratamente e sistematicamente tale, l'al– tro in marcia verso lo stesso traguar– do sotto la pressione della guerra fred– da. Ha mentre, negli Stati Uniti, la coscienza sociale può ancora eserci– tare un freno al totalitarismo e alla aggressività, in Russia ciò è impossi– bile. Con gli americani possiamo colla– borare come alleati influendo sulla lo– ro politica nonostante la loro potenza superiore. Ma sarebbe follia attender– si rapporti simili con l'Unione Sovie– tica. Coesistenza sì. Accordi reciproca– mente vantaggiosi sì. Collaborazione mai. Uno dei fattori che hanno impedito a molti socialisti inglesi di riconosce– re un fatto così ovvio è la convin– zione che l'Unione Sovietica sia, in qualche modo, uno « stato operaio ». In realtà, come ogni Stato totalitario, essa è una società di élite, costruita da un'intellettualità rivoluzionaria che si è valsa del movimento operaio, così com'era, per compiere la scalata al potere. A berr guardare, la filosofia comunista, in quanto di,tinta dalle pa– role d'ordine del comunismo, ha sem– pre fatto appello agli intellettuali de– lusi. Essa offre loro il potere di cui sono privi e una filosofia atta a giu– stificarne lo spregiudicato impiego; una filosofia scientifica che, da un lato, soddisfa le loro aspirazioni religiose e, dall'altro, permette loro di sentirsi moderni e all'altezza dei tempi. (co11ti11ut1) 1 Pg. 1142 dt>lla V tdiz. di Tlu 011tli1tr o/ Hislory. :! Nel compt>ndio d~llo S111dy o/ J-listo,y ( cd. Some1 wt:11), p. 49. 3 A1a,wgu - t1ado110 conentemente ma imp1opriamente « 1ecnico » - è un te,– minc che comp1ende il funziona1io. il di– , igente di a1.ienda priv:ua o pubblica, il memb,o dell'alta bu1oc1a1ia aiienda-lt ,.. !.1a1al,. (N. cl. T.).

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