Nuova Repubblica - anno II - n. 5 - 5 marzo 1954

4 CONVEGNO A MILANO A Milano, il 22 febbraio, si è tenuto un convegno della « si– nistra » socialdemocratica. Sarà bene precisare che la sinistra del PSDI è oggi costituita da due settori del Partito: da coloro che, come Mon– dolfo, respingevano, prima del 7 giu– gno, la legge maggioritaria; e da– gli altri, che per la legge maggio– ritaria si erano battuti, dichiarando !"apparentamento un minor male, e un mezzo sicuro per poter differen– ziare la campagna elettorale social– democratica da quella democristiana. Così, la penultima domenica del me– se, abbiamo sentito a Milano, nella stessa saletta disadorna e suburbana di Porta Volta, la voce di Mario Za– gari, che non molti mesi fa aveva perorato la causa della legge maggiori- . taria, tra quelle stesse mura. Molte delle ragioni che sono state dette a Milano il 22, per noi sono vere e pacifiche. Ma era bene che fossero proclamate senza ambagi. Ma– rio Zagari ha detto ottimamente che solo a prezzo della democrazia inter– na di partito, il PSDI ha potuto rove– sciare la sua maggioranza direzionale, e stringere il patto cli governo. In– fatti, la linea politica cl"opposizione era stata cleci a da un Consiglio di Partito del luglio scorso; solo la stessa autorità avrebbe p"otuto risolvere il dirottamento e il rovesciamento di po– litica. Ma la critica di Zagari è andata più a fondo, quando ha stabilito co– me, passando al Governo, il PSDJ abbia bloccato un processo in corso, quello della qualificazione politica della Democrazia cristiana, e della sperata chiarificazione democratica del nennismo. t un processo che sarà difficile riprendere, comunque. Giac– ché è chiaro che, pronta ormai la ratifica della CED, la maggioranza governativa tenderà vieppiù chiara– mente ad allargarsi a destra. L"opera– zione Pinay, di dicotomizzazione della destra monarchica - in conservatri– ce. ed eversiva - che si riprometteva Pella sul piano di Trieste, sta avvian– dosi a realtà per opera di Scelba-Pic– cioni. sul piano europeistico. Dopo di che, l'on. Saragat verrà a riparlarci dell'apertura a sinistra. Noi siamo dunque d'accordo con tutte le opinioni così espresse da Za– gari e Bonfantini. Non siamo invece d'accordo con Zagari, quando egli 'rimprovera a noi, e parimenti al• i'USi, di non essere subito venuti ad ingrossare le file del PSDI, e a rafforzarne la sinistra. Zagari sa quanto noi che l'operazione di rien– tro, dopo la procedura adottata da Saragat per espellerci. era possibile solo dietro garanzie, che non avrebbe– ro potuto essere solamente verbali, ma che dovevano conseguire a prove di fermezza socialista. Allo stato dei fatti, Zagari ci è buon testimone che la prova è mancata. A Milano noi abbiamo sentito, nel convegno della sinistra. una certa am– biguità, che dobbiamo rilevare. Da un lato, infatti, abbiamo sentito, spe– cie tra i rappresentanti periferici, il vivo proposito di mantenere il con– trollo di una corrente socialista sul partito, come, al tempo di Dossetti, la sinistra democristiana si proponeva appunto di operare, affinché fosse il partito a guidare la delegazione al governo, non i ministri a soffocare la politica del partito. Ma d'altra parte. abbiamo pure avuto la percezione di un estremo tentativo di « salvare la faccia ». li caso invero, era chiaro. Dal mo– mento che si decideva la perfetta fe– deltà al partito, bisognava almeno ri– conoscere al nuovo governo un virtuale valore socialista: altrimenti, la logica imponeva la deplorazione pura e sem– plice. magari la ·secessione, comunque la richiesta del Consiglio Nazionale; e altre misure del genere. Così. da un lato, si è avvallata la « novità » dell'ultima edizione centrista; dall'al– tro, si è assunta la funzione di « sti– molo» socialista interno. L'ambiguità sta nell'accettare un fatto compiuto che si disapprova espressamente e pro– fondamente, e di uscirne sperabilmen– te puliti figurandosi di potervi dav– vero esercitare, a posteriori, un'in– fluenza purificatrice. Ora questa è un'illusione cui la sinistra farà bene a rinunciare senza indugio. Essa po– trebbe certamente esercitare una tale funzione, se avesse, almeno, dalla pro– pria parte, la UIL. Ma la UIL, come hanno denunziato taluni suoi rappre– sentanti a Milano, è completamente abbandonata dal partito; né la sinistra ha saputo farsene scudo e guida. Co– me ci si illude allora di poter dav– vero « controllare » i ministri al Go– verno? DEGASPERI NON SITOCCA M ARIO TEDESCHI è un giovane di l tratto cortese, e di bionda barba romantica. Non conosciamo esattamen– te la sua professione; lo sapevamo, tuttavia, accodato al Movimento So– ciale Italiano. Ma oggi sappiamo di I ui qualche cosa di più: sappiamo che è uomo di fiducia di un editore milanese di viva influenza sulla bor– ghesia italiana, Leo Longanesi. Questi gli ha infatti affidato il « rapporto sul comunismo in Italia », uscito sul « Borghese » del 15 u.s. L'inchiesta del Tedeschi è brutta. Brutta perché incompleta (basti dire che ignora tutto della diffusa azione comunista attraverso i partigiani della pace); brutta, poi, perché è falsa: ad esempio essa colloca nel campo co– munista un uomo come Norberto Bobbio. e gli scrittori di <• Nuovi Ar– gomenti », perché, e certo solo per– ché, di estrazione antifascista. La sua analisi delle elezioni nel Sud, ammini– strative e politiche, è del tutto man– cata. Le sue insinuazioni sull'antico– munismo di maniera e di convenien– za di De Gasperi. sono ingenerose. Tuttavia, ferme tutte queste obbie– zioni, ed altre, che per i nostri lettori sono inutili, noi non abbiamo diritto di sorprenderci dei Longanesi, dei Montanelli, dei Baldacci, e dei Tede– schi. Sono tutti uomini da « fronte nazionale », e parlano secondo una logica e una sensibilità non lontana da quella di De Marsanich. Chi ci stupisce, invece, è De Gasperi. Infatti," al primo fascista che parla del comunismo, De Gasperi si crede in dovere di rispondere. Come se que– sto fosse il primo « rapporto sul co– munismo» apparso in tempi recenti. Ignora De Gasperi lo studio, apparso negli USA, di Garosci? ignora, sul– l'avanzamento comunista nel Sud, l'in– chiesta del « Mulino »? ignora l'in– chiesta del TimeJ? Ma De Gasperi invece ha pre- QUESTO C NGLOBAMENTO D AL 10 al 20 febbraio si sono effettuati gli scioperi regionali proclamati dalla CGIL e dalla UIL. Si è concluso cosl il primo ciclo delle agitazioni che avrebbero dovuto significare un inasprimento della lotta per il conglobamento. A questo non pare - almeno per ora - che ne succedano altri. E ciò diversamente da quanto era stato pronunciato. L'UIL non se la sente di essere continuamente accusa– ta di comunismo dalla stampa indi– pendente e ancor prima del 20 feb– braio non aveva trascurato occasione per accusare l'alleata di voler trarre speculazione politica da un'iniziati– va comune che avrebbe dovuto ri– manere sul terreno puramente riven– dicativo. Veramente, alla CGIL non poteva esser mossa, nel corso delle ultime agitazioni, un'accusa del ge– nere, ché s'è guardata bene dal dare un'impronta di colore alle manifesta– zioni operaie che, per dicci giorni, si sono andate succedendo, con al– terna riuscita, dal Piemonte alla Si– cilia, dalla Lombardia, al Veneto, al Lazio. Tali manifestazioni non sono state niente di più duro dei due prece– denti scioperi nazionali: sono durate di più perché attuate per regioni, ma non hanno recato agl'industriali un disagio particolare. In definitiva non si è trattato che di un unico sciopero generale di ventiquattro ore suddiviso in una serie di scioperi a carattere regionale. Ma .la soluzione della vertenza sul conglobamento sembra ancora lontana. Tanto più che alla compattezza dichiarata è corrisposta, nella realtà, NUOVA REPUBBLICA ferito sparare sul Tedeschi, sul– l'untorello missino Tedeschi, sull'in– capace giornalista Tedeschi, tre colon– ne di piombo. Cera una ragione? E' amaro dirlo, ma c'era una ra– gione. Ed è che era tremendamente facile rispondere al missimo Tedeschi. Costui, infatti, con la cortezza di ve– dute della sua mentalità e del suo in– dirizzo politico, tratta il comunismo come un puro fatto organizzativo: ùn fatto che si può stroncare, con un « colpo » secco. E qui è facile, da parte di De Gasperi, replicare che non occorre tanto; che basterebbe ap– plicare la... polivalente. Ma le in– chieste straniere, soprattutto anglosas– soni, mettono invece in causa tutta la politica del quinquennio dal 18 aprile. De Gasperi sa benissimo che qui è la sua vera responsabilità. Forse egli ha indotto gl'italiani a crede– re nello Stato democratico, procrasti– nando sino alla fine, e poi insabbiando, la Corte Cosiituzionale, la riforma della burocrazia, la concretezza di una legislazione antimonopolistica. l'effi– cienza della riforma Vanoni, la indi– pendenza della Magistratura? Queste, e non altre, sono le vere domande a De Gasperi; queste, e non altre, sono le risposte che egli non può dare. E infatti, a questo proposito, che cosa ha saputo dire, l'ex Presidente, nella sua replica al Tedeschi' In primo luogo, nel momento stesso in cui teme il « maccartismo >> dei vari Longanesi, De Gasperi non ha saputo di meglio che fare atto di omaggio a Eisenhower, accusando la politica del partito democratico ame– ricano e.lai ·44 al '48: come se non fosse stato proprio il governo demo– cratico di Truman a salvare allora l'Italia, con dollari. pane. e piano Marshall, e a permettere la dissolu– zione del tripartito. In secondo luogo. quando ha dovuto cercare un sabota– tore interno. crede di averlo trovato nell'on. Giulio Pastore: il nemico del– la legge Rubinacci. Ma l'on. Pastore avrebbe diritto di ricordare le ragioni precise della sua ostilità alla legge sin– dacale dell'on. Rubinacci: ed era che questa, per insipienza, avvantaggiava la CGI L, e stroncava la CJSL. Valeva la pena, a queste condizioni, di prendere la penna in mano? Me– glio, per De Gasperi, tacere. Ma, forse, il silenzio gli è ormai impos– sibile. Da quando De Gasperi è stato bocciato il 28 luglio, si è fisso in mente che chi tocca il ,suo nome, tocca la Patria, il cattolicesimo, la salvezza dell'anima nostra. Egli non può più tacere; si crederebbe, altrimenti, che abbia davvero meritato la sfiducia de– gli italiani: cosa che, è umano, egli non ammetterà mai. Tuttavia, il fatto resta quello: De Gasperi, quella fiducia, se l'è giocata, e non potrà più recuperarla. una tragica situazione di disgrega– zione, avendo la CISL ripreso, da sola, le trattative con la Confindu– stria, tentando di pervenire ad ... una pace separata. Le cose naturalmente non potevano che confondersi e com– plicarsi ancora di più: da una parte abbiamo l'organizzazione di Pastore che continua i vaniloqui con il dr. Costa, dall'altra la CGIL e la UIL che, conclusa la prima parte degli scioperi e {specie la UIL), non vo– lendo iniziare la seconda, hanno chiesto la mediazione dell'on. Vigo– relli. Anche nei momenti più delicati e difficili le organizzazioni sindacali non riescono a trovare un sufficiente senso di responsabilità anteponendo LAVORO e SINDAfJATI le loro meschine rivalità e le loro beghe agl'interessi dei lavoratori: la CISL non vuol saperne di un inter– vento del Ministro del Lavoro poi– ché vuole continuare a trattare con la Confindustria e sostiene - non si capisce bene su quali basi logiche - che con questa è possibile rag– giungere un accordo. Lo stesso on. Vigorelli sembra poco propenso, per ora, ad assumere il ruolo di mediatore, adducendo il pretesto che ogni suo intervento, pri– ma che il governo non abbia otte– nuta la fiducia parlamentare, non sa– rebbe corretto. I COSE DI FRANCIA I I pretesti del giorno Dal nostro corrispondente B ISOGNA riconoscere ai com.unisti la grande abilità con la quale sono riusciti a im.porre all'opi– nione pubblica il problema della C.E.D. Che la massa del popolo francese abbia ancora /'oJsesJione del– la Germania (tre invaJioni in Jet– tant'anni, come si ama ripetere) è esatto; ma l'opinione pubblica, fino a qualche meu fa, collegava C(!n fa– tica l'idea della C.E.D. con quella della rinauita dell'esercito tedesco; è stata la grande abilità dei comuni– sti a dimostrare - con maggiore o minor ragione - che la C.E.D. non è altro che la remrrezione del militari– Jmo tedeuo, della Wehrmacht, del– l'hitlerismo. t vero che i difen1ori del progetto della Comunità di Di– feJa ricorrono anch'eJsi allo spau– racchio tedesco, cercando di dimo– strare che è appunto solo per mezzo della C.E.D. che il mostro potrà eJsere tenuto a bada. Ad ogni modo, il gran problema è oggi quello della C.E.D. E uno - dei risultati è che i grandi problemi Jociali che dovrebbero. preoccupare in primo luogo la politica francese restano in seconda o in- terza linen. Edgar Faure ha potuta varare seri– za troppe difficoltà il mo piano di « ripresa :. economica di diciotto mesi, il cui solo elemento sicuro è la stabilizzazione dei salari al livel– lo attuale, cioè a un potere d'acqui– sto il più bauo da trent'anni a que– st.a parte. Edgar Faure s'è limitato a permettere un « premio » m.i,iimo ai Jalari al di ·Jotto del minimo vi– tale affinché queJto minimo possa essere raggiunto; ma è un minimo che viene considerato ormai i,isuf– ficiente anche da certe categorie di padroni. Com.unisti e JocialiJti han– no protestato, ma le loro proteste non avevano 111.oltovigore i· si vede– va che altri argomenti li preoccupa– vano molto di più. Ma questi argomenti nori sono neppure la guerra d'Indocina. Ades– so che J'è fatta presJ'a poco l'una– nimità dei partiti per auspicare la fine della « Jale guerre:. pare che nesJUno abbia voglia d'ingaggiarsi a fondo per arrivare a questo risul– tato. Adesso c'è la. scusa. che tra un paio di mesi ci sarà la Conferenza di Ginevra, convocata proprio per In complesso, uno spettacolo non edificante, al quale assiste soddisfatta la Confindustria! Questa è disposta ha trattare anche con la CG IL, pur– ché l'on. Di Vittorio, a nome della sua organizzazione, faccia, in via pre– giudiziale. una strana dichiarazione. Dovrebbe dichiarare che i profitti in– dustriali si sono ridotti, in questi ultimi anni. La Confindustria. ha cioè la pretesa piuttosto assurda che un'or– ganizzazione, nel momento stesso in cui le pone il problema di considere– voli miglioramenti salariali, riconosca (ciò che sarebbe errato non solo nel– la forma ma anche nella sostanza) che i guadagni deg'industriali sono ridotti all'osso. La vertenza sul conglobamento ci sta dando la sensazione esatta della crisi del movimento sindacale del nostro paese, il cui nemico peggiore è rappresentato dalle molte discordie che lo dilaniano. Da queste discordie che i lavoratori non capiscono e che sono problema delle direzioni cen– trali, s'è sviluppato il senso di scetti– cismo e di sfiducia della classe lavo– ratrice. Tutte le organizzazioni sorte dalle scissioni dalla CGIL {che è rimasta ciò nonostante l'unica orga– nizzazione numericamente forte) per una dichiarata esigenza di· democra– zia interna, hanno soffocato con !'in– trigo ogni fermento democratico del– la loro base e sono diventate feudo di una ristretta cricca di dirigenti nominati da congressi fasulli. Anche per queste ragioni. ci pare che la soluzione del problema ciel conglobamento non si avrà tanto pre– sto. Certamente avremo modo di ri– parlarne sulle colonne di « Nuova Re– pubblica:., anche se desidereremmo non parlarne più e poter cambiare argomento. risolvere due maJsimi problemi asiatici, Corea e Indocina. Ma non c'è nessuno in Francia, almeno tra coloro che J'intereJrnno di politica, che Ji faccia la minima illiuione mila Conferenza di Ginevra per risolvere il problema dell'Indocina. Dopo Mare jacquet, ministro de– gli Stati Associati (sic), inviato in Indocina per studiare la situazione, Pleven, miniJtro della DifeJa Na– zionale, s'è a sua volta recato in Indocina e, tornandone, ha pre– Je,itato ai suoi colleghi un rnpporto che, in tutto o in parte, a detta dei giorriali, sarà 1nantenuto segreto. Niente di buono, quindi .... E ciò sembrn dar ragione a Men– dèJ-France che il 13 febbraio aveva lanciato, a. Vernon, in un suo di– Jcorso, l'accusa al governo di fin– gere ipocritamente di cercar la fine delle oJtilità con l'idea invece di continuarle. Ma a quale scopo? L'Express, un settimanale che ha rapidamente conquiJtato una certa autorità, non esita a. dnre una spie– gazione piuttoJto perfida. Se i go- 11ernanti della Francia, scrive l'Ex– prcss, Ji aggrappano a un metodo di negoziati pesante, inefficace e pe– ricoloJo è perché temono soprntutto di urtare, sin pure sopra un solo /nrnto e per un istante, i desideri americani. Gli architetti della poli– tica franceu - è Jempre il setti– mana/e Juddetto che lo dice - ,i .tono talmente, e vo/ontarianiente, impegolati nelle sovvenzioni ame– ricane, che non vogliono rischiare di Jtaccarsene sopra "" pu,i_to qual– Jiasi per timore di veder crollare tutta la coJtruzione. Ln guerra d'In– docina, il deficit del commercio estero, il problema tedesco, gli ar– mamenti, l'orientamento dell'econo– mia, la coesione della maggioranza parlamentare formano un com.ples– so eJtremam.ente fragile che vien sorretto, talvolta controvoglia, dal– /' America mediante la sua protezio– ne economico-finanziaria. Vera o falsa l'ipoteJi dell'Express. resta il fatto most.ruoJo che fino al 26 aprile proJsimo, data dell'aper– tura della Conferenza di Ginevra, degli uomini continueranno a ucci– dersi in Indocina perché i capi po– litici Ji sono presi nitri due meJi di tempo per riallacciare le loro discussioni. E reJta. il fatto che, per l'attuale maf!gioranza, C.E.D. e Indocina, molto più che problemi angoscioJi per il paese, sono pretesto e stru– mento di manovre di meschi11issima politica dn corridoio. I due gruppi Jorti in seguito alla JCÌJJione golliJta, l'A.R.S. e l'U.R. A .S., s-ono entrambi avversari della C.E.D., ma tanto ne1l'uno come nell'altro ci sono gli irriducibili e gli accomodanti. Anche il mareJCiallo Juin ha detto corna della C.E.D., ma un progetto modificato, rivedu– to, sarebbe un,'altrn cosa, sarèbbe una cosa da prendere in considerazione. Pinay, a Jua volta, fa campaf!na perché queJta C.E.D., resa potabile anche per i gollisti, poJsa eJJere ap– provata Jenza bisogno dei voti - non tutti Jicuri, specie dopo la rela– zione del compagno juleJ Moch alla CommiJJione degli EJteri de/– I' Assemblea Nazionale - di quei socialisti che, malgrado l'acqua mes– sa nel loro vino, restano sempre troppo roJJi per i bempensanti della deJtra. CoJi queJti problemi 01,goscioJi e capitali per la vita del paeu, do– vrebbero servire specialmente a man– tenere in vita il ga~inetto Laniel e a prorogare la politica dell'immobi– lis,no in politica interna e in ma– teria sociale, poiché non è certo il piano d'Edgar Faure quello che po– trà Jcuotere le energie assopite del– l'eron.omia frarlcese. Ed è anche queJto aspetto rat– tristante della mentalità della destra che spinf!e n bene Jperare: poiché la Francia ha ancora, per fortuna, tanta energia nel JUOseno, che queJtn finirà bene per venire alla super– ficie. Gli errori dell'attuale mal!gio– ranza Ji fanno di giorno in giorno più catastrofici, e una reazione di– venta di "giorno in giorno più inevi– tabile.

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