Nuova Repubblica - anno I - n. 23 - 5 dicembre 1953

6 DISCUSSIONE APERTA ILTITOLO DIUNA CANZONE S OLO in questi giorni ho letto il N. 20 del 20-10-19H di « Nuova Repubblica » e su di esso, oltre ai vari cd interessantiarticoli, ho preso visione di una lettera del Sig. Basilio Magistro indirizzata a Tristano Codi– gnola. Certamente altri più qualificati di me avranno già risposto o risponderanno a tale lettera ma, modestamente, vorrei esprimere pure la mia opinione, opi– nione di un operaio, sul contenuto di essa. Questo non soltanto in risposta al Sig. Magistro, ma pure ai molti al– tri che la pensano come lui. Prima però di arrivare alla sostanza del mio giudizio desidererei narrare brevemente come sono giunto ad es– sere un aderente del M.A.S., chieden– do scusa al Sig. Magistro ed ai lettori per questa mia disgfessione. Vissi la mia gioventù sotto il fasci– smo, perciò alla fine della guerra non conoscevo la politica. Era mio intendi– mento rimanere fuori di essa, ma que– sto mio proposito durò poco. Ben pre– sto compresi che il mio dovere, come cittadino e padre di famiglia, era di in– teressarmi attivamente alle lotte poli– tiche perch~ solo mediante queste, nel clima di libertà portato in Italia dalla liberazione, si poteva sperare in un migliore avvenire per la classe lavora– trice e per tutta la nazione. Non mi iscrissi subito ad un partito. La tessera per me è una cosa molto seria e per– ciò prima volevo conoscere bene la so– stanza dei vari partiti. Lessi molti gior– nali 'di diverse tendenze, ascoltai nu– merosi comizi e, tirando le somme, mi convinsi che il Partito Socialista, allo– ra P.S.I.U.P., fosse quello che poteva difendere gli interessi di noi lavora– tori. Purtroppo in quel partito erano già in atto deleterie lotte interne che sfociarono nella scissione di Palazzo Barberini. Se fossi già stato nel par– tito sarei rimasto nel P.S.I. perché su– bito vidi poco chiara la posizione del P.S.L.I. Vennero le elezioni del 1948 e con esse il fallito esperimento del Fronte Popolare. Dall'esito di queste elezioni compresi che la classe lavora– trice aveva bisogno di un Partito So– cialista unico e forte; autonomo nella forma e nella sostanza, sganciato sia dal P.C.I. che dalla D.C. Un Partito Socialista Democratico di nome e di fatti, con un programma di lotta· serio ed attuabile, tale da raccogliere la fi. ducia di tutte le classi lavoratrici e che, col suffragio di queste, potesse assumere una posizione determinante nello schie– ramento politico italiano se non addi– rittura la funzione di guida della na– zione. Questo era ed è tuttora l'aspira– zione, il desiderio, l'esigenza di tutti gli italiani che vivono di lavoro. Di– versi uomini di buona volontà hanno profuso le loro energie per raggiungere questo scopo, ma purtroppo non sono ancora riusciti nella loro missione. Da parte mia avevo individuato quel par– tito nel P.S.U.,. al quale mi iscrissi e molti lavoratori avevano pure ripo: sto la loro fiducia in questa organiz– zazione politica. Purtroppo il P.S.U. venne assorbito e fagocitato dal P.S.D.I. e così un'altra delusione venne ad ag– giungersi alle molte già subite. Il Sig. Magistro nella sua lettera « Direzione nuova per una politica nuova » nega che il P.S.D.I. sia una organizz:izione clientelistica, sostenen– do invece che questo è un partito a struttura democratica e, a riprova di ciò, cita il fatto che nei vari congressi vi sono sempre stati accesi ed appassio– nati dibattiti. Riconosce che la direzione del par– tito, calpestando i deliberati del con– gresso di Genova, abbia imposto quella errata azione politica, perseguita da an– ni, che portò all'inesorabile condanna del 7 giugno, e la critica per i prov– vedimenti presi contro i compagni del– la sinistra. Trova perfettamente norma– le che i dirigenti del partito, all'in– domani della bruciante sconfitta eletto– rale, modifichino completamente l'in– dirizzo politico e li difende dall'accusa di trasformismo. Esorta i compagni dis– sidenti che condividono la nuova politi– ca del partito a rientrare nelle sue file, rimettendosi al giudizio di un futuro congresso. Dò volentieri atto al Sig. Magistro della sua sincera obbiettività per l'e– splicito riconoscimento che fa nei ri– guardi della corrente di sinistra dissi– dente; credo nella sua buona fede per la semplicità con cui ha steso il suo scritto. Ma debbo obiettargli qualcosa. Non è forse clientelistico un par– tito in cui una corrente riesce, a distan– za di sei mesi, a convocare un con– gresso straordinario i cui deliberati so– no completamente all'opposto di quelli proclamati nel congresso di Bologna, senza che gli eventi politici giustifi– chino tale virata di bordo? Esiste ancora democrazia in un par– tito la cui direzione, pur di imporre la propria volontà, non esita a calpe– stare il mandato avuto dal congresso che essa stessa aveva voluto? Ed il repentino voltafaccia di que– sta direzione dopo le elezioni del 7 giugno? A mio modesto parere J' attuale se– gretario, se non si fosse identificato lui stesso con il partito, avrebbe do– vuto lasciare ad altri più di lui quali– ficati l'iniziativa di impostare la nuova linea politica del partito e, democra– ticamente, rientrare nelle file collabo– rando lealmente con il suo successore. Se non è trasformismo la nuova po– sizione assunta da Saragat e C., perché costoro non fanno pubblica ammenda dei loro errori dicendo o scrivendo che i dirigenti espulsi dal partito ave– vano ragione? Perché Matteo Matteotti, vice segre– tario del partito, in uni circolare ri– servata invita le Federazioni provin– ciali a vagliare attentamente le even– tuali domande di iscrizione inoltrate da compagni che abbiano avuto inca– richi direttivi nel Movimento di Auto– nomia Socialista? In quanto all'invito di rientrare nelle file del partito lo accolgo con molte riserve perché non credo che gli at– tuali dirigenti si rassegnino ad essere messi in stato di accusa e poi in qua– rantena da un congresso. Ed allora non basta cambiare il titolo di una canzone per cambiarne la musica. In– fatti, malgrado i roboanti slogans, nel- Primo a Caro Codignola, due righe in margine alla « di– scussione aperta >. Andiamo a piedi, è meglio; ma e: adelante, Pedro, con juicio ! > (il riferimento a persone è puramente casuale, vero Zerboglio ?) Cioè,. camminiamo. Dobbiamo usci– re dalla morta gora in cui rischia– mo di rimanere invischiati, e pre– sto perché troppo numerosi sono an– cora gli uomini della strada, ed an– che quelli che non si considerano tali, che, nella congestionata circo– lazione delle idee, nella crescente molteplicità dei problemi di ordine contingente, non riescono ad orien– tani, abbacinati, come sono, dalle troppe etichette, dalle sigle - spesso incomprensibili - dei troppo nume– rosi cartelli indicatori della cosiddet– ta panacea per i mali della società. Siamo tutti concordi nel dire che bisogna lottare; bisogna lavorare; bi– sogna gettare il seme che dia i frut– ti; ma scendiamo una buona volta dall'Olimpo. Sono scettico di fronte ai miraco– li e non e.redo alla manna; è facile però pensare che dipenderà soltanto da noi se gli uomini potranno ri– scaldarsi al sole dell'avvenire. Ed al– lora facciamo il punto della situa– zione: da un realistico esame della vita attiva dei partiti organizzatisi sotto l'insegna del socialismo non c'è nulla che ci possa confortare nella speranza della buona riuscita della aspirazione federalistica; e nulla pur– troppo ci è dato ricavare, obiettiva– mente, su questo punto, dalla discus– sione aperta sulle colonne di « Nuova Repubblica >- Questo è un motivo per cui credo alla autonomia del no– stro movimento; condivido perciò la idea di Zerboglio che, per fortuna non ancora completamente scettico, intende muoversi lentamente, da buon alpinista quale era, misurando le proprie forze, dosando il fiato per non perdere terreno, piuttosto solo che in mala compagnia. L'essenzia– le è di non perdere terreno; tu stes– so hai avvertito che non ci sono NUOVA REPUBBLICA le elezioni amministrative continua l'apparentamento con la D.C. Alla Q,– mera : « per carità non votare contro! La politica dell'attuale Governo non si capisce ancora abbastanza. Aspet– tiamo perché se si agisce si corre il rischio di essere tacciati di filo-comu– nismo e magari magari di incappare nella scomunica ! ». Ecco il nocciolo. Il cieco anticomu– niimo porterà il vostro partito alla ro– vina completa. Possibile che non si sia ancora compreso che se continuiamo così, fra cinque anni i voti comunisti aumenterannoancora e sensibilmente? A me pare che, alla luce dei fatti, i vos\(i dirigenti tuttora si preoccupino solo di gettare le basi per aumentare, nelle elezioni venture, la sparuta pat– tuglia parlamentare odierna; ignorando che l'apertura a sinistra si fa con una coraggiosa politica intesa a spezzare l'egemonia della classe padronale nel supremo interesse delle classi lavora– trici. E questo si può fare benissimo anche con una ventina di deputati. Concludendo, penso che tutti i so– cialisti in buona fede mirino alla uni– ficazione. Ma finora purtroppo le uni– ficazioni sono sempre state delle ste– rili tattiche politiche volute dai vertici, ignorando la volontà della base. Anche noi vogliamo l'unificazione e ci bat– tiamo per raggiungerla. Ma vogliamo · una unificazione seria che poggi sulle solide fondamenta della base. La casa del socialismo in tutti que– sti anni è stata demolita. Da molto tempo socialisti di sicura fede, privi di ambizioni personali lottano per ri– costruirla. ·E la si può ricostruire bella, solida ed attraente. Per far questo, a mio parere, si può benissimo usare tut– to il materiale ricuperato, si possono usare di nuovo anche i mattoni più sciupati; basta solo applicarli al loro posto. Quelli buoni si adoperano per i muri maestri, gli altri per le pareti intermedie. Sta a voi, compagni della base, far comprendere ai vostri dirigenti queste cose, far comprendere loro, mentre so– no ancora in tempo, che il paese ha bisogno di fatti e non di parole altri– menti - cito una frase di Anna Ga– rofalo - « essi non saranno assolti nel giudizio che li attende». · ( NINOBARBERO • WJ.vere... e uomini - socialisticamente parlando - preparati sui diversi problemi la cui risoluzione costituisce il program– ma di azione socialista; ma allora, in tale stato di cose, come non si può pensare alla possibilità di formare un nuovo partito che mancherebbe di vertice e di base, cosl penso che non ci sia modo di poterci inserire in una combinazione federalista; oramai tut– ti aspettiamo che il socialismo ci pre– senti qualche cosa di concreto; tu stesso hai indicalo la quantità dei problemi che ancora attendono, non dico la soluzione, ma la semplice im– postazione in termini concreti socia– listici. Gli uomini si preparano con lo studio e con la esperienza e i pro– blemi si risolvono soltanto se bene impostati; tu dici « libera discussio– ne >, « dialogo collettivo >, d'accordo; ma se noi vogliamo conquistare le masse perché diventino domani la base solida su cui poggiare, bisogna far loro capire che non soltanto co– nosciamo l'esistenza dei loro proble– mi, ma anche che sappiamo trovare il modo di risolverli. Che noi si agi– tino i loro problemi non serve; la massa per questo sa fare da sé; noi dobbiamo trovare la maniera di an– dare incontro fattivamente alle loro esigenze. Prima di tutto bisogna for– mare i quadri se si ha la pretesa di guidare le masse nella conquista del– le loro aspirazioni, ed allora inco– minciamo a forgiare noi stessi: esa– miniamo per esempio il problema della previdenza sociale, quello del miglioramento delle pensioni agli sta– tali; prendiamo lo spunto dal pro– getto di legge delega relativo al nuo– vo statuto degli impiegali civili dello Stato oppure dalle iniziative ineren– ti alla Municipalizzazione dei servizi (per indicare cose di attualità), e cer– chiamo di dire la nostra idea indi– cando un sistema di pratica e pro– ficua realizzazione, senza preoccupar– ci se quel determinato problema, da noi impostato, e alla cui risoluzione avremmo certamente contribuito, sarà realizzato, poi, da un governo socia– lista o no, L'essenziale è arrivare alla DEMOGRRZIR INTER e ·u1ono1ormo p litico Caro Codignola, aueuo già aderito al tuo inuito a partecipare alla discussione aper– ta nelle colonne di « Nuova Repub– blica > sui problemi del socialismo italiano, e ti invio volentieri il mio modesto contributo ad un argome11- lo che, nonostante le amare delusio– ni di questi ultimi anni, impegna an– cora totalmente la nostra coscienza di socialisti e di democratici. Ho seguito con interesse il dibat– tito suo/tosi nel tuo giornale: tutti gli intervenuti hanno, più o meno, discusso e sottolinealo gli a.spetti del complesso problema. Ma noi rischia– mo di impelagarci a11cora nella esa– sperante casistica di una problemati– ca, di cui non voglio affatto conte– stare l'importanza perché è una pro– blematica ormai storica, ma che è utile sul piano della discussione a.strat– ta, e non su quello delle decisioni con– crete. Nessuno ha in tasca, è pacifico, la « ricetta taumaturgica > per la riso– luzione dei problemi del socialismo. Ma non possiamo neanche restare ·così, disancorati da una visione uni– taria della politica socialista, divisi sui p roblemi di fondo, e neanche la ba.se può restare a lungo vittima del– l a suggestione delle impostazioni dei capi. A guardare le cause della crisi at– tuale del socialismo italiano, non si riesce naturalmente ad enuclearne la ragione fondamentale e determi– nante; è piuttosto un complesso di cause che bisogna sceverare con chiarezza, con un lavoro necessario di indagine che bisogna fare non solo dal punto di vista delle pro– prie concezioni, ma aderendo alle condizioni reali di esistenza e di svi– luppo delle correnti socialiste che so- lavorare soluzione, importante è che i socia– listi abbiano saputo trovare la chia– ve adatta per aprire la serratura. So– lo allora gli uomini della strada, gli isolati e gli sbandati, si accorgerai1- no di noi e con loro anche tutti quelli che si ritengono più o meno orientati in quanto militano in par– titi più o meno organizzati. Il resto viene da sé. Ma per fare questo bisogna scen– dere dal piano teorico al livello della reale fatica; fra noi ci sono profes– sionisti, impiegati, tecnici, operai, uomini di cultura, uomini di espe– rienza che potrebbero riunirsi a se– conda delle loro affinità in tante pic– cole commissioni di studio per lan– ciare attraverso la stampa e con tutti i mezzi disponibili il risultato delle loro indagini e dei loro studi sui di– versi problemi scelti, in modo da po– ter aprire sugli stessi una libera di– scussione da parie di coloro che aves– sero qualche cosa da dire onde poi raggiungere dei concreti risultati. C'è insomma bisogno di uomini di azione socialista che, liberi da impe– gni di politica attiva contingente, de– dichino le loro energie al servizio del loro ideale. f!. questione di volontà, di coscienza, di coerenza, che richiede sacrificio e modestia. Penso che dalle colonne di « Nuo– va Repubblica > si potrebbe - in– tanto - rivolgere l'invito a tutti co– loro che vogliono lavorare sul scrio a farsi avanti; per ogni problema da affrontare una ristretta commissione di studio. « Nuova Repubblica > dovrebbe ne– cessariamente diventare almeno un foglio settimanale; il maggior costo dell'abbonamento compenserebbe lar– gamente il lieve sacrificio economico degli abbonati per la sodisfazione mo– rale di avere contribuito ad una so– lida iniziativa. Ho gran rispetto per i filosofi,-ma trovo saggio ripetere che « primum vivere deinde philosophari > ! (mi scu– si, Favati). Cordialmente GUIDOl>E (!0111 ,w state espresse in Italia in questi ultimi anni. Uno dei principali equivoci della politica socialdemocratica è consisti– to precisamente in ciò: che la base di quel partito, a forza di aderire sempre più passivamente e senza por– si democraticamente come forza de– terminante della sua politica, agli schemi dei suoi leaders, ha finito per scambiare la lattica con il fine e per identificare, in buona fede, i fini permanenti del socialismo con le manovre e i compromessi della di– rezione e dei congressi. E, stato un fenomeno grave, e i suoi effetti pesano ancora sulla base del partito. Io ho qualche esperienza di organizzazioni in una delle più depresse prouinci, dell'Italia Centrale, e posso dirti che la confusione di idee, a questo pro– posito, è 1.norme fuori e dentro il partito. Ma che cosa si poteva pre• tendere da pochi compagni i quali sono attratti al socialismo da un vago complesso di sentimenti e di ragio• ni che non hanno flitnte a che vedere con le formule de i dirige nti? La v,– rità è che questa ba.se, che doveva essere educata e resa forza operan– te di determinazione politica, è stata sottoposta alla doccia scozzese della politica della direzione, ed oggi d disorientata e a"uuilita. L'altro a.spetto del P.S.D.I. come organismo politico, e forse il più grave, ~onsiste nel fatto che la po– litica perseguita in questi anni ha creato, per la forza stessa delle si– tuazioni e la causalità degli effetti, anche non voluti, di quella stessa politica, incrostazioni di socialismo adulterato, negli uomini e nelle idee, e d'interessi tutt'altro che compatibi– li con gli obiettivi permanenti di una vera politica socialista. Torna acconcio, a questo proposito, il tuo discorso, nell,articolo di apertura, sulla democrazia interna di partito. L'esame della crisi della socialde– mocrazia richiede un volume di pa– r_ecchie pagine, anche per le ripercus– sioni sugli organismi socialisti della crisi generale della politica italiana e del costume. Sarà sufficiente trar– re dalle considerazioni che precedono alcune conseguenze. Il problema dell'unità socialista è anche il problema della democra– zia interna delle organizzazioni, è problema di rinnovamento struttu– rale, di circolazione di idee • di vitalità delle forze politiche socia– liste. Ma per l'interdipendenza • la connessione dei problemi, si pon• subito l'altro fondamentale aspetto di una politica comune, di una co• mune piattaforma politica, come tu dici, dei socialisti. Ritengo ferma– mente che senza la vitalità democra– tica delle organizzazioni e senza la determinazione di una comune piat– taforma politica, i tentativi di unifi– cazione, anche parziale, naufragheran– no o saranno sterili. Le forze poli– tiche in Italia si la.sciano individua– re con chiarezza, le costanti della politica e della società del nostro tempo lo stesso. Si può determinare dunque, una linea valida e perma– nente -di sviluppo di una politica so– cialista moderna, a cui aderiranno, per forza di cose, sia i gruppi orga– nizzati, sia i « socialisti occulti > che sono forse una forza non trascura– bile. Questo sarà il primo atto concre– to, la prima seria enunciazione di principi, la premessa più valida per creare un,unità di forze che siano in grado di interpretare ed attuare una comune politica di socialismo de• mocratico. L'obbiezione che la proposta è trop– po generica, è facile; si tratterà be– ninteso di costituire e di esprimere una piattaforma, che non d,ue •s– sere né un distillato di teorie, né Un compromesso di tendenze, tté una pura e semplice dichiarazione di prin– cipi. Si può e si dev, oggi determi– nare, in una società come quella italiana, una politica che confu,a– m.enle è sentita dal popolo e che gli va, in certo senso, rivelata. Ma co– minciamo a discuterla , a chiarirla tra noi. AIITONIO STELLA

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