Nuova Repubblica - anno I - n. 18 - 20 settembre 1953

6 NUOVA REPUBBLICA I PAGINE DI CULTURA CONTEMPORANEA I LRRIFORMR S NIT RRIR inInohllterra I L campo in cui l'avidità del commercialismo individuale entra in immediato conAitto con una concezione rispettabile dei valori sociali è quello della sanità. Questo è vero per la medicina tera– peutica come per quella preven– tiva. I servizi sanitari preventivi della società moderna combattono la loro battaglia su un fronte mol– to più esteso e perciò in modo meno sensazionale che nel caso della medicina personale. Tuttavia le vittorie ottenute dal– la medicina preventiva sono di gran lunga le più importanti per il genere umano. E questo non solo perché è ovviamente preferibile prevenire la sofferenza che alle– viarla. la medicina preventiva, che è semplicemente un altro modo di dire sanità mediante azione collet– tiva, erige un vero e proprio si– stema di consuetudini sociali che costituiscono una parte indispensa– bile di quella che noi chiamiamo civiltà. In questo campo valori che sono essenzialmente socialisti, dàn– no battagli;t e ottengono un suc– ces o dopo l'altro contro le asser– zioni e le pratiche della società basata sulla concorrenza. Se la vita delle comunità moder– ne è o,µgi diventata tollerabile, ciò si deve a quelle consuetudini che l'attività dell'ispettore sanitario e dell:ufliciale medico hanno finito per imporle. Costoro, è vero, di rado s'ispirano consciamente, in ciò che fanno, alla filosofia socia– lista; ma ciò non toglie che il loro contributo abbia valore pro– prio perché si propone, nell'insie– me, di sottomettere le pretese dei singoli ad un codice sociale il qua– le ha per fine il benessere colletti– vo, per quanto ciò possa riuscire sgradito all'avidità individuale. Basterà visitare i paesi più arre– trati, o le re_gioniarretrate dei paesi più progrediti, per ~dere che co– sa accade quando un simile propo– sito viene sopraffatto. le classi abbienti si procurano questi im– pianti sanitari di cui abbisognano, come tubature dell'acqua collegate coi loro ppzzi privati, fognature e cessi moderni. Una volta soddisfat– te le loro necessità, lottano stre– nuamente contro quei provvedi– menti che tendono a trovare il de– naro necessario per istituire un si– stema generale con cui le stesse comodità sarebbero a disposi11ione di tutti. Più progredito è il paese, p1u , cittadini insistono per avere l'acqua potabile, per avere leggi contro i metodi anti-igienici di preparare e servire il cibo, e contro la fab– bricazione e la diffusione pubbli– citaria di droghe nocive. Potenti interessi particolari che profittano largamente della situazione, costrin– gono la pubblica autorità a com– battere una dura battaglia contro la pretesa che il profitto personale sia il modo migliore di servire la comunità. lo stesso vale per quanto ri– guarda le malattie infettive. La società le liene a bada con una guerra continua condotta sotto for- ma di azione collettiva da parte di uomini e donne che ricevono un salario fisso. Né 'il pagamento secondo l'esito né il movente del profitto contano minimamente. Sol– tanto un fanatico sostenitore della società basata sulla concorrenza po– trebbe vedere nell'opera svolta nel campo della medicina preventiva un segno dell'asservimento dell'indi– viduo a ciò che negli Stati Uniti viene definito « statalismo », e quindi deplorarla. Mi si obietterà probabilmente che queste cose fan– no ormai parte anche del tipo di società di cui sono un avversario. l':ì vero. Ma non ne sono una con– seguenza. Piuttosto, si sono affer– mate malgrado questa società. Esse nascono da un diverso ordine di valori. Hanno cominciato e conti– nuano a farsi strada a prezzo di una dura lotta. Facendosene un vanto, il capitalismo ostenta meda– glie ottenute in battaglie che h1 perduto. Quando consideriamo le grandi scoperte nella medicina che hanno rivoluzionato la chirurgia e il trat– tamento delle malattie, giungiamo alle stesse conclusioni. Furono frut– to dell'abnegazione di uomini e donne il cui lavoro si ispirava a valori che nulla hanno a che fa.e con l'avido trambusto della Bor~a valori: Pasteur, Simpson, Jenner, Lister, Semelweiss, Fleming, Roent– gen - è un elenco che non ha fine. Pochi di costoro avrebbero ammesso di essere dei socialisti, ma sarebbe alquanto difficile con– siderarli uomini rappresentativi del– la società basata sulla concorrenza. La stessa storia si sta ripetendo ora nel campo terapeutico. Q,,i azione individuale e azione col– lettiva sono alle prese in una se– rie di drammatici scontri. Il prin– cipio collettivistico afferma che le risorse della medicina e i sistemi curativi devono essere messi gra– tuitamente a disposizione del pa– ziente o della paziente, quando que– sti ne abbiano bisogno; che la cura e il trattamento medico do– vrebbero essere ·a carico della co– munità; che dovrebbero essere alh portata del ricco come del povero, in base soltanto alla necessità rm,– dica e a nessun altro criterio. Affer– ma che le preoccupazioni finanzia– rie costituiscono per il malato un · serio ostacolo psicologico alla gua– rigione, senza tener conto della inutile crudeltà implicita in un tal fatto. Sostiene che nessuna società può chiamarsi legittimamente civi– le se si nega a un ammalato l'as• sistenza medica solo perché gli mancano i mezzi. Il dolore evitabile è una macchia per qualunque società. Molte ma– lattie e spesso invalidità perma– nenti derivano da un mancato in– tervento tempestivo, e ciò a sua volta dipende dalle alte tariffe e dalla paura di conti troppo one– rosi per la famiglia. Le statistiche mostrano che nella famiglia me– dia è la madre che soffre maggior– mente per l'assenza di un'assisten– za sanitaria gratuita. Cercando di equilibrare il bilancio domestico, lascia per ultimi i suoi bisogni. La società diventa più sana, più serena e spiritualmente più robu– sta, quando i suoi cittadini hanno coscienza di poter godere, tutti in– distintamente, in caso di malattia, del meglio che la scienza medica possa offrire. Ma i lasciti e la ca– rità privata, benché abbiano avuto durante un certo periodo una fun– zione indispensabile, non possono sostenere ·un programma simile. Se si vuole attuarlo, lo Stato stesso deve assumersene l'onere finan– ziario. Quando ero occupato a formu– lare i principi fondamentali della Assistenza sanitaria britannica, do- ANEURIN BEV AN vetti studiare con grande attenzio– ne svariate proposte di finanzia– mento, e poiché questo aspetto del problema è oggetto di appassionate discussioni in molte parti del mon– do, non sarà forse inutile accen– nare alle considerazioni più impor– tanti che guidarono la mia scelta. In primo luogo, in qual i rapporti finanziari avrebbe dovuto essere con le Assicurazioni Nazionali; si do– veva impiantare l'Assistenza sani– taria su basi assicurative? Decisi di no. Mi era sempre sembralo che una base di contributi perso– nali fosse particolarmente inadatta ali' Assistenza sanitaria nazionale. C'è, per esempio, la questione del periodo di qualifica. Vale a dire: tanti contributi per questo bene– ficio, e tanti per questi altri, fin– ché il contribuente non ha pagato abbastanza contributi per aver di– ritto all'intera serie di benefici. Nel caso delle cure mediche que– sto avrebbe dato luogo a intermi– nabili controversie, per non dire della giungla amministrativa in cui ci saremmo venuti a trovare. Ciò si può già constatare in quei pae– si dove la gente fa un'assicurazione privata sulle operazioni come di– stinte dal l'ospedale o viceversa. Qualunque vantaggio possa presen– tare nelle assicurazioni private una cosa simile, sarebbe fuori posto in uri programma nazionale. Imma– ginatevi un paziente che giace in ospedale dopo un'operazione ri– Aettendo tristamente che se l'opera– zione fosse stata rimandata ancora di un mese sarebbe stato qual1h– cato per la mutua operatoria. I benefici limitati per i contributi limitati ignorano il principio fon-· <lamentale secondo cui il disposi– tivo completo della macchina sa– nitaria dev'essere sempre a dispo– sizione in qualsiasi caso, indipen– dentemente dal diritto che il pa– ziente può avere a usufruirne gra– tuitamente. Qualora il paziente affermasse di non poter pagare la cura, sarebbe necessario svolgere un'inchiesta sui suoi mezzi di sussistenza, con tutte le umiliazioni del caso. Non si vede come questo contribuirebbe a quella serenità mentale necessaria per una pronta e piena guarigione. Naturalmente si ha sempre il di– ritto di rifiutare le cure a una persona che non è in grado cl i pagarle. Si può sempre « passare dall'altra parte della strada». t una misura economica ottima, for– se, ma una pessima morale. Alcuni miei amici americani cer– carono in tutti i modi di persua– dermi d1e il miglior modo per evitare l'evidente pericolo di offri– re una assistenza medica gratuita a persone in grado di pagarla, era di fissare un limite di reddito al di sotto del quale l'assistenza sa– rebbe stata gratuita, mentre gli al– tri avrebbero dovuto pagare. Que– sta è la peggiore delle soluzioni. Comporta ancora l'inchiesta, con gli svantaggi che ho già accennato. Per di più si presta a inganni, a falsi e ad ogni sorta di insidiosi nepotismr. E questi non sono che difetti minori. Ciò che appare veramente discutibile è la creazione di un'as– sistenza medica divisa in due, una parte sopra e una sotto la linea dell'oro. t semplicemente l'antica legge dei poveri inglese, rispolve– rijta per l'occasione. Anche se 11 servizio è il medesimo in entram– be le categorie, nella mente del paziente ci sarà sempre il sospetto che non è così, e ancora una volta lo stato mentale sarebbe compro– messo. L'essenza di una soddisfacente assistenza medica è che il ricco e il povero debbono essere trattati allo stesso modo, che la povertà non è uno svantaggio e che la ric– chezza non è privilegiata. Due modi per tentare di andare incontro all'alto costo delle cure sono le assicurazioni e l'inclusione del diritto di mutua nel conlrallo di lavoro. Le as icurazioni sono semplicemente un altro modo pu sfruttare l'azione collettiva a van– taggio dell'individuo. La comp,1- gnia assicuratrice non fa altro che stabilire la percentuale di rischio in un campo determinato, calco– lare la misura delle quote indivi– duali necessarie per coprirlo, ag– giungere spese amministrative e ài– videndi, e infine vendere il risul– tato al pubblico. Esse mettono ,n pratica la legge della vita collet– tiva, in una merce che poi ven– dono e comprano come qualsiasi altra merce. Ciò che in realtà viene compra– to e venduto è il gruppo degli assicurati, giacché i complessi dia– grammi elaborati dalla società non sono altro che una descrizione del comportamento schematico della collettività che è oggetto della ,a– lutazione. A ciò la compagnia non aggiunge altro che i propri pro– fitti. Tale profitto è dunque in– teramente gratuito, perché non dt– riva dalla creazione di nulla. l'assi– curazione privata è il sistema più dispendioso, meno scientifico e più goffo di mobilitare la sicurezza col– lettiva per il vantaggio individuale. In molti paesi la legge lo rico– nosce implicitamente, perché la compagnia assicuratrice ha l' obblr– go di investire una parte, se non tutte le sue entrate, in buoni del tesoro, obbligazioni, ecc. In altre parole, la compagnia deve fare i suoi investimenti nei settori che recano l'impronta più sensibile di una continua azione collettiva. Quanto più l'investimento si av– vicina alle forme di proprietà ca– ratteristiche del capitai ismo, tanto minore è l'elemento di sicurezza collettiva, ed è perciò tanto meno desiderabile dal punto di vista dell'assicurazione. Non potrebbe es– serci un esempiQ più lampante di sfruttamento privato di un prodot– to essenzialmente pubblico. Quando il diritto di mutua viene incluso nel contratto di lavoro, la situazione è alquanto diversa. Qui si ha un esempio di come i lavo– ratori, costituiti in gruppo sociale, riescano a ottenere ciò che non era– no riusciti o non avevano tentate di ottenere come singoli cittadini. C'è il vantaggio che il datore d, lavoro sarà in questo caso meno propenso a far valere le proprie inAuenze contro l'attuazione di un progetto di assistenza nazionale. Egli può essere indotto ad appog– giare dei provvedimenti su scala nazionale perché in tal modo il suo onere verrebbe sostenuto anche da altri. Come tattica politica, per• ciò, la mutua medica presenta qual• che vantaggio; e nel frattempo i lavoratori godono di tma certa pro– tezione fintanto che l'assistenza na– zionale viene ostacolata. Ma non è un valido sostituto del programma nazionale. Una i:><1- se industriale è troppo ristretta per l'ampia gamma di assistenze mediche di cui hanno bisogno tan– to il lavoratore che la sua fami– glia. l'incidenza della malattia va– ria da industria a industria, comt varia il grado di logorio econo– mico e di disoccupazione. Ne fa cemmo esperienza in Gran Breta– gna, allorché alcune delle società approvate sotto la vecchia Assicu razione sanitaria nazionale reclu tarono un numero sproporzionato di membri da industrie con un'alLJ percentuale di malattie e infortu,1i, e affette da una seria crisi indu– striale. Il risultato fu che queste società approvate dovettero ridu · re i premi ai loro membri, memre altre società con una diversa co111- posizione industriale furono in gra– do di distribuire premi interi. la situazione favoriva quindi il forte e danneggiava il debole. Restano due ultime obiezioni ai metodi in questione. Essi creano un caos di progetti grandi o pic– coli, tutti diretti a un medesimo fine: assistere l'individuo in tem– pi di malattia. Viene in luce tutta una rete di ostilità che copre gl'in– teressi particolari di chi si oppone alla razionale attuazione di un pia– no nazionale. Così, agli intri– ghi della proprietà, si aggiungono gli intrighi di quelli che verrebbe– re danneggiati dal progetto nazio– nale. Col passare del tempo, può darsi che sia necessario eliminare questi centri di opposizione pagan– do un alto prezzo in denaro, tem– po e fatica. La seconda obiezione è ancora più seria. Tutti questi programmi hanno come fine il consumo del– l'apparato sanitario. Ma poi lascia– no la creazione di questo apparato senza un piano generale e una direzione centrale. In luogo di sta– bilire relazioni razionali tra le va– rie parti in causa, dànno luogo a

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