Nuova Repubblica - anno I - n. 8 - 20 aprile 1953

I N un articolo pubblicato su queste colonne Ferdinando Giannessi ha caratterizzato con chiare-,za la soffo. cante « alternativa fumetto-supercultu– ra » in cui si dibattono i lettori ita• liani 1 • Esiste infatti una grave frat• tura, che sembra dividere irriducibil– mente gli « iniziati » che leggono Un· garetti, Cecchi o Palazzeschi, da tutti i divoratori del « fumetto » (Liala e la Mitchell comprese). Il fenomeno scaturisce dalla situazione confusa in cui versa attualmente la nostra cultura. Manca anzitutto in Italia una « cul– tura nazionale-popolare » nel senso chia– rito da Gramsci nei suoi Q11ademi. Ancor oggi molti intellettuali « sono lontani dal popolo, cioè dalla " na– zione" », essi « non si sentono legati ad esso..., non ne conoscono e non ne sentono i bisogni, le aspirazioni, i sen– timenti diffusi; ma, nei confronti del popolo, sono qualcosa di staccato, di campato in aria, una casta, cioè, e non un'articolaiione, con funzioni organi– che, del popolo stesso». 2 Alla creazione di una cultura,« na– zionale-popolare » in Italia hanno con– tribuito molte forze in questi ultimi anni. Importanti sintomi di rinnovamen• to si possono scorgere nella narrati– va, nelle arti figurative e nel teatro di Eduardo De Filippo, ma il contributo maggiore è stato quello del realismo cinematografico, da Rossellini a Viscon– ti a De Sica (per citare solo i maggio– ri). Questo cinema dà ragione cieli'im– postazione gramsciana del problema e può essere considerato come il feno– meno culturale più significativo del dopoguerra. Esso è un cinema veramen– te « nazionale-popolare », perché pos– siede tutte le caratteristiche che Gram• sci auspicava per la nuova letteratura italiana: present~ cioè un chiaro « con– cetto intellettuale e morale che è la espressione elaborata e compiuta del!~ aspirazioni più profonde .... della nazio– ne-popolo in una certa fase del suo sviluppo storico ». Esso è « nello stes• so tempo elemento attuale di civiltà e opera d'arte » 8 • I nostri maggiori cineasti, scendendo nei sobborghi di Roma o tra i pescatori cli Aci Trezza, hanno saputo interpretare le aspira– zioni e 1 sentimenti della nostra gente, esprimendoli in una commossa poesia. Ed è sintomatico che questi film ab– biano un successo maggiore nei locali di periferia, dove il pubblico è for– mato da ceto medio e proletariato ed il biglietto costa settanta lire 4 • Questo nostro cinema è andato con– quistando consensi sempre maggiori nel pubblico italiano, superando molte dif– fidenze iniziali e facendosi strada con le sue sole forze, senza il minimo ap· poggio esterno. Ha dovuto combattere contro il sordo ostruzionismo degli esercenti, contro gli ostacoli ufficiosi degli organi ufficiali, contro la censura, contro i finanziatori. Ma soprattutto ha dovuto vincere l'indifferenza di un pubblico narcotizzato dalla produzione hollywoodiana. Alla luce di queste con– siderazioni i risultati da esso ottenuti appariranno certamente cospicui nella loro obiettiva entità. Dice Bigiaretti: « Il film realistico ha snebbiato la mente del pubblico, lo ha tolto dal sogno e lo ha immerso in una realtà... Posto dinanzi a se stesso, dinanzi a casi, a soggetti, a per– sone e ambienti che... rammentano quelli dell'esistenza, lo spettatore è sta– to costretto a una partecipazione ». Quell'interesse che Giannessi nota al– l'estero per il buon romanzo, si può vedere in Italia per il buon film. Un lavoro di De Sica o Visconti o Castella– ni è seguito da tutta l'opinione pubbli– ca e da tutta la stampa con grande attenzione. E gli incassi di questi ulti– mi anni testimoniano un interesse sem– pre crescente. In sostanza la via per uscire dalla UOVA REPUBBLICA 7 CINEMAITALI.ANO ~[GNALAl nazionale e popolare L'alternati~a non è tra fumetto e cultura da iniziati, ma tra il fumetto e una cultura accessibile a tutti morsa « fumetto-supercultura » è quel– la indicata dal cinema italiano. Esso dà una risposta abbastanza chiara allo sconcertante interrogativo posto da Giannessi; interrogativo che egli sembra risolvere negativamente !in dall'inizio del suo articolo (« oggi la nostra cul– tura letteraria sta sfaldandosi e deca– dendo, e non la salveranno certo i di– versi rimedi che qua e là si tentano per ristabilire quel contatto col mondo, che un po' tutti si è perso»). Si è detto che il realismo cinemato• grafico ha fatto già molto nei riguardi del pubblico. Ma molto ancora resta da fare. Ci sono ancora larghi strati di pubblico che frequenta esclusivamente i film hollywoodiani, oppure (ed è questo l'aspetto che ci interessa di più) la nostra peggiore produzione, appartenente anch'essa al vasto regno del « fumetto ». Ma allora, anche nel cinema esiste una soffocante alternati– va? Nel cinema italiano l'alternativa non è tra il « fumetto » ed una cultura da « iniziati », ma tra il « (umetto » ed una cultura accessibile a tutto il popo• lo, appunto perché interprete dei suoi sentimenti e delle sue aspirazioni in questo particolare momento attraverso l'attività dei Circofi del Cinema e dei ) periodici di divulgazione, ma ancorJ molto lontana dalla sua soluzione. Una soluzione radicale è evidentemente le– gata ad un rinnovamento sociale e strut• turale; ma, stando le cose come sono oggi, c'è una via che può essere se– guita con profitto: 1:1) via del prodot• to medio. Anche nel cinema (se pur in forma diversa dalla letteratura) /er· litnn 11011 dalur. Accanto all'opera d'ar– te o comunque significativa (da L1 /erra trema a Il Cappo110) c'è il dram– mone larmoya111 (da Cate11e a / figli di 11eu11110). Manca una vera fioritura di opere dignitose, opere di onesti ar• tigiani del cinema, che siano per il pubblico quasi un ponte di accesso alle opere maggiori. E' una mancanza estre• mameote grave. Qualche esempio di prodotto medio si è avuto: basta ri– cordare Le ragazze di Pit1zzadi Spag11t1 o G11ardiee ladri. Ma sono stati episodi sporadici, frutti estemporanei e isolati. Jmpostare un problema simile nel vivo della proàuzione cinematografica ita· liana è assai difficile per il suo carat• tere avventuroso e caotico. Ma si trat– ta di un punto importante. li prodot– to medio, come lo intendiamo noi, potrebbe diventare un vero e proprio mezzo di educazione del pubblico, mez• zo facile ed anche piacevole, ma teso sostanzialmente a denarcotizzarlo, a purificarlo dalle sue inclinazioni mor– bose. Solo attraverso questo lavoro di « risanamento » è possibile fare qual– cosa oggi. E' un lavoro difficile, ma val la pena di cominciare. Naturalmente non si può sperare in un piano organico « ufficiale », nella attuale situazione. Bisogna appellarsi a tutte le forze sinceramente attaccate alle sorti del nostro cinema, e quindi della nostra cultura. Bisogna creare nell' « avvtnturoso » cinema italiano un indirizzo organizzato e cosciente dei pi-opri fini, che si inserisca con sicu– rezza tra le iniziative isolate e corag– giose dei maggiori cineasti e la dila– gante marea del « fumetto » cinemato– grafico. GIA!l'CARl,0FERRETTI 1 Nuoua Repubblica, 5 marzo '53, pag. 7. 2 A. GRAMSCI, Letleral11ra e uila na• zio1wle, Einaudi, 1952, pagg. 105-100. 3 A. GRAMSCI, Lelleralflra e uita nn:io– nale, Einaudi, 1952, pag. 81. 4 Cfr. inchiesta, di Pitta e Capriolo in Cinema, I sctt. '52, e Cinema nuovo, I gennaio >53_ e L. B101ARETTr, Il realismo italiano ntl cinema e nella narrativa, in Cinema Nuo– vo, 1 febbraio '53, pag. 94. li Uampl1logllo non è aueora I' l~alla S. Weil: La co11dizio11c 071c- 1·ciia, traduzione di Franco Fortini, Edizioni di Comunità, Milano, 1952, pagg. )CVI-324, L. 1700. ' Dei non molti libri della Weil che ci è capitato di leggere, questo ci sembra di gran lunga il più suggestivo e stimolante. Siamo del resto convinti che non passerà molto che anche la no– stra cultura uffiçiale, borghese e prole– taria, si accorgerà di questo straordi– nario personaggio, veramente uno del più affascinanti e « nostri » di que– sto secolo, e tale da rappresentare certo un momento della coscienza del- I l'epoca. Il volume in questione raccoglie tutti gli scritti (diari, articoli e lettere) del– la Weil riguardanti la sua esperienza di militante sindacale ed operaia, ed è qualcosa che veramente mancava. Leg– gendo queste pagine brucianti e appas• sionate di una intellettuale che per conoscere sul serio la folla sconosciu– ta delle fabbriche non esitò ad entrarvi, a sobbarcarsi le fatiche del lavoro pe– sante, a vivere coi sussidi della disoc• cupaziooe, non si può non pensare con malinconia a molto linguaggio sin– dacale di questi anni, a certa ipocr1ta « letteratura » dei professionisti, molti dei quali liniscono per avere del mon• do del lavoro la stessa conoscenza che ne hanno i padroni, ad accostarvisi con lo stesso cipiglio, a soccorrerlo con la stessa magnanimità. A tutti costoro, e a quanti cercano la 11eri1à sulla condizione operaia nel nostro tempo, questa donna esile ed intrepi• da, morta di privazioni e di fatica a 34 anni di età, offre uno straordina– rio materiale di prima mano, un do– cumento rivoluzionario, e la \~stimo– ni3nz3 di una vita. E. Kefauver : Il gangste• ris1no in America, Einaudi, Torino, 1953 - Saggi n. 162, pagg. 350, L. 1500. Questo volume contiene il resocon· to dei lavori condotti negli Stati Uniti dalla Commissione senatori.aie d'inve– stigazione sulla delinquenza di cui il Kefauver fu presidente dal 10 maggio 1950 al l.o maggio 1951. Le conclusioni di tale inchiesta si possono riassumere nei cinque punti seguenti: 1) Esiste negli Stati Uniti un sin– dacato della delinquenza ramificato in tutto il paese, nonostante i dinieghi di una cricca di criminali, di politicanti interessati, di puri sciocchi, e di altri che sono io buona fede e male infor– mati. 2) Dietro le bande locali che for– mano l'insieme del sindacato nazionale della delinquenza c'è un'organizzazio– ne internazionale nota sotto il nome di Mafia, così fantastica che la mag– gior parte degli americani stenta a credere nella sua reale esistenza. 3) Benché i politicanti e i fun– zionari disonesti cosytuiscano una pi.e• cola minoranza in confronto alle cen• tinaia di migliaia di pubblici funziona– ri fedeli e onesti, la corruzione ha raggiunto negli Stati Uniti un livello mai visto. 4) Mentre far rispettare la legge spella in primo luogo alle nuto,ità lo• cali - e davanti a noi sfilò una vera processione di funzionari pubblici cor• rotti o passivi - gran parte della re– sponsabilità di ciò che accade ricade in pieno sugli org~ni crecutivi federali. 5) L'infiltrazione, nel campo degli affari legittimi, di noti criminali ha rag• giunto negli Stati Uniti proporzioni allarmanti. La Commissione scoperse centinaia di casi in cui noti criminali, molti dei quali ricorrendo al metodo «duro», s'erano infiltrati in oltre settanta rami del commercio legittimo. li quadro come si vede è abba– stanza nero, pur tenendo presente che questo so11omo11do su cui l'inchiesta si appunta, non è certo né tutta l'America, né la più genuina, e che esso è d'al• tronde chiaro indice di una civiltà tut• l'altro che stanca e in decadenza, ma an• zi in continuo, rapido, e perciò di– sordinato sviluppo. Particolare da ricordare: su dieci gangsters, otto hanno nome inequivoca– bilmente itali.ano. 8. z.

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