Nord e Sud - anno XX - n. 158 - febbraio 1973

Cronache meridionaliste smo che, sotto l'aspetto ecologico ed economico, è ora sulla via di una delicata guarigione; un grosso corpo che, in queste condizioni, avrebbe facile gioco a scatenare un processo di letale infezione. Pare impossibile che i pianificatori non si avvedano della sproporzione fra il potere in ogni senso corrosivo e conta1ninante di queste e altre attività industriali e la limitata capacità di reazione degli ecosistemi che dovrebbero subirle, quando neppure l'uomo della strada ignora più che gli ecosistenii possono funzionare (e procurare quindi l'equilibrio dell'ambiente) solo. se non vengono manomessi oltre la naturale capacità di omeostasi; e che possono tanto meno sopportare intromissioni quanto più vengono debilitat'i. Evidentemente non si valuta come sia difficile ridare efficienza, rimettere in moto il meccanismo di autoregolazione o comunque mantenere in equilibrio un ecosistema, quanto tempo, denaro e fatica ci vogliono. E come, se· si è responsabili, occorra far precedere qualsiasi intervento sul corpo del territorio (si, anche un modesto movimento di terra, un breve pennello in riva al niare o lungo un fiume) da accurate indagini di specialisti, per stabilirne a priori tutti i possibili effetti ad evitare che il supposto beneficio si traduca in danni, a posteriori incontrollabili o irreversibili. Esistono siffatti accertamenti (ed altri sociologici, economici, logistici, ecc.) alla base dei « piani di sviluppo » di cui stiamo parlando? Esistono studi ed indagini preliminari che assicurino anzitutto un rigoroso fondamento scientifico ai progetti, che diano la giusta ragione al contribuente e i sonni tranquilli al cittadino? In un recente studio che due urbanisti (ALBISINNI e SCHIAVONI, in « Dibattito urbanistico », n. 5, 1972) hanno dedicato alla pianificazione urbanistica e allo sviluppo industriale di Taranto, quale esempio della strategia e della prassi impiegata nelle aree di sviluppo del Mezzogiorno, si analizza come ad esperienza fatta il meccanismo di intervento si sia rivelato un pericoloso fattore di deterioramento tanto sotto l'aspetto politico-amministrativo, quanto sotto quello dell'ambiente. « Infatti i nuclei e le aree di sviluppo industriale, anziché divenire isole di diffusione del benessere, hanno sancito, nella totale assenza di un quadro generale di riferimento relativo alla distribuzione territoriale delle iniziative economiche, il libero sviluppo di quegli indirizzi di fatto, determinatisi con la istituzione delle aree stesse. Ciò ha comportato, oltre al deterioramento delle strutture urbane e territoriali delle aree sottopos'te agli interventi, il danneggiamento degli strumenti e più ancora delle .autonomé capacità di pianificazione locale, sottoposti i primi ai sopravvenuti piani di area e i secondi a sollecitazioni che non erano predfrposti a ricevere » • ... « Si determina cioè la situazione per cui dei piani classificati come territoriali di coordinamento, ma di fatto con obiettivi settoriali, pos55

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