Francesco Co,-npagna conveniente integrare i programmi nazionali di sviluppo con i contributi comunitari. E per progetti si dovrebbe intendere qualcosa di più complesso, più organico e più impegnativo d_i quanto non lo fossero i singoli investimenti che fin.ora sono stati presi in considerazione dalla BEI (Banca Europea degli Investimenti) così come i progetti speciali previsti dalla legge per il Mezzogiorno dell'ottobre 1971 dovrebbero configurarsi come qualcosa di più complesso, più organico, più impegnativo di quanto non lo siano gli interventi tradizionali della Cassa per il Mezzogiorno nei settori e nelle aree di sua competenza: progetti, potremmo dire, di forte e qualificata incidenza geografica: diretti a provocare trasformazioni intensive ed estensive dell'ambiente geografico ed effetti moltiplicatori di sviluppo economico e civile in diverse direzioni. L'Italia si prepari, dunque, a presentare progetti d'interesse comunitario, degni di essere in tutto o in parte finanziati grazie al Fondo di sviluppo regionale. In questo senso, ovviamente, il discorso sui « progetti speciali » previsti dalla nuova legge sul Mezzogiorno si combina con quello sui progetti grazie ai quali il nostro paese, con il suo Mezzogiorno, che è la più periferica e la meno industrializzata area della Comunità, potrà concorrere vantaggiosamente alla ripartizione dei finanziamenti erogabili dal Fondo di sviluppo regionale. Intanto, per i prossimi cinque anni, ci sono 150 miliardi del Feoga (Fondo europeo di orientamento e garanzia per l'agricoltura) da ripartire fra le regioni di agricoltura più depressa: sulla base della più alta percentuale di popolazione agricola e del più basso reddito pro-capite, le regioni del nostro Mezzogiorno potrebbero essere le maggiori beneficiarie di questi mezzi finanziari, destinati a contributi di circa un milione di lire per ogni posto di lavoro nelle attività extra-agricole che possa essere coperto da contadini che abbandonino l'attività agricola. Se avessimo pronti congrui progetti di assunzione nel Mezzogiorno e nelle attività extra-agricole, potremmo concorrere alla ripartizione dei fondi del Feoga nella misura proporzionale ai dati economici e sociali che caratterizzano le nostre regioni meridionali come regioni di agricoltura depressa. E se tali progetti non fossero pronti e non fossero congrui, diventeremmo colpevoli di non aver saputo predisporre le condizioni per utilizzare e valorizzare un impegno con1unitario di considerevole entità. In altri termini, sia il Feoga che il Fondo di sviluppo regionale, ci forniscono utili occasioni per saldare la concezione meridionalista dello sviluppo italiano con la concezione europeista dello sviluppo italiano. Come tutte le buone occasioni, possono essere colte o sciupate; e magari è più facile sciuparle che coglierle. Ma non è vero, co1ne da taluni si crede, o s-i vuol far credere, che la concezione europeista dello svi50
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