Nord e Sud - anno XX - n. 158 - febbraio 1973

Cronache meridionaliste lungo periodo», « 1 bisogni del paese », che, nell'attuale regime economico, sono considerati al più esigenze morali. Il secondo punto che merita di essere trattato, è quello della natura degli strumenti d'intervento nel Mezzogiorno; e si tratta di chiedersi se la politica meridionalista sia adeguata ad avviare a soluzione quello che si ritiene essere un problema centrale dell'economia italiana. Ad ogni momento di svolta della politica meridionalista è associata la ricerca di strumenti d'intervento più affinati che si aggiungono a quelli già disponibili: dalla politica delle opere pubbliche si passa, alla fine degli anni '50, agli incentivi finanziari per l'industrializzazione e negli anhi '60 all'intervento diretto delle grandi imprese a partecipazione statale. Oggi, si sostiene, gli interventi nel settore industriale mirano a favorire le industrie ad alta intensità di lavoro, ed al tempo stesso ritornano in campo - in forma più complessa, come « progetti speciali » - gli interventi nelle opere pubbliche. Ogni volta si è alla ricerca di una leva decisiva, ogni volta si è costretti a mutare la leva. Di fronte alla molteplicità degli strumenti disponibili ed al carico finanziario che essi comportano per la pubblica amministrazione, viene da chiedersi se non esista qualche causa sistematica che - al di là di singole scelte o di errori e che questo o quello organismo pubblico pure può commettere - rende inefficace l'insieme degli interventi almeno per quanto riguarda gli obiettivi essenziali da raggiungere : la diminuzione dell'esodo e l'aumento dell'impiego nell'industria meridionale nel suo complesso. · La struttura industriale del Mezzogiorno, secondo una diagnosi comunemente condivisa, è oggi polarizzata da un lato su imprese di grandi dimensioni, pubbliche o private; dall'altro, sulle industrie tradizionali a conduzione semiartigianale. Le prime hanno scarsi legami con le seconde sia per la natura delle loro produzioni (impianti di base) sia perché la politica di approvvigionamento e di sbocco che esse fanno, risponde a criteri di stretta produttività aziendale (come è nel caso dei nuovi impianti produttori di beni di consumo) e quindi privilegia i mercati extrameridionali, dove i fornitori danno quelle garanzie di qualità, costo e regolarità delle forniture che si presume non possano dare le imprese meridionali. La concorrenza nazionale ed internazionale ha d'altra parte sempre più ridotti i margini di guadagno che i pr9duttori meridionali realizza-· vano sui mercati locali di consumo; l'unificazione normativa del mercato del lavoro (con l'abolizione delle zone salariali) e la pressione dei sindacati operai. hanno aggiunto ulteriori diffiéoltà alle industrie manifatturiere meridionali. 45

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