Cronache meridionaliste esse pure indotte ad assumere nuove iniziative. La domanda delle imprese si espanderebbe quindi maggiormente, a parità di intervento, con misure specifiche che con misure generalizza te. Si tratta di uno schema di ragionamento valido credo, per tutto il Paese, ma di interesse decisivo per il Mezzogiorno le cui strutture produttive, di più recente formazione, sono relativamente più deboli. E infine mi domando se la qualifica di centrale che oggi si attribuisce alla questione meridionale non debba riflettersi nella concezione dei nostri programmi di sviluppo nel senso che l'aumento a un determinato ritmo e a produttività moderna dei posti di lavoro del nostro Paese, da localizzarsi in gran parte nel Mezzogiorno, costituisca più un obbiettivo intorno al quale ordinare le altre azioni che non la conseguenza di queste azioni. Il programma non è forse lo strumento mediante il quale si vuol tenere sotto controllo il processo di distribuzione del reddito nazionale? E non è questo processo che, affermando la centralità della questione meridionale, si vuole modificare? PASQUALE SARACENO L' intervento di Augusto Graziani Il problema dello centralità dello sviluppo del Mezzogiorno investe evidentemente i rapporti tra sviluppo del Mezzogiorno e sviluppo economico nazionale, al di fuori e al di là dei problemi specifici relativi agli strumenti da applicare per suscitare una adeguata trasformazione economica all'interno delle stesse regioni meridionali. In sintesi, il problema che si pone è quello di stabilire se e per quali ragioni la presenza, nell'ambito dell'economia nazionale, di una così vasta regione ancora in via di lento sviluppo, rappresenti un ostacolo alla crescita economica dell'intero paese. Il punto di partenza di ogni ragionamento non può non essere la rilevazione dello squilibrio esistente fra le regioni sviluppate e quelle non ancorai ndustrializzate del paese. Senza ripercorrere la serie degli indicatori sintetici o analitici del sottosviluppo, è sufficiente richiamare un dato particolarmente significativo concernente la struttura dell'occupazione. Nelle regioni dell'Italia nordorientale, gli occupati permanenti. nell'industria manifatturiera rappresentano ( 1971) quasi il 40% del totale dell'occupazione extragricola; nel Sud, la cifra corrispondente è appena del 25%. Per converso, nel Nord gli addetti al settore terziario e alla Pubblica Amministrazione rappresentano il 49% degli occupati fuori dell'agricoltura; questa cifra sale. nel Sud al 56%. 37
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