Autori vari ma soprattutto all'aver voluto considerare il problema meridionale come un problema regionale e non come problema nazionale. Non è qui il caso di soffermarsi su questo punto che è -stato ampiamente trattato nella polemica dei n1eridionalisti, ma forse val la pena di ricordarlo nel momento in cui, sia per il progredire dell'integrazione economica europea che per la situazione di recessione in cui si trova l'economia italiana da tre anni, sembra stia prendendo sempre più consensi l'idea che occorre puntare su una « politica produttivistica » o « efficientista » di cui la principale beneficiaria sarebbe l'industria settentrionale. Una cosa da sottolineare è che le variazioni qualitative desumibili dalle interviste sono inferiori dei pur scarsi miglioramenti quantitativi avvenuti nel periodo 1951-71. Sintomi molto preoccupanti per quel che riguarda il futuro del Mezzogiorno sono la carenza del processo di formazione d'imprenditorialità e la totale insufficienza degli organi locali della Pubblica Amministrazione. Questi infatti non soltanto non contribuiscono allo sviluppo del Mezzogiorno ma spesso addirittura ostacolano il processo stesso. Ciò si riferisce non soltanto ai vecchi organi della Pubblica Amministrazione ma anche a quelli di più recente creazione (quali ad esempio gli organi regionali). Se a questi elementi si aggiunge l'orientamento attuale degli imprenditori privati del Nord sempre più restii a intraprendere investimenti nel Mezzogiorno anche perché impegnati nella ristrutturazione delle loro imprese al Nord si ha un quadro generale di quanto drammatica sia la condizione del Mezzogiorno non soltanto per il presente ma anche per l'avvenire. 20
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