Nord e Sud - anno XX - n. 158 - febbraio 1973

Emma Giam1nattei re come, in questa operazione, si riveli alla fin fine sempre più necessario quel sostanzioso alibi che è, appunto, la letteratura altrui: che sia l'Eliot del Portrait of a Lady, usato nei dialoghi di Distesa estate, o il Calderon de Il principe costante poco importa, poiché è questo 11 gioco che Arbasino chiama « sperimentalismo», il gioco della destorificazione totale. Parimenti, nella misura in cui tutto è sommerso da questo che si potrebbe chiamare << sperimentalismo decadente» (da ogni esperimento narrativo, infatti, affiora marciume giulivamente trattato), si moltiplicano i « maestri >, di questo ludico, evasivo scrittore. Erano Proust e Fitzgerald ai tempi di Piccole vacanze - è l'autore stesso ad informarci, nella nota all'edizione del 1971: « Le mie cotte più vive erano Proust e Fitzgerald; però ero deciso a non lasciarle trapelare troppo immediatamente» (p. 257) -. Poi è la volta di Gadda che, come Arbasino stesso ammette in Sessanta posizioni, si è fatto molti « nipotini» malgré lui (cfr. p. 188). Infine, nell'ultima intervista rilasciata a « Libri Nuovi» (cit.) i maestri sono tre e quanto mai eterogenei fra loro, Balzac, Bertolazzi e Brecht, che potrebbero essere, si immagina, un giorno o l'altro « riscritti » dal nostro Arbasino: non si prestano forse a diventare sontuosi esemplari dell'Inautentico le saghe di Balzac, le Lulù di Bertolazzi e le figurazioni ideologiche di Brecht? (cfr. B. BRECHT,in Sessanta posizioni, cit. pp. 80-91). Non è moralismo il nostro, che paradossalmente sarebbe fuor di luogo appìicare allo scintillante ma126 teriale arbasiniano, tanto esso è estraneo ad un preciso aggancio di carattere etico-ideologico; è piuttosto il risentimento di un lettore che, dopo essersi divertito per le prime pagine dell'ultimo romanzo di Arbasino, assapora man mano la mortificazione dell'immobilità di un messaggio divenuto sempre più meccanico, vezzosamente puntato sull'unico personaggio valido di tutto il marchingegno: Arbasino stesso, abile operatore letterario, vero animale da salotto romano, che con D'Annunzio, o almeno il D'Annunzio « letto » e interpretato da lui, ha in comune il gusto del « [ J ' pastiche' creativo-critico delle estetiche e delle tematiche delle avanguardie più chic » e la « [ ... J golosa entusiastica divorante sensualità per la Femmina cioè per la Parola» (G. D'Annunzio in Sessanta posizioni, cit., pp. 122-123). L'impressione di inutilità e dunque di spreco di intelligenza emerge quasi ostentatamente da questa operazione non funzionale ad una comunicazione comunque orientata, cosicché, potremmo dire, se da una parte sta il giudizio perplesso del lettore di professione, sul versante del vasto pubblico regna il silenzio, destinato ad aumentare, circa i risultati di un'avanguardia o accademica o diretta alla high society degli sfaccendati-informati. In prospettiva, parlare semplice• mente, per questo Principe costante, di « trovare brillanti », di « sublime desublimazione », come pure è stato fatto, significa allora partecipare al gioco-di-società in cui importante è il divertimento momentaneo, il frizzo stancamente intelligente e fine a

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