, Letteratura mente riscontrabile, data la presenza direttamente fruibile del polo « sublime», è che i personaggi di Arbasino si mostrano palesemente a noi come attori che interpretano una parte che « era » sublime, ma che è diventata kitsch appunto nella loro interpretazione-lettera, partecipe di una mezza-cultura gergale, approssimativa e « volgare ». Ed in effetti_ è questo esplicito sdoppiamento fra lo spartito-in-sé e l'esecuzione fattane dall'attore-giovaneun-po'-ottuso, che dà luogo al romance nei due sensi, indicatici da Arbasino stesso, di « fiaba » e di « tipica commedia hollywoodiana »: « Romance ha due sensi tradizionali, abbastanza precisi. Nella convenzione narrativa anglosassone e nella 'teoria dei generi' di Northrop Frye indica un romanzo-fiaba, prevalentemente fantasioso (Emily Bronte ...) contrapposto al romanzo realistico: Dickens, Balzac. Nel cinema degli anni trenta e quaranta, invece, ro1nance sarà piuttosto la 'tipica commedia sentimentale hollywoodiana ' con due personaggi, finte peripezie, e lieto fine velato da una piccola lacrima». (Tre grossi « B », intervista ad A. ARBASINOnel. bollettino Einaudi « Libri Nuovi», luglio 1972). Ciò che deve trasparire nel rorrianzo, ci sembra allora di poter arguire, non è la storia bensì l'idea di Romanzo, l'Idea Borghese per eccellenza, che è poi, secondo Arbasino, sinonimo della falsificazione totale. Ma, è da soggiungere che, operando con irridente consapevolezza all'interno di quest'Idea, attraverso un edonismo e un protagonismo intellettuale di sapore, per così dire, dannunziano, Arbasino sembra volerci convincere che non si può · uscire giammai dalla Letteratura, sia essa dramma barocco o fotoromanzo « popolare »: la falsificazione agisce a tutti i livelli. La Vita è, comunque, Mito, nel senso indicatoci da Barthes: « Il mondo entra nel linguaggio come un rapporto dialettico di attività, di atti umani: esce dal mito come un quadro armonioso di essenze. Si è operato un gioco di prestigio che ha rovesciato il reale, lo ha vuotato di storia e lo ha riempito di natura, che ha sottratto alle cose il loro senso umano in modo da far loro significare una insignificanza umana. La funzione del mito è di svuotare il reale [ ...]. (R. BARTHES, Miti d'oggi, Milano 1962, p. 235). E qui, a nostro avviso, ci avviciniamo al nocciolo del problema - Arbasino: Arbasino ha capito tutto, ha già varcato una volta per sempre la moenia fiammantia di una civiltà decaduta che però ancora ci racchiude; Arbasino, avendo appreso prima e meglio degli altri il gioco disturbante della decodificazione, può indicarci, con disinvoltura di viveur, su quali mistificazioni si fondi quella paraocchiata costruzione che è la Letteratura; dal momento che, per lui, tutto è ed è stato kitsch, e che sempre, nella mitologia a tutto tondo di una Venere di Milo si insinua la nota falsa di una piuma sul sedere alla Mistinguette, così come in un incontro d'amore e gelosia, che parrebbe fornito di tutti i crismi della topicità borghese, la bella sbotta in una pesante imprecazione borghese. È per lo meno interessante nota125
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