Nord e Sud - anno XX - n. 158 - febbraio 1973

I Letteratura se stesso ... Solo alcuni critici equilibrati, ci sembra, pur giudicando abbastanza positivamente il Principe costante, hanno usato formule riduttive e velatamente dubitative. Ad esempio, Geno Pampaloni ha scritto che « l'autore tiene molto a questa sua fantasia pop, ma è la parte che francamente interessa di meno, una parte mondana, da regista più che da scrittore, esterna e ripetitiva. Egli ha confessato che in questo suo libro ' la presenza più forte è probabilmente quella di Palazzeschi '. Ma Palazzeschi, e specie quello più inventivo e beffardo che gli piace di più, non aveva bisogno di scenari: i suoi personaggi creavano da soli i propri « costumi », così come Atena nacque già armata dal cervello di Giove. E tuttavia, poiché ormai sappiamo che la natura visiva, catalogante, dell'intellettualismo di Arbasino gli serve di diapason per sintonizzare la fantasia, accettiamo questo bric-à-brac, del resto non di rado spiritoso». (Il principe costante, nel « Corriere della sera», 31 dic. '72). Giuliano Gramigna, dal canto suo, ha chiuso la sua recensione in questi termini: « Perché il Sublime contemporaneo. non potrebbe essere la Beffa Ambigua? A questo titolo nessuno ha più ingegno, fantasia, cinica precisione di Arbasino ». (Arbasino si diverte col « Principe costante » ne « Il Giorno», 6 dic. '72). Al contrario, plaudire incondizionatamente a quest'opera, vuol dire anche dimenticare che il giovane Arbasino, che davvero amava Proust e Fitzgerald, testimoni della decadenza borghese; ha saputo rivelarci, ripetiamolo, i vezzi malinconici di un settore non trascurabile della società italiana del dopoguerra nella misura garbata dei racconti brevi cli Piccole vacanze: dove il mondo borghese viene vjsto con gli occhi meravigliati e adoranti del ragazzino di Distesa estate o con quelli appassionati e come invidiosi dell'anziano amante di Claudia-Cuor di senape in / blue jeans non si addicono al signor Prufrock, dove l'equazione « ricca borghesia - amore - gioventù » respinge la scalata al capitale dal momento che ricchi borghesi si nasce e l'acquisizione del capitale implica, per il sado-masochista Arbasino, lo scotto dell'impotenza. È. questa appunto la giusta misura dell'Arbasino che non nasconde, o non riesce a nascondere, la sua Passione Borghese ricca di nostalgici fermenti. Perché allora trasformarsi in un trascrittore della letteratura che ad una boutade vuole a forza fornire la struttura macroscopica del romanzo? Perché abilmente manomettere materiali eterogenei in cui nessuno più crede, utili soltanto ad un gioco che vuole ostentarsi come meramente letterario: per una nuova « autonomia dell'arte»? A questo punto, vorremmo proporre, si può solo ammirare la costanza senza vere soluzioni di continuità di questo scrittore che si a.ppaga di mimare il comportamento tipico di certa borghesia lombar- . da, tutta presa, non si sa quanto comièamente o tragicamente, dal suo forsennato « lavurà ». E così, mentre lo sperimentalismo va sperimentando la sua stessa fine nello scontro con una del tutto imprevi127

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