Girolan10 Cotroneo fossero (ma già nel 1871, durante la Conferenza londinese dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori aveva detto che « non si deve credere che il fatto di avere degli operai in Parlamento sia irrilevante »; questo perché « se si soffoca la loro voce [ ...] queste rappresaglie e questa repressione esercitano una profonda influenza sul popolo », mentre se « possono parlare dalla tribuna di un Parlamento tutto il mondo li ode »; così, « sia nell'uno che nell'altro caso ciò assicura una larga pubblicità ai nostri principi » ). Non lontano da queste posizioni era Engels, il quale durante la stessa Conferenza così parlava: « Le libertà politiche, il diritto di riunione e di associazione, la libertà di stampa, queste sono le nostre armi; e noi dovremmo incrociare le braccia e praticare l'astensione proprio quando ce ne vogliono privare? Si dice che ogni azione politica significa riconoscere ciò che esiste. Ma se ciò che esiste ci fornisce i mezzi per protestare contro ciò che esiste, l'impiego di questi mezzi non è un riconoscimento dell'esistente ». Da parte sua, anche Lenin in uno dei più celebri fra i suoi opuscoli, L'estremismo, malattia infantile del com.unis1no, polemizzando contro quelli che chiamava i « sinistri », osservava « che la partecipazione alle elezioni parlamentari e alla lotta dalla tribuna parlamentare è obbligatoria per il partito del proletariato rivoluzionario, precisamente al fine di educare gli stati arretrati della propria classe; precisamente al fine di risvegliare e di illuminare le masse nirali, non evolute, oppresse, ignoranti ». E concludeva con questa perorazione: « Finché voi non siete in grado di sciogliere il parlamento borghese e tutte le altre istituzioni reazionarie d'altro tipo, voi avete l'obbligo di lavç>rare nel senso di tali istituzioni appunto perché là vi sono ancora degli operai ingannati dai preti e dall'ambiente dei piccoli centri sperduti; altrimenti rischiate di essere soltanto dei chiacchieroni ». Le tesi che abbiamo sentito proporre da Marx, da Engels, e soprattutto da Lenin, si. rivelano chiaramente ispirate al principio machiavelliano del fine che giustifica i mezzi, principio che Bakunin - e per altre vie lo vedremo più avanti - chiaramente rigettava. Tutto ciò fa pensare non solo che né Marx, né Engels, né tanto meno Lenin consideravano che il mezzo finisce sempre con l'incidere sul fine, ma fa anche tornare alla mente l'ironica battuta, ricordata da Croce, di uno scrittore reazionario, il quale così diceva ai suoi avversari progressisti: « In nome dei vostri princìpi esigo per me la libertà di opinione; in nome dei miei la nego a voialtri ». Ma torniamo al nostro discorso al punto dove lo avevamo lasciato, osservando come l'ultima citazione di Lenin ripropone i due rnotivi fon112
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