Nord e Sud - anno XX - n. 158 - febbraio 1973

Pasquale Curatola In una situazione di tal genere, l'obbligatorietà dell"azione penale acquista un suono beffardo, anche perché solo ipocritamente si potrebbe celebrare la consumazione del suo sacrificio sull'ara dell'indipendenza? Nessuno potrà mai, con sicura e serena coscienza, negare la possibilità, non del tutto teorica o ipotetica, di condizionamenti occulti che, per vie sotterranee, incanalino l'azione degli uffici del Pubblico Ministero; nessuno può escludere, particolarmente nelle fasi più travagliate della vita delle istituzioni democratiche, che forze politiche, associazioni più o meno limpide e segrete, a Palermo come a Torino, gruppi di pressione, trovino più agevoli approcci, più facili sentieri di infiltrazione e di persuasione presso organi che non sono chiama ti a rispondere del loro operato, anzicché presso quelli che sono tenuti a darne conto. Soprattutto il governo è nelle condizioni più ideali per suggerire e talvolta imporre, attraverso sottili ed accorti meccanismi, una sua propria politica giudiziaria, penetrando in tal modo, clandestinamente, negli affari della giustizia, e rimanendo del tutto immune da qualsiasi forma di censura e di controllo parlamentare. Il che può essere estremamente comodo per il governo, ma è certo scomodo per i cittadini, oltre che assai pericoloso per le istituzioni democratiche, che dalla partecipazione, dai controlli, dalle responsabilità, traggono il loro più vitale nutrimento. Questo sistema italiano che fa del Pubblico Ministero un inquisitore bifronte, mezzo giudice e mezzo accusatore; che non consente allo Statoamministratore, vittima del reato, di controllare chi è preposto alla tutela dei suoi interessi; che rende mitica l'obbligatorietà dell'azione penale; irresponsabile il Pubblico Ministero; intangibile il potere esecutivo per ciò che attiene all'amministrazione della giustizia, non trova riscontro in nessun altro Paese del mondo, qualunque sia il regime da cui è retto. E mi pare, questa, una notazione assai importante e significativa, degna di esser meditata. Taluno parla di « via italiana del Pubblico Ministero », ma forse sarebbe meglio parlare, più realisticamente, o melanconicamente, di Pubblico Ministero « all'italiana », del quale, purtroppo, temo sia proprio difficile sapersi liberare. E lo scetticismo trova giustificazione nel fatto che (se vogliamo essere sinceri fino in fondo, senza sollevare cortine fumogene), dobbiamo riconoscere come non convenga modificare un tale stato di cose né ai magistrati, né al potere esecutivo, né alle forze politiche egemoni del governo o dell'opposizione . .Non ai magistrati! È chiaro, infatti, ed è umano, che nessuno si . sente disposto a rinunziare agli indubbi vantaggi connessi ad uno status personale che lo privilegia. E le ripulse non vengono solo dalla magistratura requirente, ma anche da quella giudicante, perché la promiscuità delle carriere consente continui passaggi da un ramo all'altro, il che 102

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