Nord e Sud - anno XX - n. 158 - febbraio 1973

Il porto di Napoli È questa la configurazione moderna del grande porto : lo provano le soluzioni adottate in tal senso nelle ipotesi di riassetto del sistema portuale britannico, formulate dalle commissioni Rochdale e Devlin 18 , la stessa configurazione dell'Europort di Rotterdam, lo schema di assetto territoriale dell'organismo portuale di Marsiglia, l'evoluzione subita dalla stessa Genova nel nuovo piano regolatore del Grande Porto, i risultati a cui è pervenuta la conferenza di Bruges, sul futuro dei porti europei 19 • Ovviamente, nella stessa misura in cui al vecchio porto si sostituisce la recente configurazione del complesso portuale, sorge il problema di ricercare gli strumenti operativi attraverso i quali realizzare la gestione delle attività che la nuova dimensione dello spazio portuale consente di svolgere. Che non possa trattarsi esclusivamente di amministrazione, ma si debba giungere ad esaltare la funzione imprenditoriale degli organi di gestione, sembra ormai chiaro per tutti. Tuttavia, quale debba essere l'unità territoriale su cui dimensionare la suddivisione delle competenze e ripartire l'attribuzione dei compiti istituzionali e dei poteri di ciascun ente, è quanto sembra meno chiaro. In molti hanno sostenuto la possibilità di creare un'Azienda Autonoma che, come quella delle ferrovie, gestisse i porti. Il territorio nazionale sarebbe suddiviso in compartimenti, costituiti attraverso un riesame delle funzioni primarie e dei rapporti di complementarietà che legano i singoli scali e nell'ambito di direttive comuni di politica portuale, ciascun complesso, autonomamente, gestirebbe gli spazi portuali ricadenti sotto la propria giurisdizione. Ipotesi più suggestiva che altro: creerebbe un organismo macchinoso ed uniforme, laddove la realtà portuale abbisogna di strumenti agili, adattabili ad una disparata varietà di configurazioni produttive. Non sembra, quindi, che si possa confezionare una formula migliore di quella dell'ente consortile, costituito in forma obbligatoria tra lo Stato, gli altri enti autarchici territoria1i, alcuni enti economici, le rappresentanze degli operatori e dei lavoratori e, in forma volontaria, da tutti gli altri organismi interessati allo svolgimento della funzione portuale. Per la identificazione degli enti locali da consorziare obbligatoriamente può sorgere qualche problema in quanto, in linea di massima, questi dovrebbero risultare dall'estensione del retroterra portuale, i.I 18 Marchese U., I rapporti delle commissioni Rochdale e Devlin nel quadro degli sviluppi della politica portuale inglese. Centro Studi Problemi Portuali, n. 3, Genova, 1%8. 19 In particolare· Regul R., Future Development of Mariti me Transports and I ts lmplcations on Harbour Facilities in Western Europe, in L'avenir des ports européens, Atti della settimana _di Bruges,· Bruges, 1971, voi. I, pagg. 32-72. 91

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