« Nuova» e « vecchia» industrializzazione in CamJJania sia sul mercato nazionale che su quello internazionale. Di qui l'esigenza di una loro differente dislocazione sul territorio, soprattutto per quanto riguarda le aziende ubicate all'interno dei quartieri « storici » di Napoli, cosa non impossibile dal momento « che si tratta di produzioni poco sensibili all'economia esterna e che, qt1indi, non subiscono· vincoli rigidi di localizzazione cl1e 110n siano quelli di u11 st1fficiente ampio mercato del lavoro». Per quanto riguarda, infine, la lavorazione delle pelli e del cuoio si può ripetere, sia per la struttura che per i problemi, quanto abbiamo notato per le precedenti sottoclassi. In tutto si tratta di circa 90 aziende (di cui 18 a Napoli con circa 1000 addetti) di piccola e media dimensione; ma con una grossa eccezione rispetto a quanto sin qui detto: la massima concentrazione non si ha nel comune di Napoli, bens1 i11 quello di Solofra, in provincia di Avellino, dove si contano ben il 50% circa sia degli addetti che delle unità locali. L'industria del legno e del niobilio. - Discorso sostanzialmente identico a quello svolto per il settore precedente può essere fatto per l'industria del legno e del mobilio. Anche in questo caso una struttura particolarmente debole e frammentata è soggetta a processi di ristrutturazione, tendenti a dare una reale base industriale alla lavorazione del legno in Campania. Vi sono, però, delle notevoli differenze con il settore precedente: lo scarso peso che l'industria del mobile ha nella regione rispetto alla produzione nazionale (poco più del 2 %), cui bisogna aggiungere anche la bassa rilevanza che il settore ha nei confronti della struttura dell'industria manifatturiera della Campania. Nel 1969 risultavano mediamente occupati nell'industria del legno e del mobilio, a livello regionale, poco più di 34 mila persone, pari al 6,7% dell'intera occupazione manifatturiera della Campania (nel 1951 tale incidenza era pari al 9,2% ). Più in particolare, va detto che il settore tra il 1951 ed il 1969 ha perso ben il 13% degli occupati, percentuale che si eleva al 23% se come anno di confronto si prende il 1959, anno in cui si è registrata nel settore la massima punta di occupazione. Anche in questo caso, quindi, si può affermare che siamo in presenza - come del resto a livello dell'intero paese - di un « processo di . mutamento strutturale che ha già consentito a talune aziende di passare da una organizzazione di tipo semi-artigianale ad una di carattere industriale. A tale processo vanno fatte risalire le. osservazioni che si po,ssono raccogliere negli ambienti interessati, ove va acquistando sempre maggiore credito l'opinione che il decennio del '70 dovrà rappresentare per il settore il periodo dellà ' tecnicizzazione', volendosi con tale neologi- · 87 Bibiiotecaginobianco
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