Giornale a più voci Questa legge, arrivata all'approvazione parlamentare dopo lunghe vicissitudini, si propone di dire una parola nuova rispetto ai fallimentari interventi di stampo tradizionale realjzzati finora nei territori montani del nostro p_aese. La legge infatti prevede essenzialmente cl1e, all'interno di zone previamente delimitate dalle autorità regionali, si costituiscano delle « Comunità montane », sotto forma di consorzi tra i Comuni interessati, le quali elaborino dei « piani zonali di sviluppo » da inserire - in un modo che, co1ne si vedrà, non risulta molto chiaro - nella programmazione regionale e, attraverso questa, nella programmazione nazionale. Questo provvedimento meriterebbe un lungo commento, ,poiché molti dei suoi contenuti incidono - per un verso o per l'altro -- sulla più vasta materia della programmazione economica e della pianificazione territoriale, e dei rapporti che tra di esse intercorrono. In questa sede ci limiteremo ad alcune osservazioni di carattere specifico, che tuttavia adombrano tali più generali questioni. La legge indica come proprie finalità, rispettivamente all'art. 1 e all'art. 2, quella di « una politica generale di riequilibrio economico e sociale» e quella della « eliminazione deg]i squilibri di natura sociale ed economica tra le zone montane e il resto del territorio nazionale». Sarebbe quindi lecito attendersi che la legge indicasse, per raggiungere obiettivi di tale importanza e portata, delle politiche di ampio respiro, non solo dal ·punto di vista degli strumenti di intervento, ma anche dal punto di vista dell'ampiezza dei territori sui quali intervenire. Ma i contenuti della legge appaiono ampiamente inadeguati al raggiungimento di tali finalità, se non addirittura in contrasto con esse. La legge prevede infatti la ripartizione del territorio montano di ciascuna regione in « zone omogenee in base a criteri di unità territoriale, economica e sociale», per le quali si deb,bono elaborare i « piani zonali di sviluppo 1 ». Si mostra cioè di considerare l'ambiente montano come un ambiente da sviluppare e pianificare « in sé», e non quindi come un an1biente le cui suscettività e possibilità evolutive debbano essere necessariamente individuate in ambiti più vasti, all'interno dei quali è solamente possibile considerare i singoli territori collinari e montani nei determinati loro rapporti - attuali o potenziali _, con le pianure. Come infatti sarebbe altrimenti possibile « prevedere le concrete possibilità di sviluppo » rlelle singole zone (art. 5), se ci si limita a considerare il solo ambiente montano? È per questi motivi che, a nostro avviso, le Regioni - qualora decidessero di procedere effettivamente all'applicazione della legge - non potrebbero far· altro che modificare il criterio della « omogeneità», tecnicamente di assai dubbia utilità e comunque inadeguato rispetto ai problemi da risolvere. E sostituirlo, in sede di pianificazione territoriale, col criterio della « interrelazione» o « integrazione» tra territori montani e territori vallivi o di pianura (comprensori) o tra territori montani a armatura urbana (direttrici di sviluppo). È per tutti questi motivi che l'indicazione di una « nuova economia mon43 Bibiiotecaginobianco
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