Pietro J ozzelli nisca per attirare nuovamente verso lo scacchiere mediterraneo l'attenzione degli Stati Uniti, e rie provochi alla fine una più diretta presenza; che è, appunto, quanto sta per avvenire. Per di più, a mano a mano che la tenaglia sovietica tende ad avanzare verso il Medio Oriente, e a protendersi nel medesimo tempo verso il cuore stesso dell'Asia, si rafforza la linea di resistenza dei paesi non arabi, e forse di alcuni fra gli stessi paesi arabi, inevitabilmente preoccupati dall'invasione moscovita. Gli accordi, ormai soltanto formali della CENTO, potrebbero, per questa via, riprendere nuova vitalità proprio a seguito di sollecitazioni provenienti da parte della Turchia, dell'Iran, del Pakistan, la cui stessa autonoma esistenza politica rischierebbe di essere compromessa. Da qualche mese, dunque, sembra che gli americani si siano accorti che la penetrazione sovietìca richiede un1 a risposta diretta. Tuttavia, misurate alla polit,ica di Mosca in questo scacchiere, le tre iniziative ap·paiono parziali e, sul piano politico, insufficienti, in quanto risposta essenzialmente strategica, dettata dalla necessità di contenere la crescente presenza militare e di contrastare l'influenza dell'URSS. In esse non si scorge il primo atto di un disegno politico coerente per creare nella regione un polo alternativo, in grado di esercitare una forza di attrazione superiore a quella sovietica. Qui è, forse, il punto di maggiore debolezza della strategia americana nel Mediterraneo: soprattutto perché essa deve fronteggiare una strategia, come quella sovietica, essenzialmente politica, spesso di alto livello diplomatico, in una zona che ha costituito un obiettivo tradizionale di Mosca. Nel M·editerraneo, .gli americani non hanno alle spalle una tradizione diplomatica e politica paragonabile, per esempio, alle diverse dottrine per l'Europa e per l'America Latina, che, a parte ogni valutazione di merito, sono state comunque in grado di svilupparsi coerentemente sulla base di interessi economici, presenza militare e aspirazioni politiche. È forse possibil~ individuare un dato, 11el rinato interesse diretto americano per la regione, che potenzial1nente indica alla diplomazia di Washington una prospettiva politica: dopo la morte di Nasser, pur tra molte cautele e difficoltà, gli americani sono riusciti a riprendere con il nuovo premier egiziano il filo di un dialog·o prima deteriorato,, co·n il rifiuto di finanziare la costruzione della diga di Assuan, poi definitivamente interrotto, con il precipitare della crisi sfociata nella guerra dei sei giorni. D'altra parte, lo stesso Sadat, nonostante l'immutata intransigenza verbale, fa dire a Heikal, direttore del giorna_le semi-ufficiale del Cairo, « Al Ahram », e suo consigliere politico, che l'Egitto è disposto, sia pure a determinate condizioni, a ristabilire co,ntatti anche con gli americani. Resta da osservare, comunque, che queste caute aper106 Bibiiotecaginobianco
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