.. I I Giornale a più· voci gidirsi della filosofia sartriana in uno schema, quello della Critique, cl1e non rispondeva più neppur esso alla realtà storica, ·al fallimento del mito del1' engagement, dell'impegno che o era astratto o era al servizio di un gruppo o di un'ideologia politica. E ài tt1tto questo, chi ne è perfettamente consapevole è proprio Sartre: la sua rivista ha definito F~oucault, per bocca di Sylvie Le Bon, « un positiviste désespéré », e la sua dottrina, per bocca di Miche! Amiot, un « relativisme culturaliste » ( « Les temps mo-dernes », gennaio 1967); ha definito, con André Glucksmann, quello di Althusser « un structuralisme ventriloque », individuando ciò che di « illisible » co-ntiene l'interpretazione da lt1i data del Capitale (marzo 1967); e Sartre stesso nella intervista concessa a Bernard Pingaud ( « L'arc », 1966, n. 30), che ci pare sia l'unica sua presa di posizione ufficiale davanti ai nuovi « 1na'itres » della cultura francese, ha tentato di sminuire la portata di questo nuovo movin1ento dicendo che si può solo parlare di « tendance dornina11te » dal momento che, a suo avviso, « le plzénomène n' est pas général ». l\t1a a parte questa differenza quantitativa, in sé irrilevante, Sartre, come dicevamo, è perfettamente consapevole che dietro questo movimento culturale, che egli, dimostrando p-urtroppo scarsa fantasia, ha definito « le dernier barrage que la bourgeoisie pitisse encore dresser contre Marx», c'è il riiìuto della sua filosofia, che sarebbe poi, come egli ancora dice, « le refus de l'histoire ». · Che tutto il movimento di pensiero oggi predo1ninante 11ella vita culturale francese si presenti essenzialmente come antistoricistico, è indubbiamente vero; ed è proprio per questo, come abbiamo precedentemente detto, cl1e non saremo certo noi a dimostrare entusiasmo per esso: « l'hon1me déshistoricisé » che Foucault ha ridotto ad un semplice capitolo della storia naturale ~ di cui preconizza « la fin prochaine » non è certo per noi un arg(?mento partico1armente convincente; il suo positivismo non più « dei f aits » ma « des s·ignes », il privilegiamento delle strutture nei confronti della storia che egli condivide con Althusser, il quale a sua volta nega persino il carattere storicistico del marxismo a cui vuole ambiziosamente e presuntuosamente dare una nuova « consistance théorique », non sono certo argomenti che possano esercitare profonde suggestioni su di noi: ed a questo proposito non possiamo non condividere la tesi di Elio Gioanola, il quale l1a affermato che « la lezione dello storicismo europeo, soprattutto italiano e tedesco, può rivelarsi salutare contro l'arrogante baldanza dello strutturalismo nord-europeo e americano, che pretende di poter sottoporre ogni fatto -umano alla fredda imparzialità della strumentazione scientifica, uccidendo il vivente per poterne effettuare l'indagine anatomica » senza rendersi conto -che è sempre « una sconfitta· della ragione questa astratta e siderale. decifrazione dai fatti al di fuori della loro matrice 11mana e storica ( « Rivista di Studi Crociani », genn_aio-marzo 1967). Ma il rifiuto che opponiamo all'antistoricismo strutturalistico non ha le stesse motivazioni del rifiuto .che gli opp~ne Sartre: il. quale infatti,. proseguendo l'irttervista a Bernard Pingaud, dop-o aver parlato di quel « refus de th-istoire » di cui abbiamo detto, -ha poi aggiunto: « De.rrière l'histoire, bien 73 Bibl.ioteca·ginobia-nco
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