Nord e Sud - anno XV - n. 99 - marzo 1968

I Mario Pannunzio Ecco: noi vorremmo essere di qitelli per i quali il giudizio di Pannunzio continuerà ad esercitare una forza che nessun estraneo potrà , immaginare; per i quali la 1nemoria di Pannunzio sarà ancora la voce della coscienza; per i quali il ricordo di Pannunzio sarà ancora capace di suscitare « energie vitali ». Abbiamo fatto parte di quella comunità ideale che il direttore del « Mondo » aveva saputo creare e della quale l.lgo ·La Malfa ha ricordato· la coesione e la coerenza sulla « Voce repubblicana »: averne fatto parte è un privilegio che ci impegna per sempre. E tuttavia, sul piano dei sentimenti più imn1ediati, non ci riesce anco~a di superare quello stato d'animo che Franco Libo,nati ha espresso per tutti noi, scrivendo, sulla « Voce repubblicana », che, nel momento in cui il « gruppo degli intimi » si è fermato al cancello della clinica, <lopo aver dato l'ultimo saluto a Mario Pannunzio che si allontanava verso l'ultima dimora, in quel momento, gli è sembrato che mo,lto della sua vita, e non solo della sua, « si allontanasse con lui ». Abbiamo vissuto con Pannunzio uno dei monienti più alti della storia del giornalismo politico nel nostro paese: « uno dei momenti più alti e nobili della nostra stessa esistenza», per dirla ancora con le parole di Ugo La Malfa. Abbiamo voluto citare alcuni degli an1ici che sui quotidiani e sui setti1nanali hanno scritto di Mario Pannunzio all'indomani della sua ultima giornata: li abbiamo citati perché essi ne hanno scritto prima che toccasse a noi, perché rion avremmo potu.to dire meglio di come l'lianno detto loro del ruolo avuto da Pannunzio nei confronti del giornalismo e della cultura in Italia durante questi ultimi venti anni, perché ciò che essi hanno scritto ci ha dato il conforto di sentire insieme ad altri il vuoto che si è creato intorno a noi e in questo vuoto il dovere di essere all'altezza, per quanto ci è po·ssibile, dell'amico perduto. Ma che dire di coloro che in questa occasione hanno; volitto accennare, esplicitamente o implicitamente, ad una presunta sterilità, ai limiti « moraleggianti » ed all'isolamento di una posizione come quella che Mario Pannunzio ha tenuto, nella quale noi ed altri ci siamo riconosciuti, della qtlale - quando « Il Mondo» chiuse i battenti - Vittorio Gorresio scrisse che fu intransigentemente anticomunista in no1ne della libertà, intransigentemente antifascista in no111edell'intellige11za, intransigentefnente anticlericale in nome della ragione? Se a qualcuno può essere sembrato che Mario Pannunzio si fosse spinto « fino all'accettazione consapevole e quasi alla teorizzazione di una sorta di sdegnoso isolamento protestatario di fronte ai cosiddetti ' fenomeni di 1 massa ', da lui tutti accomunati sotto un comune denominatore illiberale »; e se a qualcun altro può essere sembrato che negli ultimi tempi 5 s-ibliotecaginobianco

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