Mario Pannunzio essere anirrzati da una ferma . volonià di continuare, come sappiamo e come possiamo, la nostra attività: proprio perché si tratta di un'attività che deriva dalla lezione etico-politica che abbiamo appresa frequentan.do l'amico che ora ci ha lasciati. Fit Mario Pannun_zio a dirci, all'indo1nani delle elezioni del 1953, che dovevamo fare questa rivista; e fu lui, durante un viaggio a Milano per un convegno della sinistra liberale, .a suggerirci -la testata: « Nord e Sud ». Ci ha seguiti poi n1ese per n1ese, senza mai farei mancare le sue considerazioni critiche sui testi che andavamo pubblicando, specialmente ~ugli editoriali e sitlle note della redazione nelle quali si d'efiniva la nostra linea politica. Ma quale fosse la misura del suo compiacimento per la nostra capacità di durare, ce lo volle di1nostrare con il « taccuino» pubblicato sul « Mo·ndo » quando « Nord e Sud·» raggiunse il suo decimo anno di vita, con la pubblicazione del numero 120, nel novembre del 1964. « Nord e Sud » è figlia del « Mondo » e noi co1ne giornalisti politici e come uomini ·di citltura liberale siarno cresciuti perché Mario Pannunzio ci ha aiutati a crescere. Se « di lui ci resta solo quel che ha fatto»,· e questo « ci basta», voglian10 e dobbiamo innanzi tutto ricordare che abbiamo contratto con la sua memoria un debito perma- . rtente: faremo del nostro meglio per continuare a pagarlo, çosì come abbiamo fatto del n.ostro meglio per continitare a pagare il debito che abbiamo contratto con la 1nemoria di Renato Giordano e con quella di 1littorio de Caprariis. Questo significa pu,re che continueremo a pensare - come se egli fosse ancora vivo e come ,abbiamo fatto per tutti questi anni - cosa direbbe Pannunzio di tutto ciò che di volta in volta noi penseremo, faremo, scriveremo, su « Nord e Sud» e altrove. Domenico Bartoli, sit «Epoca», Jza ricordato che, « in un certo ambiente di intellettuali, che è piccola minoranza nel paese, ma che raccoglie un grande numero di giornalisti colti, di scrittòri, di critici e di studiosi, il giudizio d~ Pan11itnzio aveva itn peso, una forza che nessun estraneo avrebbe potuto immaginare». E- Indro Montanelli, sul « Corriere della Sera», ha ricordato che Pannunzio era per lui, e forse per tutti i giornalisti della sua generazione, « qualcosa di più che un amico » · cui ci si poteva rivolgere « nel caso di una difficile scelta »: Pannunzio, 11.ascritto 1.\1.ontanelli,era « la 1nia coscienza ». Quanto ad Arrigo Benedetti, che di Pannunzio è stato l'amico di tutte le stagioni della vita, egli 'ha ricordato, su «Panorama», come e perché Pannunzio suscitasse « energie vitali » in tutti coloro che lo avvicinavano accettasse i ., loro problemi, li riconoscesse « quando erano autentici >>, li dissipasse « quando erano futili ». 4 Bibliotecaginobianco
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