Felice La Rocca tutti i tentativi di chi crede di arrivare alla eliminazione indolore della De1nocrazia Cristiana, utilizzando· le nostre controversie interne. Stringiamo le fila, portiamo al governo tutti i nostri uo·mini m~gliori, · respingendo ogni ricl1iesta di discrhninazio11e, riprendian10 con ferza il controllo del centro-sinistra ». In queste parole c'è la volontà di reagire a fatti in1portanti (il Concilio, l'unificazione socialista, l'elezione di Saragat al Quirinale) che avranno· una loro incidenza negli sviluppi della lotta politica del paese. Piccoli, in questa prima fase, teme per la DC. Non vede altro che la DC. È t1na posizione angusta che perde di vista lo svjluppo democratico del paese o che qt1esto sviluppo collega arbitrariamente alle fortune di un partito. Tuttavia, nel novembre del 1967, intervenendo aì X Congresso d.c. di Milano, il vice-segretario democristiano pront1ncia un discorso più avanzato. E-gli dice cl1e « nel nuovo tragitto che dovrà percorrere, la Democrazia cristiana ha una sua lunga e particolare funzione: non quella di imn1obi}jzzare la società italiana, com'è stato detto, con un'ipotesi brillante ed assurda, in un grossolano e tutt'altro che comodo bipartitisn10 imperfetto: ma di creare, con la nostra presenza, le condjzioni che consentano, con la effettiva sconfitta, o con la radicale trasformazione del comunismo, una ulteriore, ampia, evoluzione politica, per cui sia possibile, un giorno, ad ogni forza politica, di riprendere tutto intero il suo messaggio, il suo programma, e di svolgerlo nella libera emulazio·ne di un impegno, che si caratterizzi tutto senza mediazioni e senza ritardi, senza rinunce, a· prezzo di un giudizio preciso della pubblica opinione. Non esitiamo a dire che la democrazia sarà al sicuro in Italia, quando nessun partito si troverà nella condizione di essere costretto, comunque, a governare, come siamo noi, e non soltanto noi, da 25 anni, e quando gli italiani avranno la effettiva possibilità di t1na scelta totale». Così Piccoli dà l'impressione di avere fatto ,propria l'ipotesi avanzata dal « Mulino » di una DC « garante » dello sviluppo democratico del paese e quindi interessata - dopo la difesa delle istituzioni repubblicane assicurata dal centro degasperiano e l'allargamento dell'area democratica realizzato con il centro-sinistra di Moro - alla creazione di una alternativa che porti alla normalizzazione del gioco politico nel nostro paese e al superamento di quello che Giorgio Galli ha definito il « bipartitismo imperfetto ». Certo, questa prospettiva non obbedisce alla logica integralista ed è per questo che in~ontra non pocl1e resistenze - all'interno della DC, in primo · luogo nel gruppo fanfaniano e in larghi settori della sinistra cattolica. La si-· nistra, specialmente con D·e Mita, sembra interessata a un generale rimescolamento delle carte che porti alla costituzione di due schieramenti e che ' renda possibile l'alternarsi delle forze politiche nella direzione dello Stato, rr1a a condizio•ne che tutto questo non toccl1i, con la sostanziale eg_err1onia esercitata in questi anni dal movimento cattolico, una situazione che consente alla Chiesa di esercitare, mediante delega, il suo potere nel nostro paese. È la prospettiva del « connubio » clerico-comunista vagheggiato, all'interno del PCI, dall'on. Ingrao. 58 Bibliotecaginobianco
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