I I Il nuovo pregiudizio f avorevo-le Diceva Gramsci che, in un certo senso, tutti gli uomini sono intellettuali, poiché tutti partecipano di una concezione del mondo e tutti hanno una consapevole linea di condotta morale; solo che non jn tutti è uguale il rapporto· tra « sforzo di elaborazione intellettuale-cerebrale » e « sforzo muscolare-nervoso ». Si definisce « intellettuale », per Gramsci, colui ~el quale il maggior peso dell'attività specifica professionale grava in direzione dell'elaborazione intellettuale. Ora, ciò significa che l'intellettuale, per avere dedicato la maggior parte del suo tempo e delle sue energie alla elaborazione intellettuale, ha raffinato al massimo il proprio senso critico, ossia ha imparato a pensare. È mai concepibile che, in un giorno più o meno lontano, l'uomo che ha imparato a pensare possa consenzientemente ridursi al ruolo di semplice « contenitore » di nozioni e di metodologie, travasabili come si travasa il vino o l'olio? Quando André Gide scrisse il suo notissimo Retour de l'URSS, piovvero sul suo capo le accuse d'infamia e di apostasia (tra gli altri accusatori, ricordiamo Romain Rolland). Può essere interessante andare a rileggere oggi alcune delle cose che Gide scrisse allora: « Noi ammiriamo nell'Unione Sovietica uno slancio straordinario verso l'istruzione, la cultura; ma questa istruzione no·n ragguaglia che su quanto può condurre lo spirito a compiacersi del presente siato di cose [ ...]. È una cultura a senso unico; no·n ha nulla di disinteressato; [ ...] e lo spirito critico (a dispetto del marxismo) vi manca quasi del tutto». E lo scrittore proseguiva osservando che nella Russia sovietica la critica « consiste unicamente nel chiedersi se questo o quello è ' in linea ' oppure no. Non è la linea che si mette in -discussione. Ciò che si mette in discussione è se quella tale opera, quel tale gesto o quella tale teoria sia co·nforme alla sacra linea ». Peggio: i giovani sovietici non soltanto leggevano unicamente ciò che si raccomandava loro di leggere, ma non desideravano a-ddirittura di leggere altro. A più di trent'anni di distanza, si dovrebbe dunque ritenere del tutto liquidato, nell'Unione Sovietica, qualsiasi residuo di « ind~vidualismo borghese », qualsiasi pretesa all'autonomia della cultura. E invece, in questi ultimi tempi si vanno- sempre pi_ì1moltiplicando i segni di insofferenza e di rivolta degli intellettuali sovietici, in nome _di quegli stessi valori che, per averli proclamati, valsero a Gide il titolo di traditore·. Epp-~re si tratta di giovani, nati e cresciuti in regime comunista; più ancora, si tratta di comunisti sinceri, che non si sognano affatto di voler restaurare le strutture capitalistiche; al contrario, essi· sostengono che la loro interpretazione della società s_ocialista, come una società in cui la cultura respiri liberamente, senza essere soffocata dal dogmatismo· e dal conformismo, sia molto più autentica dell'interpretazione ufficiale. , 35 Bi liotecaginobianco
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