Rosellina Balbi Significativo è anche il commento che il « Quotidiano, del Popolo» dedica all'episo,dio. Sciolokov, scrive- il giornale, è un « pezzo grosso », è il patriarca della letteratura ~pvietica, osannato parimenti da revisionisti e da borghesi, dentro e fuori i confini dell'URSS. Eppure il « pezzo grosso» è stato sconfitto da un « nessuno »: armato del pensiero di Mao, un semplice studente cinese è rit1scito non solamente a smascherare Sciolokov, ma a mettere con le spalle al muro lo stesso• presidente della commissione di esame, incapace di confutare la logica del « nessuno· ». Se abbiamo, riportato l'episodio, non è per manifestare sgomento di fronte a questa ennesima applicazione del principio della « partiticità » della cultura. E neppure per spendere una sin troppo facile ironia sui rilievi che i « cinesi » - non necessariamente di Pechino- - potrebbero muovere alle opere letterarie di certi nostri scrittori « im·pegnati ». Ammettiamo piuttosto, per amor di discussione, che in Cina, essendo state acquisite tutte le certezze, non sia rimasto agli intellettuali altro compito se non quello, artigianale, di trasmettere la « tecnica » della cultura: esaurito il quale compito, essi si dissolveranno nella massa. Ora, nessuno si sognerebbe di affermare, crediamo, che nel mondo occidentale le certezze siano state acquisite. Gli stessi irrequieti fermenti che scuotono un po' dappertutto la « sinistra studentesca », da Berkeley a B.erlino, da Strasburgo a Pisa, staµno a testimoniare precisamente che la ricerca del « nuovo corso» è tuttora nella fase dei dubbi e delle contraddizio11i. Dunque, quand'anche ci si ponesse sul piano di chi postula i1 sacrificio dell'intelletto come necessario atto• ultimo dell'intellettuale rivoluzionario, non sembra che per gli uomini di cultura occidentali questo momento sia ancora giunto. Essi debbono ancora assolvere alla funzione di « suscitatori di idee ». È chiaro, tuttavia, che il problema non si può porre in termini così grossolani. Tra l'altro, lo stesso fenomeno che va sotto il nome di « rivoluzione culturale » -:-- e cl1e è consistito nella più gigantesca mobilitazione di spirito fideistico che mai si sia vista al mondo - sembra indicare la resistenza, da parte di molti intellettuali cinesi, al tentativo qi trasformarli, direbbe Max Weber, in erbivendole che portano ortaggi al mercato. Comunque, qualsiasi paragone tra il mondo cinese e quello occidentale è fuori luogo, tenuto conto delle enormi differenze di tra.dizioni culturali (basti pensare al fatto che la cultura cinese si è identificata per venticinque secoli con la letteratura mandarina, una letteratura accademica, immobile, chiusa nella sua eleganza fo,rmale, distaccata anche sul piano linguistico dalla circostante realtà storico-sociale). E le tradizioni culturali, piaccia o non piaccia, contano, e contano, molto. 34 Bibliotecaginobianco
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