I I Recensio•ni In effetti, le « indicazioni pratiche » di Salvemini erano, appunto, indicazioni pratiche, né più né meno di quelle avanzate dai suoi co1 rrispondenti, e noi che conosciamo anche il seguito della storia, non p·ossiamo stabilire fino · a che punto Salvemini avesse torto- o ragione. D'altra parte, se queste Lettere p·ossono aggiun1gere qualcosa alla biografia i,ntellettuale di Salvemini, ciò ci sembra consistere nella parziale modificazione dei tradizio 1nali gjudizi fin qui formulati sul carattere della sua azione p•olitica, comunemente co1 nsiderata co,me ricca di frutti nel p-u,r nobile am,bito della sfera pedago1gica (01nde il Salvemini «moralista», il Salvemini « socratico»), ma povera di effetti concreti sul piano immediato del discorso e del dibattito politici. Queste lettere salveminian 1 e, all'opp·osto, pur senza cont,raddire l'imm·agine di Salvemini « educatore po-litico», appaiono in molti casi ben più realistiche e concrete di quelle di molti suoi initevlocutori, offrendo una pro1va della aderenza dello stesso Salvemini alle vicende politiche dell'Italia di quegli anni, nello stesso modo con cui, sia detto per inciso, la offrì Socrate nell'Atene del tem,po suo. Così, ad esempio, si vedano le critiche di SaJvemini ad Ernesto Rossi sul modo co·n cui realizzare l'unità europea (p. 58 e seg.) e si confrontino con quanto Altiero Spinelli sosten.eva anni or sono in L'Euro·pa no11 cade çi,al cielo, si pensi infine alle attuali vicende del federalismo europeo, si vedrà da che parte era il realismo politico. Parimenti, si legga la lettera scritta ad Egidio Reale il 20 marzo 1946 a prop,osito del P. d'A. (p. 238 e seg.), e la si confronti con le lettere scritte da Reale e da Rossi do·p·o quella data, e ~j vedrà ancora una volta chi era più reali-sita. Certo, la lontananza di Salvemini dall'Italia, la sua difficoltà di attingere a fonti originali, la stessa chiarezza « euclidea», com'~gli amava dire, delle sue argomentazioni trop1po serrate e coerenti a livello razionale, per esserlo altrettanto nel vivo svolgersi delle contraddizioni della realtà, non fanno· indubbiamente di Salvemini il Bismarck della situazione; pure il suo buon senso di uomo « venuto dai campi», la sua congenita diffidenza verso le astrazioni e verso i « pateracchi», lo tengono legato al vivo degli avvenimenti concreti, più di quanto le sue civetterie polemiche ed il per lui irrinunciabi 1 le ruolo di enfant terrible fanno a prima vista apparire. In alcuni casi, poi, la lucidità realistica di alcu:ni giudizi salveminiani è addirittura anticip·atrice e p,rofetica, come a p,roposito della questione del Sud-Tirolo o a p1 rop·osito di Pacciardi ( « Vorrei ingannarmi, ma ho una gran paura che P·acciardi sia né più né m.eno che un Carlo Sforza con venti anni di meno. Q·uando avrà quei venti anni di più, starete freschi davvero·» p. 376). Posto, quindi, che Salvemini in America non fu più astratto o più realista di quanto non lo fossero i suoi inter1locutori in Italia, e che le sue indicazioni. sulla politica del P. d'A. rapp,resentavano una scelta a!ltemativa a que1la che fu attuata, con il medesimo margine di rischio nella sfera -del possibile, resta, tuttavia, da precisare l'aspetto storica.mer,tte più importante dell'atteggiamento di Salvemini nei co·nfronti del Partito d'Azione·e dei suoi rapporti con« Giustizia e Libertà». Per Salvemini (cfr. la lettera a Lussu del 18 gennaio 1945) l'esperienza di « Giu~tizia e Libertà» si è di fatto conclusa con l'assassinio 125 Bibli_otecaginobianco
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