Giovanni Aliberti tica, onde la sua condanna del costume italiano che non fu presuntuoso e vacuo moralismo, rendono o,ra pii.1 che mai Salvemini m,aestro delle nuove generazioni. Non è il caso di soffermarsi sul vàlore della testimonianza salveminian·a: in questo. strano angolo di m'o•ndo che è il nost,ro paese, ancora così lontano ·dalle sue idee e d·al suo esempio, tutto, però, è stato già detto e scritto sul p·ensiero e l'opera di Gaetano Salvemini; per cui è opp(?rtuno metter p-unto ed andar oltre. D'altra ·parte, in queste Lettere, Salvemin.i no-n è che uno ·dei protagonisti; al,trettanto significative, in.fatti sono le lettere di Ernesto Rossi, Egidio Reale, Piero Calamandrei, Riccardo Bauer e degli altri corrispo 1 ndenti; attraverso le quali il lettore d'oggi p·uò cogliere la vera protagonista di questa raccolta di testimonianza che, come si è detto, è una crisi di coscienza. Certamente, questa crisi vive negli uomini ed attraverso essi si manifesta con aspetti particolari e diversi, ed ai tristi presentimenti di Egidio· Reale al momento di rientrare in Italia ( « il sentimento che prevale in me in quest'ora è di terrore: terrore per quel che troverò, -per il distacco che si sarà formato· tra me e il paese, per le responsabilità che sarò chiamato· ad assumere», p·. 140), fa eco diversa, ma non dissimile, la sfiducia del pur operoso Ernesto Rossi nel mondo degli « abili » ( « noi siamo sempre stati fregati dagli ' abili'» p. 12). Eppure attraverso il fitto carteggio di Reale, di Rossi e degli altri interlocutori di Salvemini, si delinea chiaramente la medesima consapevolezza che gli uomini miglio,ri della democrazia italiana avevano degli ostacoli che impedivano una lo·gica e coerente conclusione della lotta antifascista e della resistenza armata. Falliva la rivoluzione italiana proprio sul piano in cui essa era maturata nel corso dei lunghi anni dell'oppressione e dell'esilio, cioè nel momento « positivo » di ricostruzione della vita morale ed economicosociale del paese, d.opo l'abbattimento del regime. Di qui i dubbi e le amarezze vieppiù acce;ntuate, forse, dalla stessa precarietà ·della situazione internazionale, da quella interna dell'Italia, dalla provvisorietà di qualun·que ampio progetto di iniziativa p,o,litica, d·alla spregi,udicatezza della parte più numerosa della sinistra italiana, dalle chiare scelte conservatrici del mo:deratismo antifascista. Quale la via da seguire? Quella del cond.izio,namento interno delle forze, mediante un'azione di presenza attiva nel Governo e nei centri di potere, seco·ndo la linea Parri? O quella diretta alla ricostruzione di una nuo,va Italia in una nuova Europa, attraverso il programma federalista di Rossi e Spinelli? O quella « neoaventiniana », ma positivamente caratterizzata da un com,pito· di educazione politica delle nuove generazioni, prop•osta ·da Salvemini? Ancora oggi è difficile, anche sul piano pericoloso ed ipotetico dei « se », dare una risposta chiara ed univoca. Forse mancò alla sinistra democratica, ancor più che a q_uella socialcomunista, la « volontà di potenza» che, come ha osservato Giorgio Galli, « la classe capitalistica italiana, pu:r complessivamente debole... dimostrò... superiore a quella del gruppo dirigente della sinistra italiana. che si _poneva come antagonista». Ma anche questa sarebbe una risposta parziale ed in·dividuerebb·e, co-munque, un effetto e no,n una causa. 122 Bibliotècaginobianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==