Nord e Sud - anno XV - n. 107 - novembre 1968

·' I Il potere e la piazza terrottamente a diminuire l'efficienza e il prestigio e a incepparne il funzionamento. Infatti, un esame un po' attento della vita parlamentare italiana non tarderà a rivelare che le magagne del parlamentarismo furono sempre alimentate dalla classe dirigente, alla quale, mentre da un lato faceva comodo che questo istituto passasse lo spolverino sulle decisioni che essa aveva preventivamente adottate, per l'altro ricorreva a ogni mezzo per impedire al parlamento di espletare la piena funzione rappresentativa che gli è propria. A incominciare dalle elezioni truccate e proseguendo poscia nelle più o meno abili alchimie dei vari gruppi e gruppetti manovrati dai rispettivi notabili (i dep·utati asserviti ai notabili erano allora chiamati « ascari »!), il potere esecutivo e il potere regio mirarono sempre a tenere sotto controllo questa istituzione, in modo che i governi risultassero sempre graditi alla classe dirigente. In ultima analisi, la classe detentrice del potere, formatasi sull'equivoco dinastico-rivoluzionario, si ispirava a un liberalismo di comodo, non vissuto e non sofferto, ma concepito e professato unicamente in f11nzione di contrap,peso alle velleità personalisticl1e del potere regio. Del resto, ove si tenga presente che, ai sensi dello Statt1to albertino, il parlamento doveva essere poco più di un duplice organo consultivo - come ebbe a richian1are Sidney Sonnino nel suo celebre saggio: Torniamo allo Statuto - non si può non riconoscere che, nonostante tutte le insufficienze, riuscì, dappri1na durante il periodo giolittiano, poi nell'immediato dopoguerra, a conseguire una certa autonomia, se pure continuamente insidiata dal potere esecutivo e da altre forze di cui presto sarà detto. Ciò nondimeno il parlamento italiano, nel pri1no dopoguerra incominciò a divenire uno strumento sempre più molesto e meno docile nelle mani del potere esecutivo, nella misura in cui andava avanzando una maggiore aderenza all'effettiva volontà popolare. Il suffragio ur1iversale dap:prima, la proporzionale successivamente, col favorire un sempre maggiore afflusso delle rappresentanze popolari, avevano posto in essere una concreta minaccia al monopolio po-litico• dinastico-borghese, ch·e le correnti di opposizione, pur nella veemenza dei loro attacchi, no11 erano mai prima di allora riuscite a scalfire. Perciò i primi dissidi non furono quelli fra le forze coalizzate del potere regio e del potere della classe dirigente da una parte, e le forze popolari dall'altra, bensì fra le due componenti del potere politico. Gli ultimi anni del sec. XIX registrarono una aperta ostilità fra parlamento e potere regio, culminata negli stati di assedio e negli ostruzionismi parlamentari e tragicamente conclusasi col regicidio di Monza. 93 s.· biiotecaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==