I Il potere e la piazza organi; bensì a quei conflitti di più vasta e ampia portata, che ge11eralmente lasciano intatta la legalità formale e si svolgono sul piano degli influssi esterni e dei rapporti di forza. Il caso più frequente è offerto dall'inva·denza del potere esecutivo, ma forse altrettanto frequente è il caso di invasione del potere regio 5 e talvolta anche del potere legislativo 6 • 6. Il potere è fonte delle leggi e degli ordinamenti istituzionali della collettività; e - soprattutto in uno Stato di diritto - è il primo destinatario, il primo « obbligato » rispetto alle leggi e agli ordinamenti medesil1:'li. È questo pro,priamente il principio di legalità, immanente a ogni possibile ordinamento originario; principio che, unitamente a quello di conservazione, concorre a costituire le colonne dell'ordinamento medesimo. Anche il più dispotico dei poteri ha il proprio prin.- cipium legalitatis, che è quel complesso dì limiti entro i quali si esplica la propria attività, quell'ambito che suole chiamarsi della « certezza del diritto », e che non può sussistere anche là .dove quod principi placilit legis habet vigorem, giacché il comando o il capriccio del principe è pur sempre un atto positivo di volontà che impone una scelta a detrimento di altre scelte. Senonché, a rigar di termini, la figura del principe legibus solutus ap,pare più un modo di dire che una categoria giuridica, giacché, posto che sia la volontà l'unica fonte delle leggi, egli sarà pur sempre vincolato a queste. E poiché dovunque vi ha legge, vi ha 11ecessariamente una l1on1inis ad ho,ninem proportio 1 , co11segue che, sia pure in un ambito infinitesimale, la volontà di qt1el principe deve sottostare a una autolimitazione; in difetto di che la collettività di cui egli è reggitore non sarebbe più una societas, ma u11icamente domi11io su schiavi. Il potere, dunque, in quanto impone ai soggetti subordi11ati i limiti della propria legalità e interviene coattivamente quando questi limiti vengono oltrepassati, è necessariamente vincolato alle leggi che discipli· nano la propria struttura e il proprio funzionamento; in difetto di che cesserebbe di espletare l'ufficio che gli è proprio e perderebbe quella funzione originaria di interprete e di esecutore della volontà collettiva. Questi cedimenti del potere, assai pii.1 frequenti di quanto si possa immaginare, riflettono il momento patologico di cui si è detto e trovano la loro motivazione nelle disarmonie, negli squilibri sociali, nonché nei problemi che il potere non è in grado o non ha la capacità o la volontà di affrontare. Succede in tal modo che talora uno o più 01:- s G. FERRERO, La democrazia in Italia, Ed. Rassegna nazionale, Milano, 1925. 6 M. MINGHETTI, I partiti politici e la ingerenza loro nella giustizia e nella amministrazione, 1881. · 7 DANTE, De monarchia, II, V. 91 Bibiiotecaginobianco
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