Giornale a più voci urbanistiche già presenti nelle prime espressioni ottocentesche, si sono sovrapposti altri aspetti dovuti ai fenomeni di industrializzazio,ne e di sviluppo economico della città. Le attuali agglomerazioni periferiche, in condizioni di progressivo deterioramento, richiedono solleciti interventi, ormai non più dilazionabili. Negli ultimi anni sono stati affrontati quasi esclusivamente problemi di ristrutturazione dei vecchi centri urbani e delle zone baricentriche della città, abbandonando le zone periferiche o al decadimento o alla speculazione edilizia. Le recenti proposte di ristrutturazione per Tokio, Varsavia, Tel Aviv, Stoccolma e Berlino, dimostrano sufficientemente come si tenda ad innescare i processi di ristrutturazione partendo dalle zone centrali della città e polarizzando g~i interessi sulle metodologie che consentono il rinnovo funzionale delle vecchie aree centrali. I problemi di ristrutturazione delle aree periferiche di recente fo,rmazione vengono generalmente trascurati, considerando, in una errata scala di valutazione, prioritaria la necessità di rinnovo funzionale ed ambientale delle aree centrali. Dal 1950 ad oggi è possibile individuare un risveglio di interesse -per i problemi della periferia urbana; tuttavia, ricerche e temi di dibattito molto raramente trovano riscontro in proposte od in realizzazio,ni. Inoltre, la messa a punto dei criteri metodologici di in tervento sui tessuti urbani periferici degradati presuppone il contributo delle scienze sociali, che tenda a chiarire il significato delle relazioni che si instaurano tra catego,ria e gruppi sociali inseriti nelle zone periferiche. Finché non sarà generalmente avvertita l'esigenza di apporti e contributi interdisciplinari ai processi di configurazione urbana, difficilmente saranno disponibili strumenti metodologici per gli interventi di ristrutturazione che non siano empirici ed approssimativi. Il caso di Napoli è significativo. Le zone urbane periferiche e semiperiferiche dell'area napoletana, che si sono andate man mano ingigantendo fino a raggiungere le attuali dimensioni abnormi, hanno avuto· un iniziale i1npulso di crescita nel primo dopoguerra, con episodi di edilizia po,polare, con gli insediamenti industriali e con le urbanizzazio11i previste dal Piano di Risanamento e di ampliamento della città, realizzate dalla società Edilizia Laziale. Nel secondo dopoguerra, quando la necessità di nuovi vani imponeva soluzioni di emergenza, la periferia cittadina ha registrato u-na ulteriore dilatazione. Vi si sono andati addensando, secondo processi di espansione spontanea, nuovi insediamenti industriali e quartieri Ina-Casa, frammisti a squallidi episodi di edilizia di speculazio,ne e di cooperativa. Le carenze, sia di strumenti urbanistici atti a reprimere lo svilup,po spontaneo ed incontrollato della città, sia di un responsabile im,pegno politico da parte delle diverse amministrazioni comunali che, dal secondo dopoguerra ad oggi, hanno gestito la politica urbanistica del territorio napoletano, hannù determinato il sorgere delle attuali agglomerazioni periferiche. Nell'area napoletana è evidente, ancor più che altrove, come la periferia, pur accogliendo forze economiche e sociali, fattori incentivanti che detem1i1 nano il progressivo sviluppo urbano, risulti un'area declassata, zona di ri59 Bibiiotecaginobianco
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