I Giornale a più voci sul davanti della macchina giudicante, e di dietro ne vien fuori la sentenza >>. Naturalmente qui siamo ancora nel campo della fantascienza: ma i limiti fra la scienza vera e propria e la fantascienza sono ormai tanto sottili da non consentire una troppo facile irrisione di certe profezie; ed ancor meno, ove si pensi che in questo particolare campo la possibilità di « rendere giustizia >> con i calcolatori è forse meno improbabile di quanto non si po,ssa credere. Perché le ilifficoltà che si so.no riscontrate negli Stati Uniti (dove questi tentativi ed esperimenti, con1e da varie fonti si viene a sapere, vengono co1npiuti con maggiore frequenza) risulterebbero probabilmente minori in altri paesi. Le legislazione civile e ,penale americana non è così rigidamente codificata come, ad esempio, la nostra: per cui la possibilità di applicazione « meccan_ica » degli articoli del codice, l'unica che la « macchina giudicante » potrebbe fare, è forse assai più difficile che non in paesi dove l'equità e la discrezione del giudice sono ridotti al minimo e dove quindi la preparazio-ne dei parametri sarebbe molto più facile. Che quindi la possibilità (ed il pericolo) che il procedimento giudiziario possa un giorno svolgersi « a macchina» sia tutt'altro che remota, ci pare un fatto, se non certo, almeno possibile: e se in apparenza un tale ,procedimento, svincolato da tutti quegli elementi soggettivi che possono influenzare o addirittu·ra pregiudizievolmente determinare le sentenze, darebbe maggiori garanzie di giustizia ai singoli individui, il grado di pericolosità contenuto nell'eventuale affermarsi di simili procedimenti è certamente molto elevato. E non tanto perché in tal modo verrebbe a mancare quel senso di equità, quella carica umana, quel senso profondo della giustizia che va ben al di là delle norme e dei cornei e che nessuna macchina potrà mai avere, appartenendo questi sentimenti alla irripetibile specificità dell'uomo, quanto invece per un altro, ed ai nostri occhi forse più grave motivo. Il diritto, si sa, è sempre un elemento di conservazione: è attraverso la « legge » che il potere costituito si difende, è attraverso i « codici» che i detentori del potere cercano di perpetuare legalmente il loro dominio; e con il richiamo ai « codici », all'osservanza della « legge», si tende, specialmente nelle società autoritarie o sen1iautoritarie, ad impedire qualsiasi innovazione che possa turbare lo stato esistente, si impediscono riforme di costume che talvolta sono forse più urgenti delle riforme di struttura. Solo una magistratura indipendente, con sentenze coraggiose che osino talvolta sfidare il codice esistente, o le radicate consuetudini, può creare i presupposti affinché il potere modifichi la legge. Ma l'elaboratore elettronico, privo di fantasia, inconsapevole del mutare della situazione storica che può far cadere in desuetudine norme divenute inapplicabili, non ripeterà meccanicamente, con siderale imparzialità, le. sue sentenze? Certo, si potranno man mano sostituire i parametri: ma, e qui tocchiamo il punto più drammatico di tutta la questione, chi deciderà, una volta scomparso il « potere » giudiziario, come e quando sostituirli? Il co1npito resterà al potere politico, di cui nessuno mai ci garantirà (e stiamo ancora pensando, ripetiamo, ai regimi autoritari) la volontà di modificare, se non attraverso quelle modifiche che gli permettano di perpetuarlo, lo stato esistente, da cui trae la sua 47 ibiiotecaginobianco
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