Note della Redazione spiegarcelo), non vi è stata restaurazione della legalità in questo campo; e che, correlativamente, la organizzazione della Chiesa ebraica e l'esercizio del suo culto restano, in confronto alle altre Chiese e culti esistenti n,ell'URSS, estremamente rattrappiti» (Umberto Terracini, prefazione a Gli ebrei nell'URSS, Garzanti, 1966). Certo, nessuno si sogna di fare raffronti con l'antisemitismo di marca hitleriana: i nazisti spedivano gli ebrei nelle carnere a gas, i sovietici si limitano a render loro la vita difficile. In una corrispondenza da Varsavia pubblicata dal «Giorno» del 18 ottobre scorso, si confermava che il governo polacco « è tornato alla vecchia politica di intolleranza e di antisemitismo »; sicché « proprio quegli ebrei che restarono in Polonia dopo la guerra e che, ardenti di fede nell'ideale comunista, decisero di gettare tutte le loro energie nella ricostruzione di un paese in frantumi, sono ora espulsi e umiliati da un regime ingrato»: per esenipio, « è spesso difficile ad un ebreo trovare lavoro». Ora, come si concilia tutto questo con quelli che Terracini giustamente definisce « valori permanenti ed universali », nonché « principi che sono propri del grande moto storico che si intitola al socialismo»? È di Arthur Koestler, se non andiamo errati, una significativa parabola della degenerazione del comunismo sovietico: se parto per andare da Londra a Edimburgo, ha scritto Koestler, e se, svegliandomi di notte nel mio scompartimento, constato che il treno va verso il sud anziché verso il nord, ne sarò un po' stupito, ma poi spiegherò a me stesso che siamo probabilmente fra le montagne, dove la via serpeggia; ma, se la mattina seguente mi sveglio e mi trovo a Bournemouth, debbo concludere che il treno mi ha portato a una destinazione diversa da quella che io ritenevo fosse la sua. Possibile che i comunisti italiani (e non soltanto, naturalmente, quelli di religione ebraica) debbano percorrere idealmente centinaia di migliaia di chilometri, prima di convincersi una buona volta che il treno sovietico li sta portando molto lontano da dove essi intendono arrivare? Porti, superpetroliere e Mezzogiorno C'è una strozzaturq ,:iel sistema produttivo italiano di cui da anni si parla e su cui negli ultimi tempi non solo la stampa specializzata, ma anche i grandi organi di informazione hanno cominciato ad insistere; con la quale, peraltro, ancora non si sono misurati, con l'ùnpegno che sarebbe stato necessario, gli organismi di governo e in particolare del governo dell'economia. Il « nodo » dell'apparato produttivo italiano cui ci riferiamo è quello dei porti, del sistema portuale italiano che non si è evoluto allo stesso ritmo seguito dal sistema economico nazionale. L'Italia è competitiva sul piano internazionale per quanto riguarda le produzioni industriali. Ma per la sua natura di industria di trasformazione di materie prime proveni_enti dall'estero, e di industria pro·tesa all'esportazione di buona parte dei suoi prodotti, l'indu42 Bibiiotecaginobianco
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