Giovanni Coda-Nunziante all'azienda. Certo, però, sarebbe egualmente errato so·stenere la tesi opposta alla precedente: che, cioè, vada a·bolita la media o grande azienda capitalistica a conduzio-ne diretta. Sarebbe, q_uesta, una proposizione massimalistica, anche essa sn1entita dai fatti. Anzi, da un punto di vista strettamente economico, e dato il livello sociale e culturale dell'agricoltura italiana, è forse proprio l'azienda capitalistica a co,nduzione diretta che più rapidamente può realizzare gli aggiustamenti necessari. Come abbiamo già ricordato, uno fra i più bei regali che ci ha fatto lo- sviluppo· econo111ico degli anni passati è cl1e molti problemi finora di difficile soluzione cominciano- a presentare la possibilità di una soluzione sul piano tecnico ed economico che in passato no·n poteva essere considerata· per quelle ragio11i sociali che in gran parte sono o·ggi mutate. Osserviamo, per esempio, il caso delle aziende capitalistiche ora ricordate. Sappiamo be11e che queste aziende costituiscono solo una ben piccola parte delle aziende agricole, e che la soluzione dei loro problen1i non risolve quello dell'agricoltura italiana (anche se si deve ricordare che per le loro caratteristiche tali aziende possono avere un effetto- dimostrativo, alrr1eno sul pia;no tecnicò, di importanza non trascurabile per le aziende dei coltivatori diretti). Ma in o·gni mo-do la volontà di risolvere il problema globalm·ente non deve impedire, dove è possibile, la soluzione di problemi particolari. Ora si parla sempre della necessità di aumentare le dimensioni dell'azienda agraria perché possa essere· economicamente efficiente. È que-. sto un problema di difficile e lenta soluzione cl1e riguarda esclusivamente le aziende di modeste dimensioni. Ma perché non si dovrebb-e intanto rendere possibile alle aziende che già hanno dim-ensioni economiche di riorganizzarsi liberamente in maniera moderna? Ci rendiamo conto che a un tale ragio-namento si può facilmente obiettare che, se una tale riorga11izzazio,ne comporta l'allontanamento dalla terra di gran parte dei colo-ni e mezzadri, sorge il problema del costo sociale di un tale spostamento. Su questa co-nsiderazio-ne non possiamo che essere d'accordo, ed è, quindi, fuor di dubbio che un tale processo dovrebbe essere gradu~le e regolato-. Ma, in realtà, lo sviluppo economico permette forse di i1npostare il problema in maniera quasi opposta a quella del passato. Piuttosto che cercare· di assicurare un certo grado ·di sicurezza ed un livello di vita no11 molto 1 elevato, e comunque artificiale, ai coloni e ai mezzadri regolando d'altra parte il loro esodo dalle c·ampagne col blocco dei co-ntratti, perché non puntare, con i maggiori mezzi oggi a disposizione, alla creazione di nuov·e alternative di lavoro per quelli la cui presenza sulla terra costituisce un ostacolo alla mod-ernizzazione dell'agricoltura? 84 Bibliotecaginobianco .
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