- non solo quelli, cioè, che manifestano un movimento migratorio passivo - un << ponte » per l'ulteriore emigrazione, verso il Nord o verso l'estero (naturalmente è possibile ed, anzi, è assai probabile che si operi un continuo, per quanto modesto, <<ricambio>>di popolazione). Ben più interessanti sono le zone che, secondo i risultati dell'indagine, manifestano un «attivo» immigratorio pur non presentando la qualità «amministrativa» dei capiluogo. La presenza di queste zone, spesso gravitanti attorno ad un nucleo urbano di relativamente sensibili dimensioni, dovrebbe potersi assumere - salvo eccezioni particolari - come indicativa di un effettivo fermento di iniziative. E sembra pertanto appropriato trarne indicazioni abbastanza precise sulle direzioni in cui dovrebbero esplicarsi, tempestivamente - chè in caso contrario la vitalità immigratoria potrebbe cominciare a flettersi, come sembra stia già accadendo in taluni casi (Pescara) - i maggiori sforzi diretti ad assicurare la presenza di attività in grado di stabilizzare dette correnti e di aprire nuovi sbocchi ai successivi afflussi. Al fine di allargare quindi la partecipazione delle diverse regioni al processo di industrializzazione, sembra che la politica delle << aree di sviluppo industriale», quale gli organi governativi appaiono determinati ad attivare, sia la più appropriata. La <<diffusione >>tra le diverse regioni, cioè, non sembra possa avviarsi altrimenti che attraverso una pluralizzazione delle zone di potenziale industrializzazione, intesa come industrializzazione di tipo relativamente << intensivo » nei rispetti delle rimanenti zone del Mezzogiorno che non potranno godere che di uno sviluppo industriale assai più modesto e rarefatto. Le possibilità diffusive vanno ricercate nella creazione di un limitato numero di « zone industriali>> regionali - come potrebbero dirsi in contrapposizione alle << zone industriali» comunali - capaci di contr.obilanciare le reciproche potenzialità agglomerative. Numero limitato, si è detto, perchè è difficile che, altrimenti, siano in grado di contrapporsi efficacemente alle forze agglomerative che, non bisogna dimenticare, continuano ad operare nelle regioni più industrializzate del Paese. · Queste « zone industriali regionali», prescelte in corrispondenza di territori relativamente ampi - tali cioè da comprendere una congrua quantità di centri urbani - e contraddistinti dalla densità e dal carattere urbano degli insediamenti, da una dotazione adeguata di capitali fissi [91] Bibliotecaginobianco
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