trapposto alla « società integrata». In sostanza, è la perdita dell'identità individuale; l'affievolirsi delle energie intellettuali e morali a vantaggio degli istinti e delle emozioni. La massa, infatti, è << eticamente e intellettualmente neutra; nè buona nè cattiva; è come le macchine, come i meccanismi che la divertono e la dominano». Si tratta di un modo di vedere largamente condiviso dagli intellettuali di quel Paese; nella pubblicistica e nella letteratura politica e sociologica americana si può trovare una miriade di simili definizioni. Ma in questo stesso ordine di idee si muove, sia pur con signifìcati\re differenze, anche una parte considerevole della cultura italiana. Ci è sembrata particolarmente indicativa, nella pubblicistica più recente, una discussione svoltasi. sulla rivista « Tempo presente >> ( 5 ) intorno alla questione della massa, con specifico riferimento ai -moderni mezzi di comunicazione. L'opinione di Elémire Zolla, brillante studioso dei fenomeni di massa, è che questa sia non già creata arbitrariamente dal ceto e dal censo dell' << eletto», o di chi tale si reputa, ma dalla qualità del sentire degli uomini, che, potendo, non scelgono di sollevarsi da una condizione passiva e ottusa. E, per quanto riguarda l'arte, fa l'esempio degli italiani, i quali, pur non mancando di erudizione musicale, scelgono deliberatamente la cattiva musica ii1vecedella musica dei padri, il melodramma ottocentesco, per nessun'altra ragione che un cedimento qualitativo. Nicola Chiaromonte, altro autorevole interlocutore, non si limita al giudizio morale, e fornisce una spiegazione più circostanziata. Per lui non si tratta, come per Zolla, di opporre l'eletto, depositario cosciente dei puri valori culturali, al profanum vulgus: « Tanto il fenomeno sociale di massa quanto la volontà di portare a fondo tali esperimenti (di manipolazione delle masse) hanno le loro scaturigini in una serie di eventi culturali, sociali ed economici che s'inizia col Rinascimento». Ma poi lo scrittore precisa: la massa è il prodotto necessario di un nuovo modo di funzionamento delle istituzioni - dallo Stato alla fabbrica, dall'esercito al partito - della società, sempre più costrittive e meccaniche. È, insomma, il prodotto della società trasformata dalla rivoluzione industriale, dal progresso smisurato ( 5 ) << Massa e valori di cultura », nei numeri di agosto, settembre-ottobre e no• vembre 1958. [10] Bibliotecaginobianco
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