Nord e Sud - anno VI - n. 53 - aprile 1959

mente da certi « marines » holliwoodiani o <lai ferrei stakanowisti di taluni registi sovietici, i personaggi che ci ha proposto la stagione migliore <lel nostro cinema hanno veramente una loro probabilità: nel bene e nel male si riconoscono e si giustificano nella vicenda di un'Italia quotidiana e dei suoi tanti e diversi protagonisti. Ci si potrebbe opporre che la polemica <lel Montanelli è diret~a, in particolare, contro quei film che, senza scadere al livello di una produzione deteriore, si muovono in una loro dichiarata mediocrità: opere di mestiere, prive di ambizioni, ma sempre improntate a una sia pur elementare critica di costume. Potremmo ricordarne molte, moltissime, ma ci basterà richiamare i tanti film di Alberto Sordi. Tutto un aspetto della nostra società, personaggi e atteggiamenti che - 1\rfontanelli deve convenirlo - sono di sempre, di oggi come di ieri, e che costituiscono le manifestazioni più appariscenti dell'eterno fascismo italiano. Qualunquismo, airivismo, scoperta superficialità, cinismo e vocazione trasformista, gallismo, improntitudine e ignoranza trovano la loro più piena espressione in questo attore abilissimo, nel suo personaggio sempre eguàle e sempre diverso. Quanti degli stessi migliori articoli di l\,fontanelli (quello sui « fig1i di mamma », per esempio) non ha1mo tratto, direttamente o indirettamente, addirittura ispirazione dai personaggi di Alberto Sordi? Paesaggio angusto, negato agli eroi, ai gesti nobili, alle imprese eccelse: d'accordo. Squallore, miseria, corruzione ed indifferenza: un costume degenerato; e su ciò non vi è dubbio, nessuno che lo neghi. Ma come dire che tutto questo è frutto del dopoguerra, degli anni che viviamo, e soltanto di questi? E anche qui i difficili anni del Brancati, i nostri difficili anni, i giorni vuoti di Gian Maria, i Vecchi con gli stivali, le massaie rurali, i dongiovan• ni, in Sicilia e altrove, gli « intrallazzi », le soperchierie e le tragiche mascherate, la retorica di sempre e il nuovo clamore imperiale, stanno a testimoniare di un tono, di un livello, di un costume che, allora, era impossibile, non dico denunciare, ma anche ammetterne la presenza e presentar,lo senza intenti polemici, come semplice occasione di umorismo. E tutto questo mentre i tanti personaggi benelliani, dannunziani, forzaniani entusiasticamente dai Freddi, dai Gallone, dal Blasetti stesso e dai tanti che si prestarono al gioco della pro• paganda, declamavano dagli schermi la bugia di un'Italia forte ed eroica, volitiva dura decisa e adamantina, prolifica, entusiasta, ottimistica. Vivessero pure i tanti untorelli, i tanti belami di una provincia che proprio nell'Urbe aveva la sua capitale morale e il suo centro naturale. Al di fuori della cartapesta di Gallone, degli exploits nazionalistici di Genina, altro non era ammesso che le commediole brillanti, ispirate al famigerato « triangolo ». . A giudicare dai nostri schermi sembrava che tutti i personaggi espressi dalla realtà italiana fossero sempre e soltanto « personaggi positivi», cristalf50] Bibliotecag inobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==