Nord e Sud - anno VI - n. 53 - aprile 1959

f9ndamentali. La prima: non è vero che tra il 1948 ed il 1958 la « sfida della fiducia» è stata raccolta « con notevole successo» dall'iniziativa privata italiana; ma è vero piuttosto - come ha scritto sull'Espresso del 15 marzo Eugenio Scalfari - che lo sviluppo economico dell'ultimo decennio « ha trovato il suo sostegno » nel fatto che « l'Italia agiata, l'Italia possidente, l'Italia ricca aveva nel 1948 fame di tutto», di case, abiti, automobili, elettrodomestici. Esisteva, cioè, « un'ampia riserva di bisogni insoddisfatti, accumulati negli anni della guerra e dell'immediato dopoguerra ». Ora però questa « riserva » si è esaurita; e se il mercato interno non si è nel frattempo adeguatamente allargato, Ja,colpa è anche dei « notabili dell'economia privata italiana», i quali non hanno colJaborato, e anzi per molti aspetti si sono opposti, all'attuazione di quella politica che fin dal 1948 auspicavano i Vanoni ed i La 1\.falfa. E qui si inserisce la seconda considerazione di cui l'on. Malagodi non tiene conto: la colpa dei « notabili della economia privata italiana » consiste principalmente nella accentuazione stupidamente oltranzista e massimalista che hanno voluto imporre al liberismo e nel non aver mai voluto riconoscere che, per dirla ancora con La Malfa, « al di là di un certo limite, i problemi dello squilibrio strutturale (come dispiace tale parolai) sono tali che l'iniziativa privata non li può affrontare: è a questo punto che la stessa iniziativa privata ha bisogno dello Stato ». Ed è perciò che ci si potrebbe domandare: se alla « sfida della fiducia » gli industriali italiani, come non hanno risposto nel passato prossimo e remoto, non dovessero rispondere neanche nel futuro prossimo, cosa farebbe allora l'on. Malagodi, quali conclusioni ne trarrebbe il Partito liberale? Si dice che l'obiettivo politico più immediato dell"on. Malagodi e del Partito liberale sia quelJo del ritorno al centrismo dei governi quadripartiti. Ma, fino a quando il Partito liberale guarda ai problemi italiani con le lenti deformanti di un liberismo oltranzista e massimalista (la cui causa esso non aveva abbracciato con tanto calore quando segretari del partito erano, non diciamo Brosio o Cattani, ma Cassandro o Villabruna), esisterà forse una qualche possibilità di ritorno trasformistico al quadripartito, ma non esiste certo alcuna possibilità di effettivo ritorno al centrismo. In questo senso non è· meno significativa e qualificante la questione degli jnvestimenti nel Sud delle aziende pubbliche, una questione sulla quale a suo tempo il Partito liberale e la Confindustria si sono divisi, perchè il primo si t: espresso attraverso l'emendamento Cortese all'art. 2 della legge di rilancio della Cassa per il Mezzogiorno (o almeno non potette sconfessare l'iniziativa del parlamentare napoletano) e la seconda ha preso posizione ripetute volte, ufficialmente e ufficiosamente, contro quell'emendamento, contro l'esigenza di un impegno delle aziende pubbliche nell'industrializzazione del Mezzogiorno. La Confindustria, cioè, e tutti i fautori di un liberismo oltranzista e massim:1- [37J Bibliotecaginobianco

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