Nord e Sud - anno VI - n. 53 - aprile 1959

senso che tale affermazione, come fatto teoretico, si contrappone alla volontà affermata, e quindi assume di fronte ad essa l'assolutezza logica della verità. - Per rispondere a ciò, tuttavia, non c'è bisogno di addentrarsi nelle complicate discussioni a cui dà luogo la classica distinzione dell'attività pratica dall'attività teoretica. Basta far notare che quanto qui è affermato come assoluto e inevitabile è solo il fatto che non si esce dall'egoismo se non mercè la volontà d'intendere, che non si ha moralità e civiltà senza dialogo. Ma che poi, volta per volta, si abbia la volontà d'intendere, non è affatto ~etto. Queste ultime parole vanno prese alla lettera: non è affatto detto~ cioè non è affatto compreso in quello che potrebbe dirsi il logo del dialogo. Se, quindi, con questo nome di « logo del dialogo» vogliamo designare - 1 tutto quanto abbiamo detto a proposito della volontà di dialogo come fondamento di ogni moralità, fermo resta che tutto quanto abbiamo detto non produce nulla se poi non •c'èquella volontà; e che quella volontà può ben esserci, come c'è stata mille volte al mondo, anche in assenza, poniamo, di un certo mio libro intitolato Logo e dialogo, e di qualcuno che l'abbia letto e di qualcuno che se ne ricordi. Questo significa che la verità dd « logo del dialogo» non è affatto una condizione necessaria per la sussistenza della volontà di dialogo; e che quindi neppure è sua condizione necessaria l'accettazione dogmatica di quella verità. · Ma questo conduce a rispondere anche all'altro e più importante aspetto dell'obiezione. Proprio per questa speciale fisionomia della situazione, tutto quel comples,so di osservazioni e di argomenti, che abbiamo convenuto di designare •co] termine di « logo del dialogo >> e che potrebbe essere empiriçamente esemplificato da quel mio libro, non può essere tale che la sua accettazione sia considerata come necessaria per l'attuazione della volontà di dialogo, e quindi non può dare origine a una intollerante pretesa di vederlo universalmente accettato. Anche se-lo si considera esso medesimo ' c:ome logo, .cioè come intervento in un dialogo, e quindi come parola che spera di essere ascoltata e di servire a qualche cosa, esso non esprime che il convincimento del valore fondamentale e della doverosità morale della tolleranza. E non si vede come un simile convincimento potrebbe comunque tradursi in un comportamento intollerante. O si ,pensa che l'autore del libro non si sentirebbe in -contraddizione con sè stesso (di quella contraddizione [28] Biblioteca Gino Bianco

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