comprensibilità dei suoi oggetti. Potremo poi dire, volendo, che comprendiamo soltanto il çomprensibile: ma, che cosa sia il comprensibile, lo s~ppiamo soltanto quando lo comprendiamo. Donde l'impossibilità di elaborare teorie e cataloghi preventivi del comprensibile e dell'incomprensibile, del razionale e dell'irrazionale. Ciò può spaventare chi ancora creda che la ragionevolezza della vita umana può sussistere soltanto quando sia previamente stabilito che cosao è razionale e che cosa non lo è; ma non spaventa certo chi ha seguìto lo sviluppo dei problemi logici, dai Greci ad oggi, e sa bene che i logici contemporanei non possono oramai più elaborare (in quanto tali) altro che delle specie di vocabolad semplificati di linguaggi storici sussistenti, spesso assai poco utili come strumenti per chi voglia compprtarsi ragionevolmente nelle sue riflessioni e nelle sue azioni, anche se talora interessanti per altri motivi. Chi si è reso conto che essere ragionevole è qualcosa di ben più complesso e importante che essere razionale non ha più paura se sente dire che non possiede strumenti per stabilire fin da principio se ciò che egli deve comprendere sia una «ragione» o uno «spirito» o un'<<anima » o una ·•persona~, oppure non lo sia. Da principio, a rigore, egli non sa neppure se sia d_avvero« un altro», o se sia soltanto un automa. Che sia realmente un altro, e come ragioni, e che spirito e che anima e che personalità possieda, son tutte cose che egli man mano accerta quanto piò lo viene comprendendo, cioè quanto più ricostruisce in sè quell'esperienza altrui, senza dubbio constatando in essa tante affinità rispetto alla propria, 1 ma altresì · rilevando, e soprattutto ammettendo sempre come possib_ili,sue diversità e peculiarità essenziali. E proprio in questa continua ed aperta volontà di comprensione cortsiste, del resto; la sua stessa ragionevolezza. Che set, ìnvece, egli possedessegià in sè il criterio della razionalità e della spiritualità, e alla stregua di esso giudicasse tutti gli altri, ecco che precipiterebbe proprio dalla ragionevolezza nel fanatismo, il quale ha la sua radice precisamente nella pretesa che tutti gli altri siano fatti, e debbano essere fatti, a propria immagine e somiglianza (o, peggio ancora, a somiglianza dell'immagine della razionalità raffigurata nella propria logica o filosofia o teologia, la quale, pure, può bene essere diversa dalla logica o dalla filosofia o dalla teologia altrui). In questo senso si può dire, volendo, che il fanatico seguace della razionalità, nella sua antitesi risp€tto al tollerante seguace [25] Bibliotecaginobianco
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