Laicismo e tolleranza di Guido Calogero In che misura lo spirito di tolleranza è connesso con quanto sogliamo chiamare lo spirito del laicismo? Il tollerante, non è perciò anche indifferente? E quindi come potrà prendere sul serio il suo stesso laicismo? In che modo potrà sentirlo come una fede a cui tener fermo, qualunque cosa accada? Se, d'altronde, considererà il proprio laicismo come la sua stessa religione, in che modo potrà evitare di essere intollerante rispetto a ·chiunque osi metterla in dubbio e in pericolo? E anche ammesso, poi, che riesca a « tollerare » i dissenzienti dal suo laicismo, non assume, per ciò, quel medesimo atteggiamento di altezzosa sopportazione dell'altrui verità, che suol rimproverare ai dogmatici, anche quando non arrivino all'estremo del fanatismo? Egli stesso, di fatto, viene a considerare la propria verità come la Verità, e le altrui verità come l'Errore. Ciò posto, come può realmente mettere in atto quello spirito di comprensione dei punti di vista altrui, quella « volontà di dialogo», che presuppone, per essere autentica, un effettivo interessamento a quanto pensano gli altri, una curiosità sincera per il diverso modo in cui forse vedono le cose, e quindi il connesso e costante dubbio che, una volta compreso, esso possa altresì essere più o meno condiviso? Rispondere a questi interrogativi significa indagare i fondamenti di tutto quanto può chiamarsi filosofia del laicismo, o della tolleranza, o della libertà di coscienza, o dello spirito critico e antidogmatico, o comunque si preferisca dire. E a questo proposito io ho ormai più volte procurato di mettere in luce come la « volontà di dialogo», m cu1 s1 concreta quello [19] Bibliotecaginobianco
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