Nord e Sud - anno V - n. 38 - gennaio 1958

CoRRADOALVARO: Belmoro, Bompiani, Milano, 1957. In una intervista radiofonica concessa nel marzo 1954, così Corrado Alvaro de- .finiva Belmoro: « Sarebbe un libro utopistico, e nello stesso tempo reale, ·una spe- ' cie di fantasia sugli anni del dopoguerra con le· sue speranze e le sue paure, con una sguardo spinto nell'avvenire. Noi abbiamo veduto il mondo mutare da dieci anni a questa parte: il principio del nuovo secolo. Di questi mutamenti, Belmoro dovrebbe· essere una visione ». Nella stessa intervista altresì annunciava, per l'autunno di quell'anno, l'uscita del nuovo rom~nzo. Ma, non contento dei risultati raggiunti, ne differì più volte la pubblicazione, finchè la morte lo sorprese che ancora attendeva alla stesura definitiva. Ora, a cura di Arnaldo Frateili, finalmente il libr9 vede la luce, ma con solo << la prima parte, neppure intera » rivista dall'autore. E' più che naturale, stando così le cose, la perplessità che si prova nel profferire un giudizio, la << particolare cautela » che è stata raccomandata nel leggere << questa opera postuma, o questa sua traccia ». Ma, d'altra parte, non è dato giudicarla che così come la possediamo. Belmoro è la storia di un ragazzo « caduto da un astro » sul nostro pianeta, fra molti anni, dopo la fine della terza guerra mondiale. E' sorto un unico stato sotto la direzione dell'Opera mundi, e tutta la vita vi è organizzata con razionale e scientifico rigore. Solo una contrada è ai margini di questa perfetta organizzazione, Lipona; e in special modo nella sua capitale, Magnitudo, vi è come una archeologica sopravvivenza delle antiche forme di vita, e soprattutto dell'antica povertà, d~gli antichi vizi degli uomini. Nei pressi di Magnitudo è caduto Belmoro. Lo seguiremo, a mano a mano, nelle sue avventure,. nelle sue trasformazioni ad opera di prodigiosi ritrovati scientifici, nei suoi viagg1 in città modernissime, ma principalmente nella sua progressiva umanizzazione, ad onta di tutto ciò che lo circonda. In un appunto lasciatoci, Alvaro progettava per il protagonista una finale << fuga verso la felicità e la solitudine », con l'ultima delle donne incontrate, il prodotto più perfetto dei laboratori bioiogici, che avrebbe scoperto anch'essa la dignità dei sentimenti umam. Molto agevole è il r.ichiamo, fino dai pochi cenni fatti, a quel genere letterario del « futuro prevedibile », che particolarmente nei paesi auglosassoni vanta delle opere ad alto livello. E se,nza ricorrere ai classici della letteratura utopistica, due nomi, fra i cultori anglosassoni Giel suddetto genere letterario, vien fatto di asso- · ciare a quest'ultimo Alvaro, l'Huxley del Mondo Nuovo, l'Orwell del 1984. È peròun richiamo suggerito dai fatti narrati, non certo dal tono, cioè dalla peculiare individualità, dell'arte di Alvaro. Quasi tutte le invenzioni di Orwell e di Huxley è agevole qui ritrovare: dalla neolingua al nuovo ordine mondiale, alla scientifizzazione dei rapporti fra i sessi; dal negogio ài antiquario - angolo in cui si può essere ancora uomini nonostante la civiltà - ·alla regione, alla contrada rimasta stranamente immune dalla sistemazione scientifica degli uomini e delle cose attuata in tutto il mondo, e quindi popolata da poveri, da deformi, da perseguitati, da prostitute, ultimi testimoni della età nostra. Ma il tono, si diceva, è asso- [126] BibliotecaGino Bianco

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