Nord e Sud - anno V - n. 38 - gennaio 1958

<le La Loi è proprio quest'ultimo atteggiamento ad impressionare il lettore, esso si dimostra del tutto 1narginale; e, infatti, si esaurisce in un tratto della con1plessa fisionomia di Don Cesare, un personaggio che costituisce la cifra più valida a penetrare un mondo di contraddizioni e di anacro- . . n1sm1. Roger Vailland non è del tutto nuovo .ad una vocazione letteraria impegnata nella difesa dei valori civili: Drole de Jeu resta uno dei più intensi contributi alla epopea della Resistenza; altre sue opere - anche se in parte inficiate da un indiscriminato frontismo politico - non nascondono una sensibile e prof onda coscienza sociale. Scrittore di tratto sicuro, egli trae da una molteplice esperienza culturale i motivi della sua tematica: dal• l'originaria adesione ai manifesti surrealisti, dal sodalizio con Bréton, sino al saggio sul Cardinale de Bernis; dalla milizia nel P.C.F. alle indagini sui libertini, sino alla breve monografia su Choderlos de Laclos, la sua opera offre un notevole esempio di quella letteratura « engagée » che, da Camus a Malraux, testimonia di un impegno continuo, di una problematica sempre aperta ed attenta agli aspetti più significativi del tempo presente. Questa particolare formazione dell' Autore, una sua, clairté, retaggio di lunga tradizione nazionale, la capacità di conoscere a fondo i termini di una questione - quella meridionale - che ormai non è più limitata al nostro Paese {e quindi, se pure lentamente, va inserendosi nella tematica della narrativa e della saggistica europea), hanno permesso al Vailland di scrivere un libro che - senza esitazioni - può allinearsi accanto alle opere più indicative sul Mezzogiorno italiano. Noi non sappiamo quali siano state le occasioni, i pretesti che hanno deciso questo scrittore ~osì intellettuale e << cittadino » a fermarsi sulle rive adriatiche, dove il massiccio carsico del Gargano si rompe nelle prime colline che preludono agli arenili, alle paludi, ai canneti della desolata rivi era tra il Fortore e la foce del Varano: forse il desiderio di rifare le strade già percorse dal Generale Laclos, di guarnigione nelle Puglie; forse la ricerca dei superstiti miti ellenistici; forse - ma meno probabile - l'esigenza di una più immediata documentazione sui termini del problema meridionale. Comunque sia, e quali che siano i moventi di questa scelta, le pagine de La Loi sono improntate ad un felice realismo, che non è mai fredda cronaca, bensì vigorosa ed originale rielaborazione lirica di temi che, troppo spesso, vediamo sfruttare con petulante ed infantile monotonia. La vicenda, che come pretesto narrativo è tutta imperniata sul furto perpetrato ai danni di una matura coppia di turisti, si svolge e si conclude in meno di tre giorni. Sulla scena della piccola città costiera passano e ripassano i diversi personaggi, con la loro noia, il loro furore, le misere speranze, i poveri progetti di evasione. Aggrappati alle grate della prigione, i carcerati modulano sino all' es~sperazione i canti delle città lontane; sotto le mura del carcere, i disoccupati che, << depuis le te1nps qu'ils sont debout contre les murs de la Grande Piace, ont désappris de bouger la tete. Leur prunelle se meut lentement dans l' orbite de l' oeil, à la manière des méduses qui paraissent imniobiles en- [119] Bibloteca Gino Bianco

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