* * * Il dramma dell'impresa media o piccola è, in campo giornalistico, il più insanabile (7 ), e diventa tanto più evidente quanto più si scende dal Nord al Sud, quando cioè si va verso le zone percentualmente più povere di lettori. I pochi giornali in attivo o in pareggio sono qu,asi tutti al Nord e al Centro; le <<catene>>accentrano attorno alle grosse industrie settentrionali tutti i quotidiani suscettibili di trovare - per ragioni di autorevolezza tradizionale o di monopolio locale - un loro mercato, ed ;issorbono la maggiore e miglior parte della pubblicità. L'apporto pubblicitario - che è quello che rende tali i 4/5 dei quotidiani attivi che esistono in Italia - è un cespite d'entrata che tende a migliorare le sorti dei giornali che hanno già in partenza una buona o discreta diffusiòne, se non un <<raggio naziozionale >>,mentre diserta le testate povere di lettori. Alcune cifre ci sembrano indicative al proposito (sebbene non si possa giur~re sulla loro esattezza): dei 60 miliardi che vengono annualmente spesi in pubblicità, circa 25 andrebbero alla stampa nel suo complesso. Il solo Corriere della Sera ne assorbirebbe 2, uno ne toccherebbe al Messaggero; 800 milioni alla Stampa, 550 al Tempo, 500 al Gazzettino di Venezia, 400 al Resto del ( 7 ) Le provvidenze statali a favore della stampa appaiono, per la verità, orientate sul criterio di assicurare le maggiori facilitazioni ai quotidiani di più modesta tiratura. Lo Stato corrisponde ai giornali una << integrazione » sul prezzo della carta. L'entità di tale integrazione - gestita dall'Ente Nazionale per la Cellulosa e la Carta - è in genere molto più rilevante per i quotidiani che per i periodici; e, nel campo dei quotidiani, è proporzionalmente più forte per quelli il cui fabbisogno di carta è minore. Nel 1955, quando il prezzo di mercato della carta per quotidiani andava - a seconda dei tipi - da 109 a 114 lire al kg., il contributo statale era di 30 lire per kg. per le assegnazioni fino a 220 quintali; per i contingenti di carta al di là di tale limite l'entità del contributo diminuiva man mano, fino ad un minimo di 3 lire per kg. (cfr. ·la << Relazione dell'E.N.C.C. per il 1955 », cit.). Con varie modifiche ed aggiustamenti, questo criterio è tuttora in vigore; anche se esso appare, in molti casi, insuffitiente, di per sè solo, ad assicurare una dignitosa sopravvivenza ai quotidiani più poveri di tiratura. Altre facilitazioni statali vengono elargite ai giornali sotto forma di forti ridu~ zioni delle tariffe postali, telefoniche, ecc. Una attenta riconsiderazione, da parte del Governo, di tutta la materia, è, comunque, sommamente auspicabile, specie in un settore, come quello in parola, in cui non sono in gioco valori esclusivamente mercantili, ma interessi che toccano da vicino la vita civile del Paese nel suo senso più lato. [16] Bibloteca Gino Bianco
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